Mondo
Mondonico: «Fino ad un certo punto pensavo che la felicità fosse un castello di sabbia»
A 71 anni, dopo una lunga battaglia contro un tumore si è spento l’allenatore Emiliano Mondonico. Oltre a guidare squadre di serie A il “Mondo” era anche legatissimo al CSI perché «mi sono accorto che alla sera, quando ti guardi allo specchio, se hai aiutato qualcuno ti senti bene». Abbiamo deciso di omaggiarlo ripubblicando un’intervista del 2014
Il calcio italiano piange la scomparsa di Emiliano Mondonico. Lo storico ex allenatore non è riuscito a sconfiggere un tumore che lo accompagnava da 7 lunghi anni. Una carriera prima come calciatore e poi come allenatore tra serie B e serie A. Ma soprattutto un grande impegno sociale al fianco del Centro Sportivo Italiano che lo aveva anche portato ad allenare la squadra della parrocchia di Sant’Alberto, Lodi. «Che problema c'è?», disse Mondonico a chi gli chiedeva incredulo perché abbandonare la Serie A, che lo vedeva in quel periodo seduto sulla panchina del Novara, per una squadra amatoriale: «Lascio Novara, la serie A e torno ad occupamri dei ragazzini che mi ha affidato don Giancarlo». Per omaggiarlo abbiamo deciso di riproporre una delle tante interviste che VITA gli ha fatto negli anni. Era il 2014 ed era appena morto Ciro Epsosito, il ragazzo napoletano coinvolto negli scontri tra ultras a Roma, in occasione della Coppa Italia. Come spesso accadeva con il Mondonico si partiva dal pallone e si finiva a parlare di educazione e vita.
Mister, ha sentito che il ragazzo napoletano…
Si, Ciro Esposito, ho saputo…
Cosa si può dire?
Di fronte a questi fatti è chiaro che i pensieri sono uguali per tutti. Non esiste che si possa morire per questioni che sono abbastanza assurde è incredibile. Ancora una volta c'è la necessità di riflettere tutti quanti su quello che è successo e che non deve più succedere perché è troppo. Troppo assurdo. Mi auguro che tutti si rifletta in maniera forte e ci si renda conto
È quello che ci troviamo a dire tutte le volte. Poi però non cambia nulla…
Perché non si è mai riflettuto veramente. E perché c'è chi non si rende conto di tutto questo. Non si tratta di una notizia, questa è una situazione di vita e di morte con la quale non si può non avere il giusto sguardo. Certamente di fronte alle notizie c'è chi ha un'opinione e chi ne ha un'altra. Ma questa non è una notizia, e non valgono le opinioni
In tv spesso si sente dire che queste cose non c'entrano col calcio. Lei è d'accordo?
Queste cose c'entrano con la vita. Fanno parte della vita. Anche il calcio fa parte della vita. Quello che bisogna fare è chiedersi perché queste cose succedono. Basta dare la colpa agli altri. Una volta al calcio un'altra volta a qualcosa d'altro. C'è bisogno da parte di tutti di una assunzione di responsabilità
Forse anche da parte di noi giornalisti. Come sul caso della frana nella favela in Brasile. Notizia che è stata data esclusivamente perché c'è il Mondiale e per i giornalisti il "dramma” era la possibilità del rinvio della partita della nazionale italiana…
Anche qui. Non si può pensare che grazie al calcio o perché il calcio si fermi, chi di dovere mostri interesse per queste situazioni. Questo dovrebbe far parte della logica di tutti i giorni. Che il proprio territorio sia sicuro e controllato dovrebbe essere normale. E che ci si renda conto che non è così esclusivamente perché c'è un evento particolare non è normale.
Insomma allora da cosa dobbiamo partire?
Bisogna intervenire perché le nuove generazioni non abbiamo più di queste idolatrie. Il discorso parte da lontano. Non si può pensare che la droga sia un dramma solo se tuo figlio ci casca. Ma deve essere un problema di tutti. Questo vale anche per la violenza. Basta con la responsabilità degli altri. Quello che mi fa specie è che ormai si da sempre la colpa a qualcun altro. Finché il problema non è mio non esiste. Come facciamo a pensare che il nostro futuro e le nuove generazioni possano crescere con questo egoismo imperante. Tutto è collegato. Il cambiamento deve nascere dall'inizio, in famiglia e a scuola. Dobbiamo ricostruire
Mi sono accorto che non bisogna andare lontano per aiutare gli altri, basta guardarsi intorno. Ma soprattutto mi sono accorto che alla sera, quando ti guardi allo specchio, se hai aiutato qualcuno ti senti bene
È per questo che lei si impegna con il Csi?
Fino ad un certo punto pensavo che la felicità fosse un castello di sabbia. Che aiutare gli altri fosse mettere in una busta 100 euro a Natale. Poi mi sono accorto che il tuo vicino di casa ha bisogno di una pacca sulla spalla. Mi sono accorto che non bisogna andare lontano per aiutare gli altri, basta guardarsi intorno. Ma soprattutto mi sono accorto che alla sera, quando ti guardi allo specchio, se hai aiutato qualcuno ti senti bene. Molto meglio di quando pensavi solo ai tuoi bisogni. Mi auguro che tutto torni più naturale, normale e logico.
Il Papa su questo ha detto di non avere paura di avere bisogni degli altri. Sia nel ricevere che nel dare aiuto…
Papa Francesco sta dicendo delle cose incredibili. Tremendamente vere. Vere nella loro semplicità. Quando dice che ci sono tre strade che devono fare da guida ai nostri ragazzi, cioè la scuola, lo sport e il lavoro, dice una cosa normale, naturale. Che però, chissà perché, nessuno tiene più in considerazione
Faticare è la cosa più bella della vita. Senza fatica nella vita non si va da nessuna parte. Quello che vuoi ottenere devi sudarlo
Forse perché ci vuole fatica?
Sì è così. Faticare è la cosa più bella della vita. Senza fatica nella vita non si va da nessuna parte. Quello che vuoi ottenere devi sudarlo. Invece oggi si comincia già coi bambini a concedere tutto, anche prima che arrivi una richiesta. E il bambino come cresce? Lo sa perché i genitori non sanno più dire di “no” ai figli?
No me lo dica lei…
Perché bisogna spiegare il perché. Se neghi a tuo figlio qualcosa ti chiederà conto e gli dovrai dare una spiegazione. Dovrai assumerti la responsabilità. Invece dire sì è molto più facile.
Siamo partiti dagli scontri tra ultras e siamo finiti a parlare di educazione dei figli…
Solo così possiamo sperare che non capitino più tragedia come quella. Se ognuno di noi si impegna, nella propria vita e nella propria quotidianità
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