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Monito dei vescovi: «Non stravolgere la Costituzione»
Nel documento conclusivo delle Settimane sociali si chiede anche di salvaguardare la democrazia con poteri limitati e alternanza
di Redazione
La Cei ha presentato questa mattina nella sede della Radio Vaticana il documento conclusivo delle Settimane sociali alla presenza di monsignor Arrigo Miglio, vescovo di Ivrea e presidente del Comitato scientifico, Edoardo Patriarca, segretario dello stesso organismo, Franco Pasquali, membro del comitato scientifico e segretario generale della Coldiretti, monsignor Domenico Pompili, portavoce Cei e sottosegretario della Conferenza episcopale.
Nel documento si chiede di «salvaguardare la democrazia» e si individuano quattro punti principali: democrazia interna ai partiti, lotta alla criminalità organizzata, legge elettorale-forma di governo e federalismo. Senza dare alcuna valutazione nel merito della riforma costituzionale della giustizia annunciata dal governo, il documento riporta una considerazione generale sul fatto che «la Costituzione può ancora dare tanto al Paese e ciò non significa che sia intoccabile». La via che occorre percorrere secondo i vescovi «è quella di poteri che si controllano reciprocamente. Eventuali modifiche alla Costituzione non devono stravolgerne l’impianto fondante». Nell’ambito politico è necessario che i poteri siano «limitati, si controllino reciprocamente» e che «alla loro guida vi sia alternanza».
Il documento descrive “le forme sociali” come “plurali e non uniformi” quindi si spiega che l’ordine sociale deve essere «poliarchico, sino a consentirci di parlare anche di un bene comune fatto di più beni comuni, la cui cura non può mai essere affidata a un solo tipo di istituzioni, neppure politiche, né a pochi o ristretti gruppi di individui». «Semmai – prosegue il testo – come recentemente ricordato da Benedetto XVI, la via che occorre percorrere nelle ricerca degli assetti sociali in generale e anche all’interno di ciascun ambito particolare, a cominciare da quello politico, è quella di poteri limitati, che si controllano reciprocamente, alla cui guida ci sia alternanza, e sull’esercizio dei quali il giudizio è rimesso ai cittadini». «La libertà religiosa – si sottolinea – è il cardine di questa forma di governance, poliarchica e a molti livelli, e di quel consenso etico di fondo di cui ogni società necessita».
Nel documento si rileva poi che il Paese ha bisogno di una riforma elettorale che restituisca potere all’elettore e che affermi, fra l’altro, il criterio dell’ineleggibilità di chi ha pendenze con la giustizia. «In maniera convinta ci si è pronunciati – spiega il documento – per la revisione della legge elettorale a tutti i livelli e per tutte le istanze. Occorre dare all’elettore un reale potere di scelta e di controllo. Bisogna anche affrontare la questione del numero dei mandati e dell’ineleggibilità di quanti hanno pendenze con la giustizia».
Nel testo si legge anche che il nodo della forma di governo è stato affrontato in coerenza con la richiesta di restituire il potere di scelta ai cittadini-elettori. Non è sfuggito il rilievo costituzionale del tema: «La Costituzione italiana è frutto di un’esperienza esemplare di alto compromesso delle principali culture politiche del Paese. Eventuali modifiche non devono stravolgerne l’impianto fondante, definito anzitutto nella prima parte». Infine la richiesta che vi sia maggiore democrazia interna nei partiti politici e che vengano resi pubblici i loro bilanci: «Serve una decisa spinta verso una maggiore democrazia nei partiti».
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