Non profit

Modello Calvello,petrolio & comunità

best practice Nel cuore della Basilicata, una sfida per una multinazionale

di Redazione

Che succede quando una grande impresa incontra un territorio? Nascono esperienze, che nel tempo vanno a comporsi in quello che può diventare un modello di relazioni finalizzato a promuovere uno sviluppo sostenibile. Nel caso specifico trattato da Communitas, la grande impresa è Eni e il territorio è quello della Basilicata: il condensarsi delle relazioni tre i due soggetti è il “Modello Calvello”. Lo chiamiamo modello non perché desideriamo codificarlo, ma per rendere condivisibile un approccio che può rappresentare una strategia innovativa nei rapporti delle imprese con i territori in cui operano.

Flussi e luoghi
Eni è un’impresa che, per dirla con Aldo Bonomi, operando nei “flussi” incontra i “luoghi”. L’arrivo di un’azienda come Eni in un territorio, che sia in Italia o in qualunque altra nazione, non è mai silenzioso. Le attività esplorative provocano un mix di aspettative e timori in tutti coloro che sono coinvolti. Trovare giacimenti di petrolio o di gas naturale e intraprenderne la coltivazione significa aggiungere una nuova identità a quelle del territorio. Significa aspettarsi, legittimamente, che l’utilizzo di questo patrimonio crei opportunità nuove. Vuol dire, però, al contempo, temere gli impatti che possono accompagnare lo sfruttamento delle risorse, non solo dal punto di vista ambientale, ma anche sulle comunità.
Dietro questo timore ci sono diversi elementi. Innanzitutto, il grande attore economico internazionale che “atterra” nei luoghi può essere vissuto come un alieno prima, come un corpo estraneo poi. L’impresa rischia di arrivare, produrre, andarsene, senza mai integrarsi nel territorio. È una situazione in cui perde l’impresa, che non riesce a trovare le condizioni ideali in cui operare e in cui perdono i luoghi, che non hanno la possibilità di usufruire di nessuna delle opportunità che la presenza di una grande azienda può offrire.
La seconda ragione di timore da parte di un territorio, nel momento in cui scopre la propria ricchezza in termini di risorse naturali e, con essa, una nuova identità, è che quest’ultima pregiudichi irrimediabilmente le altre identità che il luogo già possiede. Può un territorio che ospita attività estrattive mantenere la vocazione turistica? Le attività economiche tradizionali, dall’agricoltura all’artigianato, subiranno un contraccolpo? La nuova identità è percepita come un rischio per le preesistenti, come se fosse in corso un’occupazione del territorio, non necessariamente in termini concreti, ma simbolici, di senso.

Il doppio Patto
Il “Modello Calvello” è l’incontro delle identità plurali di Eni con le identità plurali del territorio, incluse aspettative e timori. I capisaldi su cui si fonda la “Missione di Comunità”, il progetto da cui nasce questo insieme di riflessioni, sono la conoscenza reciproca e la capacità di valorizzare tutte le potenzialità e gli attori sociali che del territorio fanno parte.
La dimensione della conoscenza è al centro del “Patto dei Saperi”, un percorso che coinvolge le università, le scuole, il mondo della ricerca, le istituzioni e che ha come punto di riferimento l’attività della Fondazione Eni Enrico Mattei in Basilicata, la cui nuova sede è stata inaugurata lo scorso anno a Viggiano. Ad esso si affianca il “Patto per lo Sviluppo”, che raccoglie gli operatori turistici e gli imprenditori del legno, gli artigiani e gli agricoltori, gli enti locali e le associazioni senza fini di lucro. All’interno del Patto per lo Sviluppo, Eni si è assunta un ruolo di “accompagnamento allo sviluppo”: mette a disposizione risorse economiche, attraverso le royalties provenienti dalla produzione, ma soprattutto il proprio capitale di conoscenze, la propria rete di relazioni, le proprie capacità di grande impresa, per rafforzare un percorso di sviluppo sostenibile ed autonomo.

Sostenibile e autonomo
In questi due termini risiede l’elemento più innovativo, che fa da filo conduttore alla nostra esperienza. Solo la ricerca condivisa di uno sviluppo sostenibile permette al territorio di cogliere in pieno le opportunità connesse all’utilizzo delle risorse petrolifere e alla presenza di una grande impresa e, d’altro lato, all’azienda di lavorare bene, creando valore per tutti i propri interlocutori. In altre parole, solo un “Patto per lo Sviluppo” permette al territorio e all’azienda di non avere timori e di essere all’altezza delle aspettative. È, da un lato, una risposta al bisogno di rafforzare e valorizzare le identità plurali, siano esse filiere produttive o tradizioni locali; alla necessità di mantenere la coesione sociale delle comunità aprendosi alla globalizzazione; al desiderio di conciliare sicurezza e imprenditorialità. È, d’altro canto, l’essenza di un’azienda sostenibile, capace cioè di gettare radici profonde nel territorio.
Il “Modello Calvello” contiene un cambio di prospettiva per tutti gli attori coinvolti. Se alla grande impresa è attribuito un atteggiamento predatorio nei confronti del territorio, si innesca il circolo vizioso delle compensazioni: richiesta e concessione di risorse economiche in cambio di risorse ambientali o di capitali sociali danneggiati. Un meccanismo che depaupera senza creare sviluppo, e che non ha ragione di esistere se l’impresa è cittadino attivo dei luoghi, loro parte integrante. Aumenta, in parallelo, il protagonismo – e con esso la responsabilità – di tutti gli attori sociali coinvolti, che sono chiamati a disegnare insieme il futuro sostenibile del territorio. È un messaggio positivo e importante, in particolare per il Mezzogiorno d’Italia.

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