Politica

Molinari: “Un deserto di macerie”

Il corrispondente de La Stampa è il primo giornalista italiano ad aver raggiunto Haiti

di Redazione

Haiti oggi e’ un paese senza piu’ autorita’, dove manca tutto, cibo, acqua e medicinali e nel quale lo Stato, come istituzioni e simboli, si e’ dissolto con il terremoto”. Cosi’ Maurizio Molinari, inviato de ‘La Stampa’ ad Haiti, unico giornalista italiano a raggiungere Port-au-prince racconta all’Andkronos la situazione del paese scovolto dal sisma di due giorni fa.

Quello che Molinari – giunto ad Haiti assieme ad alcuni colleghi su un piccolo charter noleggiato a Santo Domingo – descrive e’ uno scenario apocalittico: “Ci sono voci di saccheggi nelle zone piu’ periferiche, ma finora nessuno e’ andato a controllare”. Nel caos che regna in citta’ i rischi per l’incolumita’ personale sono grandi e non solo per gli stranieri: “Un sintomo e’ il comportamento della popolazione, che da ieri sera si sta assiepando nelle grandi piazze del centro, come in cerca di sicurezza”. E i sopravvissuti si aggrappano alla fede: “Durante la notte – racconta Molinari – hanno pregato in coro, lodando dio per essersi salvati”.

“L’unico paragone possibile che posso fare come cronista – spiega – e’ con New Orleans dopo l’uragano Katrina. Al posto dell’inondazione qui a circondarci e’ un deserto di macerie. Il centro della capitale e’ l’area piu’ colpita dal sisma, Gli alberghi della zona di Petionville hanno subi’to gravi danni e sono pericolanti. Assieme agli altri giornalisti europei e americani mi trovo nel compound delle Nazioni Unite dove risiede la maggior parte dei caschi blu presenti in citta’”.

Ma per Haiti, sottolinea Molinari, “e’ un brutto colpo, perche’ il paese stava preparando le elezioni di febbraio che ora saranno rinviate”. “A complicare la situazione e’ il disastro che ha colpito l’Onu: sotto le macerie del quartier generale e’ morto non solo l’Alto rappresentante delle Nazioni Unite ma anche tutti i suoi piu’ stretti collaboratori. L’impressione e’ che andiamo verso la trasformazione della missione Onu: non piu’ quella di peacekeeping, ma umanitaria, per sostenere cio’ che resta del governo puntando a nuove elezioni, nel migliore dei casi entro un anno”.


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