Mondo

Morelli, Unhcr: A Lesbos evitato il dramma, 20mila registrati in 36 ore

Nel fine settimana la situazione sull'isola era insostenibile per la lentezza delle procedure per trasferire sulla terraferma i migranti. Poi, dopo le pressioni al governo greco, la svolta: "abbiamo allestito un campo di transito in cui tutto ha funzionato a dovere, un mezzo miracolo", racconta la responsabile per l'emergenza in Grecia dell'Alto commissariato Onu. Ora le navi stanno trasportando le persone - soprattutto siriani - ad Atene, facendo pagare loro 60 euro a testa

di Daniele Biella

«Ho visto famiglie attendere il proprio turno in coda per 36 ore. Giornalisti navigati avere le lacrime agli occhi per la commozione. Funzionari istituzionali, volontari e operatori di ong uniti come non mai per portare a termine la missione. Che si presentava proibitiva». Tra le tante storie negative e i drammi che si consumano da anni nei mari e lungo le coste del Mediterraneo, ecco invece un’inedita vicenda di speranza ed efficienza. Compiutasi nelle ultime ore sull’isola di Lesbos, Grecia. Alessandra Morelli, 55 anni, non aveva mai visto una scena del genere, nonostante i suoi 23 anni di esperienza in prima linea in tutto il mondo nell’Unhcr, l’Alto commissariato Onu per i rifugiati, di cui ora è responsabile per la Grecia: almeno 20mila persone, “il 70 per cento siriani, il resto afghani, iracheni, pakistani, eritrei e somali”, sbarcate in pochi giorni sull’isola greca a pochi chilometri dalla costa turca, tutte desiderose di raggiungere la terraferma europea per chiedere asilo politico in un paese del Nord. Di quale missione stiamo parlando? “Registrare tutti e 20mila per permettere loro di andare via dall’isola, su cui erano sbarcati in fuga da guerre e persecuzioni ma da cui non sono riusciti a ripartire a causa della limitata capacità di registrazione delle autorità greche, a corto di personale e spazi”.

Non più di cinque giorni fa la situazione per le vie di Lesbos, che conta 70mila persone, di cui 40mila concentrate nella città principale e nei dintorni, è diventata incandescente: “i rifugiati dormivano nei parchi, per strada. L’intolleranza dei locali stava salendo, i servizi erano più che congestionati”, ricorda Morelli. Presente con il suo team sull’isola così come lungo tutto il Mediterraneo e i confini europei via terra da quando i numeri dei migranti sono aumentati a dismisura – l’Alto commissariato arriva in un Paese quando questo non è in grado di gestire da sé il flusso dei rifugiati – la responsabile dell’Unhcr ha denunciato subito la crisi umanitaria in atto, chiedendo nello scorso fine settimana uno sforzo aggiuntivo al governo greco e quindi all’Unione europea che si è tradotto nell’invio di più personale e tre navi da 2500 posti per il trasporto delle persone al porto del Pireo, Atene. Oltre alla presenza in loco dello stesso ministro dell’Immigrazione greco, messosi a completa disponibilità dell’agenzia umanitaria. Nello stesso tempo, spiega Morelli quando la raggiungiamo a fine giornata con tanta stanchezza addosso ma anche con sollievo, per quanto possibile, “abbiamo individuato uno spazio idoneo per mettere in atto una registrazione collettiva più veloce possibile, ed è qui che si è compiuto il miracolo: pensavamo di metterci 4-5 giorni, ma in 36 ore siamo riusciti a registrare tutti, grazie in primo luogo alla loro pazienza e alla determinazione di tutti gli attori coinvolti, tra cui le altre organizzazioni presenti, Medici senza frontiere, Save the children, Irc e Medecins du monde”.

A lei fa eco Gianluca Ogis, anch’egli italiano e uno dei referenti dell’Unhcr per le pratiche di registrazione: “siamo riusciti a sbloccare uno stallo che poteva portare a conseguenze ancora più dramatiche”, spiega, “è stata fondamentale la collaborazione attiva delle autorità, l’obiettivo è ora implementare nuovi siti anche nelle altre situazioni delicate, sulle isole e in ogni luogo di sovraffollamento”. La rapidità delle operazioni di riconoscimento è stata anche dovuta a un cambiamento di procedura “nella quale le impronte digitali sono state prese solo a chi non aveva con sé documenti, la netta minoranza dato che la gran parte dei siriani aveva con se il passaporto. A tutti è stato consegnato poi un foglio per transitare sul territorio greco, e con quelli possono salire man mano sulle navi che fanno la spola”. Tutto compiuto in emergenza e senza computer: “un’esperienza di vita e di speranza incredibile, per i rifugiato come per noi operatori”, sottolinea la responsabile Unchr per la Grecia. Nella mattina di oggi, giovedì 10 settembre, almeno 13mila persone avevano già lasciato l’isola, mentre gli arrivi dalla Turchia negli ultimi giorni si sono ridotti. Attenzione, però, il viaggio verso Atene non è gratis: “ogni persona deve pagarsi il passaggio in nave, perché i greci fanno pagare loro fino a 60 euro a testa”, specifica Morelli. E chi non li ha? “Aiutia l’Unhcr”.

Se a Lesbo sembra passato il momento peggiore, sulle altre isole il clima è ancora teso sotto tutti i punti di vista, tanto che a volte gli stessi rifugiati raccontano contundenti storie di respingimenti in mare da parte delle stesse autorità: “noi raccogliamo ogni testimonianza, ce ne facciamo carico e la sottoponiamo all’attenzione dei funzionari del ministero, chiedendo loro di verificare e agire nel rispetto dei diritti umani”, racconta Morelli. “Di certo, come in ogni luogo del momento, la differenza lo fanno le persone: trovi chi è disponibile e con cui puoi instaurare un ottimo rapporto come accade per noi qui a Lesbos con le autorità locali, ma altrove, come a Kos, la mediazione è più difficile e di conseguenza i racconti dei rifugiati parlano di situazioni oltremodo negative. Questo, ovviamente, non dovrebbe accadere”.

Foto: Eric Thayer/Getty Images

Cosa fa VITA?

Da 30 anni VITA è la testata di riferimento dell’innovazione sociale, dell’attivismo civico e del Terzo settore. Siamo un’impresa sociale senza scopo di lucro: raccontiamo storie, promuoviamo campagne, interpelliamo le imprese, la politica e le istituzioni per promuovere i valori dell’interesse generale e del bene comune. Se riusciamo a farlo è  grazie a chi decide di sostenerci.