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Molestie a Peschiera, l’emergenza sociale ed educativa genera episodi criminali

«Non credo ci sia un’emergenza criminale. Semmai c’è un’emergenza sociale ed educativa che genera episodi criminali», osserva Giuliana Tondina, procuratrice per i minorenni di Brescia. «Tra i giovani c’è rabbia. Soprattutto nei giovani di origine straniera che sentono di dover fare più fatica per vedere riconosciuti alcuni diritti e alcune possibilità». C’entra il branco? «Non è novità che il gruppo sia un moltiplicatore di istinti. Oggi, però, basta un post sui social, un breve video su Tik Tok e un pochissimo tempo le piazze di riempiono. Questa accelerazione non favorisce il pensiero riflessivo, ma privilegia risposte violente»

di Sabina Pignataro

Dopo l’ignobile atto di violenza subito domenica 2 giugno ai danni di cinque ragazze di ritorno da Gardaland sul treno regionale Verona-Milano la procura di Verona e la procura per i Minorenni di Venezia sono al lavoro per identificare i giovani responsabili dell’aggressione. «In tutta questa vicenda, non soltanto l’episodio sul treno, ma l’intero complesso di eventi accaduti a Peschiera del Garda, il compito del processo penale benché sia un’attività articolata e irta di difficoltà sul piano pratico, è senza dubbio la parte meno complessa sul piano teorico», osserva Giuliana Tondina, procuratrice per i minorenni di Brescia. «Si tratta di specificare e provare le condotte tenute, individuare gli autori, processarli. Più difficile è, su un piano diverso, l’analisi delle dinamiche e delle motivazioni che hanno generato questi episodi, dinamiche e motivazioni articolate, che dovrebbero essere approfondite anche con strumenti di indagine sociologica e psicologica, e che non possono essere racchiuse in titoli frettolosi e sbrigativi».

Dottoressa Tondina, dal suo punto di vista privilegiato, lei intravede un’emergenza criminale?
Non credo che si debba leggere questo episodio di Peschiera, per quanto preoccupante, come la manifestazione di un’emergenza criminale. Gli adolescenti e i giovani di cui parliamo, anche quelli che si rendono responsabili di azioni delittuose a volte gravi, non sono necessariamente persone che hanno fatto una scelta di vita per il crimine, o che hanno una propensione al crimine. Oltretutto, non sappiamo quali fossero le intenzioni di coloro che hanno deciso di radunare “l’Africa a Peschiera” e di coloro, centinaia, che hanno accolto la proposta di radunarsi.

I casi sono in aumento?
Non sappiamo se tutti loro fossero lì con intenzioni violente, o soltanto di fare musica e rumore. Sugli aspetti specifici stanno indagando i colleghi di altre procure. Certo quello che posso riconoscere, per esperienza pregressa, è che la dimensione del gruppo talvolta non è foriera di buone iniziative. Sul mio tavolo, alla Procura di Brescia, arrivano in continuazione denunce per atti di violenza, aggressioni, rapine, pestaggi, lesioni compiuti da minori, ma non direi che le segnalazioni siano in significativo aumento rispetto al passato. Quello che si nota sono piuttosto ragazzi allo sbando, privi di prospettive, di riferimenti adulti autorevoli, di modelli educativi persuasivi e capaci di aggancio.

Se non è emergenza criminale, cos’è?
Quello che si coglie, duranti i colloqui con queste ragazze e questi ragazzi, quando si cerca di scandagliare il loro mondo interiore, e portare alla luce emozioni, stati d’animo e tutto ciò che li abita, sono le tracce di un’emergenza sociale ed educativa che genera episodi criminali. Insomma, le radici sono ancora più profonde ed è lì che occorre guardare.

Cosa intende?
Non conosco gli autori delle aggressioni di Peschiera, ma i minori di cui mi occupo in prevalenza non sono delinquenti. Sono ragazzi che talvolta delinquono. All’origine delle loro azioni c’è spesso un tentativo di affermazione di sé che non conosce altri canali che quello della violenza.

Questo vale per tutti?
Per moltissimi: c’è un tentativo di riempire un vuoto identitario, l’assenza di significato, la mancanza di prospettive con l’adesione ad un gruppo di pari in cui sentirsi riconosciuti, e con la violenza. C’è rabbia nelle azioni compiute dalle ragazze, come in quelle compiute dai ragazzi. Questo vale per i minori italiani come per quelli di origine straniera. Ma c’è una differenza che mi sembra importante rilevare.

C’è un tentativo di riempire un vuoto identitario, l’assenza di significato, la mancanza di prospettive con l’adesione ad un gruppo di pari in cui sentirsi riconosciuti, e con la violenza. C’è rabbia nelle azioni compiute dalle ragazze, come in quelle compiute dai ragazzi. Questo vale per i minori italiani come per quelli di origine straniera.

Quale?
I ragazzi di origine straniera avvertono di partire da contesti più svantaggiati. Sentono di dover avere un cammino più irto e spinoso da percorrere, sentono che devo fare più fatica per vedere riconosciute le loro individualità e il loro valore, alcuni diritti e alcune possibilità e questo alimenta in loro molta più rabbia.

E’ il gruppo che diventa branco?
Non è una scoperta nuova che il gruppo sia un moltiplicatore di rabbia, degli istinti violenti.
Quello che è relativamente nuovo invece è la celerità con cui i gruppi si formano e si attivano. Oggi basta un post sui social, un breve video su Tik Tok e un pochissimo tempo le piazze si riempiono. Questa accelerazione non favorisce il pensiero riflessivo, ma privilegia risposte istintuali e spesso violente.

Non è una scoperta nuova che il gruppo sia un moltiplicatore di rabbia, degli istinti violenti.
Quello che è relativamente nuovo invece è la celerità con cui i gruppi si formano e si attivano. Oggi basta un post sui social, un breve video su Tik Tok e un pochissimo tempo le piazze si riempiono. Questa accelerazione non favorisce il pensiero riflessivo, ma privilegia risposte istintuali e spesso violente.

Giuliana Tondina, procuratrice per i minorenni di Brescia

Foto di apertura, Amir Hosseini-by unsplash

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