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Aree interne

Moliterno Latronico, la biblioteca palestra di democrazia

Il Comune di Moliterno Latronico ha promosso un processo partecipativo, con al centro i libri e la cultura, per immaginare la rivitalizzazione dell'area interna in cui è inserito. Una buona pratica che si è classificata al primo posto del premio "Chi l'ha fatto?" promosso da Cittadinanzattiva

di Veronica Rossi

«Di solito si ha l’idea che la cultura, i libri e le biblioteche siano qualcosa di elitario, che possono permettersi solo gli studiosi e chi va a scuola. Attraverso progetti come il nostro, invece, capiamo che sono per tutti, anche per chi è in una fase delicata della sua esistenza, in cui anche le piccole esperienze possono migliorare la qualità della vita. E che possono essere uno strumento di partecipazione». A parlare è Antonio Rubino, sindaco di Moliterno Latronico, situato in un’area interna in provincia di Potenza. Il progetto “Ci sarà una volta”, finanziato dalla European cultural foundation e da Fondazione Cariplo e realizzato dal Comune, dal Patto locale per la lettura del Lagoneregrese da inMateria Aps, si concentra proprio sulle biblioteche come servizi essenziali per il benessere individuale e collettivo, soprattutto nelle aree interne, dove è necessario garantire e mantenere l’accesso all’istruzione e alla cultura. Un’iniziativa partecipativa, che ha visto coinvolti cittadini, amministratori, associazioni e alunni dell’area del Lagonegrese e di Moliterno e che, per la sua capacità di valorizzare l’area interna in cui si sviluppa, si è classificato primo al premio “Chi l’ha fatto”, realizzato da Cittadinanzattiva in collaborazione con Unicredit, che ha l’obiettivo di incentivare iniziative che, partendo dalle esigenze delle comunità locali delle aree interne, possano contribuire a contenere il fenomeno dello spopolamento, ripartendo dai giovani per «ricreare un senso di identità e di appartenenza».

«Il Comune di Moliterno è dotato di una biblioteca, che in un paese di 3.600 abitanti del Meridione rappresenta un’eccellenza e un’eccezione», racconta Rubino, «c’è una bibliotecaria professionista e oltre 30mila volumi. Si tratta di un servizio validissimo per gli studenti, gli studiosi, ma anche per tutti i giovani. È un vero e proprio luogo dove si sviluppano i diritti e il vivere democratico di una comunità, perché dà accesso alla conoscenza in maniera gratuita e libera a tutti i cittadini».

E questa biblioteca è stata per davvero una palestra di democrazia, perché ha ispirato un processo partecipativo, che parte da un assunto: non possono esistere biblioteche senza bibliotecari. Nel caso di Moliterno si tratta di Petronilla Lagrutta – per tutti “Nilla” – figura inserita nell’organigramma del Comune. Nell’area, però, è un’eccezione, perché in tutti i paesi vicini mancano i professionisti competenti; spesso ad aprire e chiudere le biblioteche sono dei volontari o degli impiegati comunali con altre mansioni. Se i luoghi della cultura non hanno personale non si può nemmeno dire che siano del tutto aperti, anche se non sono chiusi. Sono servizi “socchiusi”, da rivitalizzare. Ed è da questo ragionamento che è iniziato un percorso che ha coinvolto in una serie di appuntamenti di condivisione, di confronto e di riflessione le persone del territorio. In un primo momento cittadini e amministratori della stessa area, poi anche con altre esperienze italiane in aree simili. Questo ha consentito di immaginare insieme – coinvolgendo anche i più giovani, gli alunni delle scuole – il futuro delle biblioteche.

A conclusione del percorso, che ha raccolto sogni, ambizioni e desideri degli abitanti, è stato realizzato un gioco di carte ideato dallo scrittore Beniamino Sidoti, intitolato “Una biblioteca per il futuro”, che chiede ai partecipanti di immaginare di essere amministratori e di fare scelte che riguardano il paese e il benessere dei cittadini e che, in qualche modo, hanno a che fare con la biblioteca. «I primi a giocare sono stati gli alunni delle scuole, poi è stata coinvolta la comunità in generale, che ha partecipato a incontri, in cui sono stati realizzati anche brainstorming e mappe concettuali con le idee dei cittadini», spiega il primo cittadino. «Così si costruivano percorsi che davano risalto a un aspetto piuttosto che un altro. Le persone erano un po’ stupite del fatto che la cultura potesse incidere realmente in maniera positiva sulla vita di tutti i giorni».

E i miglioramenti sono stati subito visibili, già nella seconda fase del processo che ora si sta avviando. Partendo da un pensiero: nelle aree interne non c’è solo spopolamento, ma anche invecchiamento della popolazione. Se questo da una parte significa che le cure sono migliori e che quindi si vive più a lungo, dall’altra ci sono sempre più persone avanti con gli anni che si trovano in una condizione di solitudine. «Si è pensato di portare la lettura e i libri a una fascia della popolazione più anziana o più fragile, come chi è ospite delle case di riposo, chi vive solo, allettato o ha patologie come l’Alzheimer o la demenza senile», afferma il sindaco. «Una parte della biblioteca, quindi, si sposta abitualmente verso di loro. Questo rappresenta una nuova pratica di inclusione all’interno delle nostre comunità, ma non solo. È anche un momento di incontro tra generazioni: per svolgere questa attività abbiamo bisogno di giovani professionisti, che possano portare i libri a chi non riuscirebbe ad andare a prenderseli. C’è chi va a leggere, chi porta i volumi: è prevista una formazione specifica, che si basa sul fatto che la lettura può essere un ottimo aiuto per chi vive solo ma anche per chi è afflitto da alcuni tipi di malattie».


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