Famiglia
Mohsen conquista il mondo
Protagonista de "I colori del Paradiso", un ragazzino non vedente di Teheran conquista la copertina del Time.
Non sappiamo ancora se gli italiani lo vedranno, ma in giro per il mondo ha già fatto palpitare d?emozione tante persone. È ?I colori del Paradiso? (titolo originale, Rang-e khoda), film realizzato lo scorso anno in Iran dal regista Majid Majidi, nato quarant?anni fa a Teheran. Il protagonista è un ragazzino cieco di nome Mohammad, di otto anni; la particolarità del film è che il bambino, il cui vero nome è Mohsen Ramezani, è davvero privo della vista dalla nascita. Di recente è salito agli onori della cronaca grazie al settimanale Time che lo ha messo in copertina, ma già i numerosi premi e riconoscimenti critici in giro in tanti festival lo avevano segnalato all?attenzione internazionale. Presentato dal suo Paese per le selezioni degli ultimi Oscar non ha ottenuto la nomination come invece ottenne il suo precedente film Children of Heaven: ormai Majidi è quasi considerato come i maestri del suo Paese Abbas Kiarostami e Mohsen Makhmalbaf. Il film, presentato al festival di Berlino nella sezione Kinderfilmfest (dedicata ai film per ragazzi), in precedenza aveva conquistato il Grand Premio delle Americhe al prestigioso Festival di Montreal (già vinto nel ?97 da Majidi proprio con Children of Heaven, altro film ?per ragazzi?) nonché il Premio del Pubblico; al Festival Internazionale di Gijon il film ha vinto il Gran Premio Speciale della Giuria e il premio della Giuria dei giovani. Al piccolo Mohsen Ramezani sono anche andate due nomination al festival dei giovani artisti di Los Angeles.
Il film narra la storia di un bimbo di otto anni che alla fine dell?anno scolastico torna per le vacanze nel villaggio del nord dell?Iran dove è nato, insieme con il padre: lì passerà l?estate tra incantevoli campi di fiori profumati e selvaggi, che le sue sorelle scelgono con cura per trarne gli elementi per la tintura. Il padre del ragazzo, un triste vedovo (la moglie è morta prematuramente), vorrebbe risposarsi per non rimanere solo e senza appoggi nella vecchiaia ma vede nell?handicap del figlio (che non può certo essergli d?aiuto e che anzi richiede continua assistenza) un ostacolo al suo obiettivo: vorrebbe, insomma, sbarazzarsi di lui? Il regista gioca molto sul contrasto tra la tristezza del padre e la gioia del bambino, che stabilisce con la natura una relazione di amore e fascino nello scoprire sensazioni nuove, pur essendo impedito in uno dei suoi sensi: e una delle frasi del film, usata anche come lancio internazionale in alcuni festival – non occorre essere vedenti per vedere realmente – sembra alludere anche al padre che non riesce a ?vedere? davvero il fondo della questione: un figlio non può essere concepito come ?intralcio?.
Ma il protagonista è il bambino e la sua gioia: «I Colori del Paradiso è la scoperta della natura e dell?intera esistenza da parte di un bambino cieco», spiega il regista Majidi. «La vera bellezza è nell?essenza delle cose piuttosto che nella loro apparenza visiva». «Quando recitavo», conferma il piccolo Mohsen Ramezani, «sentivo che ero cresciuto. Ho visto molte cose che non avevo mai visto prima: la foresta, il mare, le montagne, la prateria, i fiori e i fiumi… Ora so che cosa sembra il mondo».
Il pubblico internazionale che ha potuto apprezzarlo ha saputo riconoscere queste qualità: oltre che nei festival (al New York Film Festival ha ricevuto una rara standing ovation), il film è stato proiettato in alcune rassegne nelle principali città americane, suscitando entusiastici consensi. Nei forum su Internet si parla apertamente di capolavoro e le votazioni medie sono altissime. È in particolare il piccolo Mohammad a rimanere impresso nella memoria con i suoi sorrisi bellissimi e innocenti. Colpisce anche l?uso del colore quasi surreale per rendere le emozioni del bambino che sente i colori ma non può vederli: con immagini vibranti e calde il regista riesce a restituire il mondo percepito dal ragazzo e a stabilire un rapporto di simpatia e commozione tra lui e lo spettatore, realizzando così un viaggio in un mondo sconosciuto.
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