Non profit
Movimento Consumatori: giusta l’interrogazione su Adiconsum
L'intervista con il segretario generale, Alessandro Mostaccio, che ha commentato la scelta del M5S di firmare un'interrogazione che valuti l’ipotesi di escludere l’associazione dall’elenco delle realtà accreditate. «Non possono esserci conflitti d’interesse».
Dopo che Vita ha sollevato il caso dell'accordo tra Adiconsum e Unibet è arrivata anche una interrogazione al Ministro dello Sviluppo Economico, a prima firma Giovanni Endrizzi, senatore del Movimento 5 Stelle, per valutare l'ipotesi della cancellazione di Adiconsum dall'elenco delle associazioni in difesa dei consumatori. Ne abbiamo aprlato con Alessandro Mostaccio, segretario generale del Movimento Consumatori.
Il M5S ha presentato una interrogazione al Ministro dello Sviluppo Economico per valutare se sussista l’ipotesi di cancellare Adiconsum dall'elenco delle associazioni in difesa dei consumatori. È una scelta sensata?
Prima vorrei fare alcune precisazioni
Prego…
Annualmente le associazioni dei consumatori devono presentare una richiesta al MISE per rimanere all’interno dell’elenco. L’elenco è disciplinato dal codice del consumo ed elenca i requisiti che le associazioni devono avere.
Ma perché le associazioni vogliono stare dentro questo elenco?
Perché ti attribuisce un ruolo, un riconoscimento politico. E poi una capacità giuridica. Certe azioni legali possono essere intraprese solo da quelle realtà che sono in elenco. Le citazioni di aziende per il mancato adempimento di una legge ad esempio fa parte di questo tipo di possibilità. Infine l’elenco da diritto di accedere a bandi del Ministero.
Quindi la mancanza di requisiti significa la esclusione dall’elenco?
Si certo. Anche se fino ad oggi il Ministero ha tenuto in grande considerazione per lo più le caratteristiche numeriche di queste realtà. Come il numero di soci. È il caso che si cominci a parlare anche di requisiti diversi, come la mancanza di conflitti di interessi.
Non esistono regole che si riferiscono a questi aspetti?
Certo, secondo il D.M. 21 dicembre 2012 che disciplina appunto i requisiti per essere iscritti (n. 260 art.3, comma 2, lett. g), il legale rappresentante di un'associazione di consumatori deve attestare che l’associazione non svolge attività di promozione o pubblicità commerciale avente per oggetto beni o servizi prodotti da terzi e non ha connessione di interessi con imprese di produzione o di distribuzione e si impegna a mantenere tali preclusioni; se l’associazione ha ricevuto nell’ultimo triennio eventuali contributi da imprese o associazioni di imprese o ha stipulato accordi o convenzioni con le stesse, nella dichiarazione tali contributi, accordi e convenzioni devono essere espressamente e dettagliatamente indicati, evidenziando per i contributi anche le relative informazioni contenute nei bilanci e rendiconti e fornendo, ai fini delle valutazioni dell’amministrazione, ogni elemento utile a dimostrare che tali contributi, accordi e convenzioni non determinano connessioni di interessi incompatibili e sono finalizzati esclusivamente a esigenze di tutela dei consumatori e a favore degli iscritti, ivi compresi gli elementi circa la trasparenza e completezza dell’informazione in merito fornita agli associati ed alla generalità dei consumatori.
Quindi le regole che ci sono già bastano?
Si, anche se le associazioni dovrebbero avere un codice etico pubblico che ne regoli e indirizzi le attività
Tornando quindi al caso di Adiconsum la scelta di presentare una interrogazione non è così peregrina…
È ovvio che Adiconsum ha la libertà di mettere in piedi campagne informative a scopo preventivo e di educazione al consumo. In questo caso di prevenzione alla ludopatia. La domanda però è se si tratti di una partita a zero euro. Nel qual caso non avrebbe un gran senso come accordo. In caso contrario invece non si capisce perché farsi finanziare da un colosso delle scommesse per fare un lavoro che dovrebbe allontanare le persone dal gioco online. Se così fosse ci sarebbero delle verifiche da fare. Quindi l’interrogazione è giusta.
E non si sta parlando di un prodotto come gli altri…
Esatto. È un tema delicato. Perché non fare un accordo con un soggetto più istituzionale? Bastava un’associazione di categoria o l’Istituto Superiore di Sanità. Quando si parla di consumi a libero arbitrio, come il tabacco, bisogna stare molto attenti.
Per altro i termini di questo accordo non sono pubblici. Non si sa cosa contenga il protocollo…
Questo è un aspetto che aggrava molto tutta la questione. Perché rende tutto molto opaco. Senza contare che si manda al consumatore un messaggio molto contraddittorio.
Perché?
Perché esiste un limite. Un conto è pubblicizzare un genere di prodotti come postivi. Pensiamo alle campagne in favore dei farmaci generici. Tutt’altra cosa è pubblicizzare un prodotto particolare. Qui siamo anche oltre. Si apparenta il logo di un associazione di consumatori ad una società che produce un bene considerato negativo. E lo si fa per combatterlo. Più confusione di questa.
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