Non profit
Mobbing: la cassiera mente o no?
I responsabili del supermercato negarono davvero alla donna di andare in bagno. Ma per il giudice non è reato
I giornali non hanno dubbi: «La cassiera si inventò tutto». Questi i titoli di oggi che si riferiscono alla vicenda di un’impiegata part time dell’Esselunga di viale Papiniano a Milano, che nel febbraio 2008 denunciò i propri responsabili per mobbing: l’avrebbero costretta a farsi la pipì addosso in cassa negandole per un’ora e mezza il permesso di andare in bagno. La donna (un’italoperuviana di 45 anni) aveva anche denunciato di essere stata picchiata, giorni dopo, da uno sconosciuto nello spogliatoio del supermercato; per le lesioni subite, accertate in pronto soccorso, la prognosi era stata di 10 giorni.
Lunedì 16 novembre arriva la sentenza: il gip Maria Grazia Domanico archivia le accuse contro i responsabili del punto vendita e i mass media applaudono: macché mobbing, la cassiera ha mentito, si è inventata tutto, e oltretutto aveva anche qualche problema personale. Ma è davvero così? Vediamo di ricostruire la vicenda con le stesse parole del giudice che ha archiviato le accuse contro Esselunga. Sicuramente la donna soffriva di disturbi psicologici, per i quali era stata in cura per diversi anni. Questo è assodato. Tuttavia non basta per darle della bugiarda (e ci mancherebbe). Scrive il gip, dicendosi sicura del fatto che le indagini «hanno consentito di ricostruire in termini sufficientemente precisi l’episodio»: la cassiera «ebbe a richiedere per circa un ora e mezza di essere sostituita alla cassa dovendosi recare in bagno», permesso che le fu negato (dunque non mentiva); per il giudice però «a tale condotta non può essere ricondotta alcuna fattispecie di reato». È vero che non poté andare alla toilette per il «no» dei superiori, ma niente di male, era nel loro diritto farlo. Occhio dunque, dipendenti di tutta Italia, se vi scappa la pipì sul lavoro dovete tenervela. Quanto all’episodio dell’aggressione, definita dal giudice «più inquietante» – quindi ci fu, anche questa – «l’autore del fatto non è stato identificato e pertanto va accolta la richiesta di archiviazione».
Il gip – come sottolineano tutti i giornali – non nasconde di condividere «le perplessità del pubblico ministero circa la dinamica dei fatti così come ricostruita dalla vittima», che è spesso caduta in contraddizione raccontando la propria vicenda. Su due punti tuttavia non ci sono dubbi: il divieto di andare in bagno e il pestaggio. Ma che volete: non è mobbing.
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