Famiglia

Mosca in allarme per rivolta banlieu Parigi

In Russia ci sono 10-15 milioni di immigrati e si temono disordini con effetti ancora più gravi di quelli accaduti in Francia.

di Chiara Brusini

‘Chiudiamo le frontiere!”; ”Mettiamoci a fare piu’ figli!”; ”Evitiamo a tutti i costi la formazione dei ghetti!”. A Mosca le immagini delle banlieues di Parigi in fiamme hanno riportato in primo piano l’irrisolto, esplosivo problema dell’integrazione delle minoranze etniche nella Russia post-comunista dove ufficialmente vivono quattordici milioni di musulmani e gli immigrati sono da 10 a 15 milioni.

Sociologi e politologi avvertono: bisogna correre rapidamente ai ripari se si vuole evitare che la rivolta nelle periferie arabizzate della Ville Lumiere si riproduca a Mosca tra qualche anno, con effetti ancora piu’ devastanti. La capitale russa sembra in effetti potenzialmente a rischio perche’ non e’ piu’ l’uniforme citta’ che era in epoca sovietica ma un informe calderone multi-etnico.

Si e’ ormai differenziata secondo vistose fratture di classe e di razza. Mentre i ”nuovi ricchi” vivono nel comfort di abitazioni ”euro-ristrutturate” al centro della metropoli o nell’esclusivo verde residenziale della Rubliovka (una zona ad ovest dove Vladimir Putin ha la sua dacia da presidente) si stanno formando derelitte enclave etniche nelle periferie a est e a sud-ovest, quelle dove imperversa il desolante prefabbricato d’epoca brezneviana.

Sempre piu’ ricca grazie ai prezzi stellari del petrolio estratto in Siberia, Mosca fa da calamita ad una valanga incontenibile di gente in arrivo dalle repubbliche ex-sovietiche dell’Asia Centrale (Tagikistan e Uzbekistan soprattutto) e dal Caucaso (azeri e georgiani in testa). E poi ci sono decine di migliaia di cinesi e vietnamiti, piu’ allineati e coperti ma pur sempre presenti in modo massiccio.

”In tutto gli immigrati clandestini a Mosca sono un milione e mezzo”, stima il procuratore della citta’ Ivan Sidoriuk e va detto che i russi vivono malissimo questo trend e reagiscono spesso con allarme sconfinando nel razzismo. Ma come evitare a Mosca un ”pericolo banlieue”? Da giorni ne discutono con calore i talk-show, soprattutto alla radio, e gli ascoltatori telefonano in genere per esprimere la loro netta avversione nei confronti dei cosidetti ”gastarbeiter” che fanno i lavori piu’ umili e peggio pagati.

”Bisogna fare tutto il possibile per evitare la formazione dei ghetti”, sottolinea dal canto suo Konstantin Zatulin, deputato di ”Russia Unita” (il partito filo-putiniano di maggioranza) e politologo di spicco. A suo giudizio andrebbe sostenuta con adeguati aiuti finanziaria l’immigrazione all’interno della sterminata Russia, limitando cosi’ di fatto quella dagli altri Paesi ex-Urss. Dmitri Rogozin, leader del partito nazionalista Rodina, lamenta invece che la Russia mantenga tuttora frontiere eccessivamente aperte con Caucaso e Asia Centrale.

Le banlieues parigine in fiamme hanno confermato lo scrittore Valentin Rasputin nella convinzione che vanno imposti drastici limiti all’immigrazione perche’ una totale integrazione non e’ possibile. ”Alle genti del Caucaso e dell’Asia Centrale – argomenta il noto romanziere – sono estrani i nostri valori culturali. Vedono la Russia come un paese diverso da loro, non accettano i nostri costumi, si comportano in modo aggressivo e arrivano all’ostilita’ aperta”. In materia ha detto la sua anche la Chiesa ortodossa, che auspica il pugno di ferro nei confronti delle minoranze ribelli. ”Chi vuole risolvere i problemi attraverso lo spargimento di sangue – ha tuonato Sevolod Ciaplin, portavoce del Patriarcato ortidosso di Mosca – deve inevitabilmente finire in prigione e in caso di resistenza deve venire annientato”.

Non meno grintoso l’imprevedibile Vladimir Zhirinovski: lo xenofobo leader ultranazionalista ha segnalato al governo francese che e’ pronto ad inviare a Parigi robusti tifosi di calcio russi ed ex-soldati con anzianita’ di servizio in zone calde come l’Afghanistan e la Cecenia. ”Possiamo riportare l’ordine in Francia nel giro di 48 ore!”, assicura.

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