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Monsignor Perego (Migrantes): il terremoto racconta un’Italia multietnica e solidale

Oltre l'emergenza e la retorica dell'odio si delinea il profilo di un'Italia spesso dimenticata dalle cronache: dalla comunità romena, che piange 10 morti in questa tragedia, ai cinesi di Prato che raccolgono cibo e beni di prima necessità per i terremotati, alle comunità islamiche che si sono mobilitate con ogni mezzo

di Marco Dotti

L'abbiamo vista in questi anni. C'è un'altra Italia che, forse, è altra solo perché non sempre la guardiamo con attenzione. Ma quando ce ne accorgiamo, ecco le sorprese. Belle sorprese.

Prendiamo il terremoto. Un'immane tragedia che, però, ha mostrato il volto di un’Italia diversa, molto diversa dalla vulgata che la vorrebbe gonfia di rancore e tronfia di esibizionismo. È un'Italia sempre più europea, pluriculturale e plurietnica, con la presenza di persone provenienti soprattutto dalla comunità europea, ma anche da altri paesi del mondo.

Anche il dramma del terremoto ce lo rivela. Tra i 292 morti, tra i numerosi feriti e i dispersi si contano anche almeno 16 morti tra i migranti (10 rumeni, 3 inglesi, 1 canadese, 1 spagnolo, 1 salvadoregno), 16 immigrati ancora dispersi e 5 migranti feriti in Ospedale.

Il peso più grande delle morti si conta nella comunità romena che, spiega Monsignor Gian Carlo Perego, direttore generale della Migrantes. Una delle comunità più grandi d'Italia, con oltre 1 milione di presenze, forti anche nei comuni di Amatrice (37,7%), di Accumuli (63,2%) e di Arquata del Tronto (51,6%), zone dell’epicentro del terremoto.

Qulla romena è una presenza, spiega ancora Monsignor Perego, «diffusa in tutto il territorio del sisma (con oltre 8.000 persone) e che ha portato a una grande attenzione dei mezzi di comunicazione della Romania – come ho potuto vedere direttamente, essendo in Romania in quei giorni – fin dalle prime ore del terremoto».

Accanto ai terremotati, come hanno dimostrato diverse testimonianze- sono corsi anche molti immigrati e anche richiedenti asilo e rifugiati , cristiani e islamici, che hanno dato il loro contributo al salvataggio delle persone, alla donazione del sangue per i feriti, all’ospitalità: un altro tassello del volontariato in un’Italia diversa

Monsignor Perego (Migrantes)

Tra i morti migranti ci sono spose, madri, le cosiddette badanti, lavoratrici e lavoratori impegnati come stagionali in agricoltura, nelle coltivazioni di fragole e lamponi. Ma anche dei ragazzi e gli studenti rappresentanti di uno spaccato del nostro Paese che vede ormai 400.000 famiglie miste, 2 milioni e trecentomila lavoratori, oltre 1 milione e duecentomila minori, 800.000 studenti stranieri nelle scuole, come ha ricordato il recente XXV Rapporto immigrazione di Caritas Italiana e Fondazione Migrantes.

«Accanto ai terremotati, come hanno dimostrato diverse testimonianze – conclude Monsignor Perego – sono corsi anche molti immigrati e anche richiedenti asilo e rifugiati , cristiani e islamici, che hanno dato il loro contributo al salvataggio delle persone, alla donazione del sangue per i feriti, all’ospitalità: un altro tassello del volontariato in un’Italia diversa». O, forse, semplicemente, di una bella Italia.

Vicini ai terremotati si sono dimostrate subito le comunità dei cinesi a Prato e in Italia, come anche le comunità di emigranti italiani in Svizzera, Germania e in Canada che hanno promosso una raccolta fondi a favore dei terremotati. Anche il terremoto mostra che «per le nostre città e paesi un cammino di integrazione che non può che ripartire da una condivisa cultura dell’incontro e del dono».

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