Africa
Mozambico, gli adolescenti imparano a chiamare per nome i loro traumi
Gli educatori dell'organizzazione Sos Villaggi dei Bambini stanno costruendo un progetto in Mozambico per affrontare i problemi legati alla salute mentale negli adolescenti, dovuti ai conflitti e ai disastri naturali. «Questa iniziativa», dice Teresa Ngigi, formatrice dell'organizzazione, «aiuterà i ragazzi del Paese e speriamo diventi scalabile e replicabile in altre zone del continente»
«Siamo davvero orgogliosi di essere i primi a sperimentare il progetto Early Adolescent Skills for Emotionals – Ease in Mozambico e a fare il rollout che permetterà di implementare questo programma di mental healt». A parlare è Teresa Ngigi, formatrice internazionale di origine keniana che lavora per Sos Children’s Villages, l’organizzazione internazionale che opera in oltre 130 nazioni, presente in Italia da oltre 60 anni come Sos Villaggi dei Bambini.
Oltre il training for trainers
Ngigi si trova in Guinea dove sta tenendo dei corsi di formazione e aggiornamento e sottolinea l’importanza di lavorare con i più giovani, «quello che noi facciamo non è solo training for trainers (ovvere formazione per i formatori), ma vogliamo lavorare direttamente con i minori, così da formare youth leader nelle scuole, ragazzi tra i 10 e i 15 anni».
Il progetto Ease ha preso il via a marzo per iniziativa di Oms e Unicef e ha visto in un primo momento la formazione degli esperti di dodici organizzazioni internazionali – tra cui Sos Children’s Villages – a Istanbul, Teresa Ngigi è una delle persone che ha seguito questo primo step e si appresta ora a mettere a disposizione dei minori mozambicani questo intervento che si basa su aspetti adattati della terapia cognitivo comportamentale.
Affrontare i traumi
«Questo progetto», spiega, «che in particolare è finanziato da Sos Sweden, ci permetterà di lavorare direttamente con i minori in Mozambico, dove insicurezza e violenze minano la crescita dei bambini. E poi, in modo particolare, nel nord del Paese, nella zona di Pemba, non sono ancora alle spalle le conseguenze dell’uragano di cinque anni fa. Il nostro obiettivo è quello di affrontare i problemi di salute mentale come ansia, depressione e i disturbi da stress post-traumatico».
Il Mozambico è il Paese pilota di questo progetto e, continua Ngigi «ci sono ampie possibilità che possa essere implementato grazie agli interventi che potranno mettere in campo gli assistenti sociali, gli stessi coordinatori dei Villaggi e gli insegnanti dei bambini. Ci sono tanti minori che sono sopravvissuti alla violenza e che hanno bisogno di aiuto». In Mozambico l’organizzazione è presente con programmi e Villaggi Sos in sei centri: Pemba, Tete, Chimoio, Beura, Inhambane e Maputo.
Dare il nome alle emozioni
Il problema per molti ragazzi «è non saper dare un nome alle emozioni che provano. Il nostro obiettivo è aiutarli a non colpevolizzarsi ma a imparare a gestire sentimenti ed emozioni», spiega Ngigi.
L’intervento prevede incontri settimanali di 90 minuti a gruppi di 6, 8 minori, «daremo anche dei compiti da fare a casa» chiosa Ngigi, che aggiunge: «Realizzeremo inoltre tre sessioni con i caregiver e i genitori dei ragazzi». Lavorare in gruppo inoltre, «aiuta moltissimo soprattutto se è presente un facilitatore capace di creare un ambiente in cui condividere le emozioni, verbalizzarle e una volta che lo si è fatto si hanno maggiori capacità di gestione, si sviluppano risorse interiori e questo permette di migliorare le relazioni tra pari e con gli stessi caregiver». Entro la fine del 2024 il progetto Ease coinvolgerà un centinaio di minori. La durata prevista è di sei mesi.
Un progetto scalabile
Teresa Ngigi è un’esperta, lavora sul campo da anni «ma questa volta ho avuto davvero l’impressione che Ease sia un programma molto adatto ad affrontare la situazione» confida. «Lo ritengo scalabile e all’interno del mondo Sos abbiamo già avuto delle richieste da altri Paesi del continente. Prima però va verificato il pilot che si tiene in Mozambico poi occorrerà anche adattare il materiale che utilizzeremo come per esempio le immagini agli altri contesti. Affrontare i problemi della salute mentale di questa fascia di popolazione è indispensabile sia nell’East and South Africa, come nel West Central and North Africa» conclude pensando al futuro.
Nell’immagine in apertura la distruzione causata dal ciclone Kenneth nell’area di Pemba AP Photo/Tsvangirayi Mukwazhi
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