Cultura

Molise. La Chiesa locale: “Spegnete i riflettori sul dolore”

Il vescovo di Termoli e Larino Valentinetti il parroco di San Giuliano don Ulisse chiedono invece "di vigilare perché siano mantenenute le promesse sulla ricostruzione"

di Ettore Colombo

rischia di non riassorbirla. Si accendano, invece, i riflettori su aiuti, interventi per la ricostruzione, promesse fatte e da mantenere. A nove giorni dal sisma che ha colpito il Molise sventrando case e edifici pubblici e uccidendo 29 persone, la Chiesa fa sentire la sua voce chiedendo una cosa semplice, umana: si lascino stare bambini, anziani, famiglie senza casa imbacuccate nei giubbotti militari per combattere il freddo nelle tendopoli, si eviti di intervistarli, di inseguirli con telecamere, microfoni e taccuini in ogni loro movimento. Piuttosto, gli stessi strumenti che hanno portato quella stessa tragedia di San Giuliano e del Molise in tutto il mondo, vengano utilizzati per mantenere alta l’attenzione, vigilare, fare in modo che un’ intera comunita’ non finisca nel dimenticatoio perdendo non solo le case e gli affetti, ma anche le radici. Fare in modo che le promesse fatte dal Governo, dall’ opposizione, dalle amministrazioni locali vengano mantenute e non siano state soltanto belle parole per i servizi dei telegiornali. A farsi carico di un sentimento diffuso in questa gente orgogliosa e attaccata alla sua terra, sono due figure-simbolo: il vescovo di Termoli-Larino, Tommaso Valentinetti, e don Ulisse, il giovane parroco di San Giuliano, paese che in questo terremoto ha pagato il prezzo piu’ alto lasciando sotto le macerie 26 bambini e 3 donne. ”Si smetta di intervistare la gente – chiede il vescovo – queste persone hanno bisogno non di dimenticare, perche’ non e’ possibile, ma di entrare in una dimensione del dolore a fari spenti”. A chi ha vissuto la tragedia, aggiunge Valentinetti, serve ”tempo e silenzio, tanto silenzio” per smaltire qualcosa di enorme e ricominciare. L’attenzione dei media deve quindi concentrarsi non sulle persone ma sulle istituzioni. ”Ognuna di queste persone si porta appresso una storia tragica che e’ e deve essere soltanto sua – spiega ancora il vescovo della diocesi piu’ colpita dal sisma -. Piuttosto giornali e televisioni devono concentrarsi sugli aiuti, sugli interventi dello Stato per la ricostruzione”. Parole condivise in pieno da don Ulisse, che ha stabilito la sua parrocchia in una tenda al campo sportivo assieme a quelle del Comune, della scuola, dell’ufficio postale. ”Ben venga il silenzio – dice – lasciamo che il dolore si privatizzi perche’ senno’ questa gente rischia di non assorbirlo. La stampa si occupi invece del resto, con la stessa attenzione avuta finora, e stia dietro ai tanti che hanno fatto promesse”. Alle anime, dunque, ci penseranno loro, assieme ai cittadini ognuno con i suoi modi e i suoi tempi. Per farlo si stanno gia’ organizzando: don Ulisse, ad esempio, sta pensando di trasformare un camper che qualcuno vuole donare, in ‘parrocchia mobile’ che fara’ la spola tra San Giuliano e Campomarino, dove si sono trasferiti in molti. ”Spostarsi ora che fa freddo – dice il vescovo, affrontando anche il problema della ricostruzione – e’ meglio che affrontare un lungo periodo nei container, ma ci aspettiamo al piu’ presto i prefabbricati, perche’ la vita di queste popolazioni deve essere dove e’ sempre stata”. E il vescovo ha gia’ avviato una serie di incontri con i colleghi umbri che hanno vissuto l’esperienza del terremoto: ”Dal confronto – spiega – nasce la possibilita’ di far tesoro di un cammino di fede gia’ fatto”. Un percorso che, secondo don Ulisse, non richiede particolari interventi. ”La maggior parte delle parole sono inutili – dice -. La cosa piu’ bella e’ far memoria del Vangelo, far parlare la parola della Resurrezione”.

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