Non profit
Modello Calvello,petrolio & comunità
best practice Nel cuore della Basilicata, una sfida per una multinazionale
di Redazione
Che succede quando una grande impresa incontra un territorio? Nascono esperienze, che nel tempo vanno a comporsi in quello che può diventare un modello di relazioni finalizzato a promuovere uno sviluppo sostenibile. Nel caso specifico trattato da Communitas, la grande impresa è Eni e il territorio è quello della Basilicata: il condensarsi delle relazioni tre i due soggetti è il “Modello Calvello”. Lo chiamiamo modello non perché desideriamo codificarlo, ma per rendere condivisibile un approccio che può rappresentare una strategia innovativa nei rapporti delle imprese con i territori in cui operano.
Dietro questo timore ci sono diversi elementi. Innanzitutto, il grande attore economico internazionale che “atterra” nei luoghi può essere vissuto come un alieno prima, come un corpo estraneo poi. L’impresa rischia di arrivare, produrre, andarsene, senza mai integrarsi nel territorio. È una situazione in cui perde l’impresa, che non riesce a trovare le condizioni ideali in cui operare e in cui perdono i luoghi, che non hanno la possibilità di usufruire di nessuna delle opportunità che la presenza di una grande azienda può offrire.
La seconda ragione di timore da parte di un territorio, nel momento in cui scopre la propria ricchezza in termini di risorse naturali e, con essa, una nuova identità, è che quest’ultima pregiudichi irrimediabilmente le altre identità che il luogo già possiede. Può un territorio che ospita attività estrattive mantenere la vocazione turistica? Le attività economiche tradizionali, dall’agricoltura all’artigianato, subiranno un contraccolpo? La nuova identità è percepita come un rischio per le preesistenti, come se fosse in corso un’occupazione del territorio, non necessariamente in termini concreti, ma simbolici, di senso.
La dimensione della conoscenza è al centro del “Patto dei Saperi”, un percorso che coinvolge le università, le scuole, il mondo della ricerca, le istituzioni e che ha come punto di riferimento l’attività della Fondazione Eni Enrico Mattei in Basilicata, la cui nuova sede è stata inaugurata lo scorso anno a Viggiano. Ad esso si affianca il “Patto per lo Sviluppo”, che raccoglie gli operatori turistici e gli imprenditori del legno, gli artigiani e gli agricoltori, gli enti locali e le associazioni senza fini di lucro. All’interno del Patto per lo Sviluppo, Eni si è assunta un ruolo di “accompagnamento allo sviluppo”: mette a disposizione risorse economiche, attraverso le royalties provenienti dalla produzione, ma soprattutto il proprio capitale di conoscenze, la propria rete di relazioni, le proprie capacità di grande impresa, per rafforzare un percorso di sviluppo sostenibile ed autonomo.
Il “Modello Calvello” contiene un cambio di prospettiva per tutti gli attori coinvolti. Se alla grande impresa è attribuito un atteggiamento predatorio nei confronti del territorio, si innesca il circolo vizioso delle compensazioni: richiesta e concessione di risorse economiche in cambio di risorse ambientali o di capitali sociali danneggiati. Un meccanismo che depaupera senza creare sviluppo, e che non ha ragione di esistere se l’impresa è cittadino attivo dei luoghi, loro parte integrante. Aumenta, in parallelo, il protagonismo – e con esso la responsabilità – di tutti gli attori sociali coinvolti, che sono chiamati a disegnare insieme il futuro sostenibile del territorio. È un messaggio positivo e importante, in particolare per il Mezzogiorno d’Italia.
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