Mondo
Mladic, lasciapassare per l’Europa
Serbia più credibile dopo l'arresto del boia di Srebrenica
Una grande notizia attesa da troppo tempo. Un nuovo passo per la Serbia in direzione dell’Europa: l’arresto di Ratko Mladic, ieri vicino a Belgrado, riporta alla memoria la strage di Srebrenica. Ecco come i giornali oggi in edicola riescono a trattare l’argomento, trovando spazio tra Berlusconi, la Marcegaglia, i ballottaggi.
- In rassegna stampa anche:
- SANATORIA MIGRANTI
- CONFINDUSTRIA
- FRODI
- ABORTO
- CUAMM
- USA
“La Serbia prende Mladic e si avvicina all’Europa” titola in apertura il CORRIERE DELLA SERA, mettendo insieme entrambe le notizie. Ratko Mladic, 69 anni, il superlatitante accusato di genocidio nella guerra dei Balcani, è stato arrestato ieri non lontano da Belgrado. L’ex comandante serbo bosniaco, («il macellaio di Srebrenica» ) era ricercato dal Tribunale dell’Aja. La Commissione di Bruxelles: «Rimosso un grosso ostacolo per l’adesione della Serbia alla Ue». I servizi alle pagine 2 e 3. “La cattura (a orologeria) del «macellaio di Srebrenica»” è il titolo di pagina 2, per il pezzo di Andrea Nicastro. Scrive: “All’alba di ieri, in un paesino a un centinaio di chilometri da Belgrado, verso il confine con la Romania, il suo «A team» di poliziotti, forze speciali e 007 militari, ha catturato il generale Ratko Mladic, il boia di Sarajevo, il macellaio di Srebrenica. È la nuova idea di Serbia che adesso può davvero vincere, l’idea di un Paese che non vuole più essere «grande» o militarista, ma che in cambio può entrare in Europa e superare quell’isolamento che l’ha reso povero. Per il governo di Belgrado Ratko Mladic era un assegno circolare da incassare allo sportello dell’Unione Europea. La cattura dell’uomo che si era fatto beffe dell’Onu, aveva coperto di vergogna i caschi blu olandesi e ridicolizzato il potere molle dell’Europa era l’ultima richiesta di Bruxelles per avviare il percorso di avvicinamento che in tre anni potrebbe portare Belgrado nell’Unione. Con la cattura del macellaio Mladic, 69 anni, il veto cade”. E così conclude Nicastro: “La Serbia è divisa. Dopo il presidente Slobodan Milosevic morto in cella all’Aja, dopo l’arresto del presidente serbo-bosniaco Radovan Karadzic, travestito da guru new-age, dopo Mladic, tra i criminali di guerra manca all’appello solo Goran Hadzic, leader dei serbi di Croazia. Mladic è apparso in serata in un tribunale di Belgrado per un’udienza preliminare. E’ apparso fragile, malato, malfermo sulle gambe, forse anche debole di mente tanto che il giudice si è riservato di chiedere la perizia medica per sapere se potrà sostenere il giudizio. «Buonasera a tutti» , ha detto il boia dei Balcani. Pochi però hanno capito se quel vecchio claudicante volesse sfidare ancora il mondo o non fosse più in grado di capire cosa stava succedendogli attorno”. Il ritratto di Mladic, a pagina 3, è affidato a Massimo Nava: “I nazisti croati uccisero suo padre. Lui brindò alla strage dei bosniaci” è il titolo. Scrive Nava: “La Serbia di oggi, democratica e frenetica, con l’anima europea e i fantasmi del nazionalismo nel cassetto socchiuso della sua storia, ha bisogno di questo bagno purificatore della memoria. Poi ci sarà la verità giudiziaria, sempre che Mladic abbia voglia di confermare in tribunale ciò che aveva senza volerlo anticipato in alcune centinaia di pagine di appunti, trovate nell’abitazione di sua moglie, a Belgrado, peraltro amputate del capitolo su Srebrenica. Per ora, dobbiamo accontentarci della verità storica attorno a quest’uomo che potrebbe essere paragonato al Göring o all’Himmler del Terzo Reich, il militare che applica fino alle estreme conseguenze la visione ideologica dei suoi superiori politici. Visione che, nel caso della Bosnia, era la «soluzione finale» per i musulmani in alternativa alla spartizione della repubblica fra serbi e croati (come proprio Mladic conferma nelle sue note) o alla separazione etnica e politica, ancora in atto, nonostante la pace di Dayton (1996) e il pasticcio istituzionale dell’attuale Bosnia «multietnica» . Per questo, il suo nome rimarrà associato all’assedio di Sarajevo e al sacrificio di Srebrenica, ai concetti di pulizia etnica e genocidio. La sua immagine indelebile sarà quella del generale che scruta la città con il cannocchiale, mentre le sue artiglierie fanno a pezzi strade, ponti, case e quella del soldato in tuta mimetica che ordina sulla piazza di Srebrenica la separazione di uomini e donne musulmane e brinda, mentre nei boschi comincerà la decimazione”. «Per me, per noi, è come Eichmann per gli ebrei», spiega a Mara Gergolet il regista bosniaco Danis Tanovic, l’autore di “No man’s land”, Oscar per il miglior film straniero nel 2001. “I serbi hanno arrestato quasi tutti i responsabili. Crede che abbiamo finalmente cominciato a fare i conti con le proprie colpe? – chiede la Gergolet al regista – «Sì, stanno cominciando. L’hanno fatto perché ne avevano bisogno, perché l’Europa gliel’ha imposto, non per convinzione. Ma va bene così. La Serbia non ha mai affrontato una “de-nazificazione”come ha fatto la Germania dopo il 1945. Però va detto che la Germania era stata occupata, e si è dovuta confrontare con il proprio passato anche e forse proprio per le enormi pressioni internazionali. La Serbia non ne ha avuto bisogno, e in un certo senso è umano che non l’abbia fatto»”.
“Preso Mladic, il boia di Srebrenica” LA REPUBBLICA sceglie la foto-notizia per riferire dell’arresto del latitante con 15 imputazioni a carico. I servizi all’interno (pagine 2-7). Mladic l’inafferrabile, come lo chiamavano, non era in realtà molto nascosto: viveva in un villaggio di tremila abitanti, non lontano dal confine romeno. Un paesino i cui abitanti mai e poi mai avrebbero tradito l’ex capo di Stato maggiore, l’uomo che diede ordine militare alla pulizia etnica e trasformò in massacro i vaneggiamenti politici di Radovan Karadzic. Per la Serbia è un passaggio importante, sottolinea il quotidiano diretto da Mauro: a ottobre Bruxelles dovrà pronunciarsi sulla candidatura del Paese per l’ingresso in Ue. Un ritratto di Mladic lo fa Paolo Rumiz: “Sangue, stupri e fanatismo il generale dell’orrore che si credeva onnipotente”. Ne mette in luce i tratti criminali ma non solo: «prima di cercare in qualche dannazione genetica il ruolo assassino di Mladic, comandante in capo delle truppe serbo-bosniache negli anni del massacro, meglio ricordare che la sua strapotenza è soprattutto il risultato di una fenomenale vigliaccheria da parte occidentale». Rumiz descrive l’ascesa di Mladic e la complicità con Milosevic. “«Ora catturate tutti i complici» L’urlo delle donne di Srebrenica”: la presidente dell’associazione che le riunisce, Hatidza Mehmedovic, non si fa illusioni. «Mladic non è stato arrestato per restituire giustizia alle famiglie delle vittime: lo scopo dell’operazione è la convenienza per la politica internazionale del governo serbo»; «il nazionalismo di Milosevic sopravvive ancora nei Balcani e, nonostante non si combatta più, non si è ancora tornati a una vita normale fatta di convivenza pacifica». L’analisi di Adriano Sofri è intitolata “Tecnica di un massacro”. Rievoca gli atti infami del criminale e le responsabilità dell’Europa. L’arresto di Mladic, scrive Antonio Cassese (in “Giustizia universale”), pone tre problemi: come tutelare il suo diritto alla presunzione di innocenza; la durata del processo (era previsto di chiudere il Tribunale per l’ex Jugoslavia nel 2014; e ora?); come affrontare la probabile linea di difesa di Mladic (che probabilmente contesterà la legittimità e la legalità del tribunale).
“La Serbia in crisi vende il boia di Srebrenica. Gli 007 slavi, la Cia e i servizi britannici hanno preso l’ex generale in una fattoria dove l’avevano già cercato più volte. La sua cattura era la condizione posta dalla Ue a Belgrado per entrare in Europa (e ottenere robusti aiuti economici)”. Così su IL GIORNALE Micalessin scrive: «Che Mladic fosse un latitante in vendita lo si sapeva. Ma a decidere il prezzo della consegna alla Corte internazionale dell’Aja è stata la devastante crisi economica abbattutasi su Belgrado. Sbarazzandosi del boia di Srebrenica la Serbia e il suo governo si conquistano invece il diritto di entrata in Europa e i connessi benefici economici. La scommessa del presidente Tadic è però tutt’altro che vinta. I benefici economici garantiti a Belgrado dai futuri partner europei potrebbero non bastare a lenire il malcontento di un’opinione pubblica serba che continua a considerare il generale un sincero patriota».
“Preso il «boia» Ratko Mladic, 15 anni dopo Srebrenica” è il richiamo in prima pagina per il MANIFESTO che apre sulla campagna elettorale milanese per il ballottaggi. All’arresto di Mladic e alle sue ricadute è dedicata tutta la pagina 8. Mentre l’apertura racconta l’arresto e le prime reazioni in Serbia dove «(…) Il presidente Tadic è stato molto fermo: ha detto infatti di non aspettarsi proteste e disordini popolari dopo l’arresto. “La Serbia fa tutto nel rispetto delle leggi nazionali e internazionali, e continuerà a farlo. Se qualcuno tenterà di creare incidenti e disordini verrà subito arrestato e processato”. Ma la tensione è già nell’aria, anche perché Ratko Mladic è ancora in Serbia (…)» Di spalla in un ampio box si guarda alle reazioni europee “L’Ue: è un a svolta, ma per l’adesione non basta”. «(…) le reazioni Ue ancora una volta rimandano al mittente le giuste aspettative. Ieri che a Belgrado era in visita l’Alto rappresentante esteri dell’Ue, Catherine Ashton per la quale si tratta solo di “un importante passo in avanti per la Serbia” (…)». E conclude: «(…) La Ue annuncerà la valutazione sulla candidatura della Serbia il 10 ottobre, data del rapporto sull’allargamento. Fra le condizioni-ricatto c’è il dossier Kosovo che si è autoproclamato indipendente: il che significa “normalizzazione” forzata dei rapporti. E Fule concludendo, ha rincarato la dose: “Dopo Mladic non ho ragione di dubitare che anche Goran Hadzic (leader dei serbi di Croazia ndr), sarà catturato”». A piè di pagina è pubblicata un’intervista a Carla Del Ponte che afferma: «Ora la Serbia è legittimata a chiedere giustizia per i crimini subiti, anche in Kosovo», ssull’arresto osserva: «(…) è una grande soddisfazione. Abbiamo lavorato più di otto anni per ottenere questo arresto. E la conferma viene dal fatto che la Serbia è finalmente riuscita ad arrestarlo grazie anche al fatto che l’Unione europea ha sempre fatto pressione su Belgrado per la procedura di adesione all’Unione europea. Quindi hanno capito che bisognava sbarazzarsi di questi accusati per poter procedere nella strada verso l’Europa (…)».
“La Serbia arresta il generale Mladic” questo il titolo del pezzo a pagina 12 di Elena Ragusin sul SOLE 24 ORE lanciato in prima: «Un vecchio macilento, dal volto scavato e con un braccio paralizzato in seguito a un ictus: questo l’uomo cui si sono trovati davanti i corpi speciali della Bia, i servizi segreti serbi, quando ieri mattina all’alba hanno fatto irruzione in una modesta fattoria di Zrenjanin, città della Serbia settentrionale a circa 80 chilometri da Belgrado». Il quotidiano di Confindustria fa il punto della situazione (manca da arrestare Hadzic) e offre un panorama di quello che è successo durante la guerra per volere del mostro di Srebrenica. Il commento è a pagina 15, firmato dalla direzione del giornale: «alla fine pure Mladic ha pagato pegno alla realpolitik. A Belgrado qualcuno avrà pensato che fosse l’ora giusta per cederlo. Un atto di collaborazione ben retribuito: la Serbia ha depositato la propria candidatura alla Ue a fine 2009 e conta di ottenere lo status di candidato entro dicembre. Il commissario europeo all’Allargamento Stefan Füle ha subito chiarito che «l’arresto toglie un grande ostacolo» in questo percorso. Verrebbe da dire: anche questa – ritardi e scelte di tempo – è politica. Ma occorrerebbe spiegarlo a chi a Srebrenica ha perso fratelli e amici. E non sarebbe facile».
Focus sui Balcani con particolare attenzione alla Croazia. Su ITALIA OGGI secondo il pezzo “Croazia subito nell’Eu, c’è chi dice no”, nonostante Zagabria abbia già chiuso 30 dei 35 capitoli di negoziazione, Francia, Regno Unito e Olanda rifiutano di fissare la data per concludere le discussioni. Il motivo? Occorre assicurarsi che i progressi siano irreversibili. «Il dibattito» si legge nel pezzo «è serrato per quando riguarda i progressi di Zagabria in tema di giustizia e sul sostegno ai cantieri navali di Stato. I tre paesi ostili chiedono la creazione di un meccanismo di sorveglianza al quale sottoporre la Croazia anche dopo la chiusura dei negoziati».
“La Serbia si libera dell’aguzzino di Srebrenica” è il titolo del richiamo in prima pagina di AVVENIRE sulla cattura di Mladic. Nel Primo Piano a pagina 8 il profilo e capi d’accusa per “l’ingegnere della pulizia etnica” che aveva teorizzato i massacri mettendoli poi in pratica contro i musulmani in Bosnia negli anni Novanta: era il 1995 quando i suoi miliziani si macchiarono della peggiore delle stragi, con ottomila morti gettati nelle fosse comuni. A pagina 9 le reazioni dopo 15 anni di caccia all’uomo: «Se il governo di Belgrado celebra l’evento come un passo importante verso l’Europa, non tutti festeggiano. Anzitutto lo stesso ex presidente serbo-bosniaco Karadzic che, ha riferito il suo avvocato “è dispiaciuto per la perdita di libertà del generale Mladic”. E furibonda è anche l’estrema destra ultranazionalista del Partito radicale serbo. L’arresto dell’ex generale, afferma in un comunicato, “è un durissimo colpo ai nostri interessi nazionali e allo Stato”. Il partito ha annunciato una grande manifestazione di protesta. “Questo Paese – ha replicato secco il presidente serbo Tadic – resterà stabile, chiunque cercherà di destabilizzarlo sarà perseguito e punito”». Un taglio basso riporta i commenti positivi dei Ventisette da Bruxelles: «Con l’arresto di Mladic la Serbia può tornare a sognare l’Europa… L’adesione all’Ue è a un passo. Il via libera allo status di candidato all’Unione potrebbe arrivare al summit di dicembre».
“Preso Mladic, il carnefice di Srebrenica” è il titolo di apertura de LA STAMPA in prima pagina. È “Fine della guerra calda” commenta Enzo Bettiza nell’editoriale: si è concluso «un lungo ciclo storico che aveva già avuto per sfondo lo stesso quadrilatero balcanico della Prima guerra scoppiata nel 1914». A parlare di svolta storica è anche il presidente della Repubblica serba Boris Tadic, secondo il quale la Serbia ha chiuso «una pagina oscura del suo passato e ne ha aperta una nuova verso il futuro». Ora la richiesta è l’ingresso nell’Unione europea, significativo il titolo a pagina 2: “Belgrado regala Mladic all’Europa”.
E inoltre sui giornali di oggi:
SANATORIA MIGRANTI
CORRIERE DELLA SERA – A pagina 25: “Migranti sulla gru, sanatoria per 24 mila” . Scrive Claudio Del Frate: “Erano scesi in campo in sei, hanno vinto in 24mila. La vicenda degli immigrati che nel novembre scorso vissero per 17 giorni arrampicati in cima a una gru di Brescia reclamando il permesso di soggiorno ha avuto il suo epilogo ieri quando il Ministero dell’Interno ha reso noto che i sei hanno diritto alla «carta» per rimanere in Italia. Non solo loro, ma tutti quelli che si erano visti rifiutare il permesso per essere incorsi nel reato di immigrazione clandestina. Che secondo le prime stime sarebbero circa 24mila in tutta Italia. Decisivi per il compiersi della vicenda sono stati oltre sette mesi di estenuante braccio di ferro politico e giudiziario, ma soprattutto due sentenze— una della Corte europea, l’altra del Consiglio di Stato— che hanno fortemente indebolito proprio il reato di immigrazione clandestina introdotto dall’Italia. Alla luce di questi due pronunciamenti la circolare diramata ieri dal Dipartimento per le libertà civili e per l’immigrazione del Viminale invita in pratica i prefetti a concedere il permesso di soggiorno anche ai «sans papier» a cui era stato negato solo perché denunciati in quanto irregolari sul territorio nazionale. Gli stranieri interessati al provvedimento sono quelli che fecero domanda per la sanatoria del 2009: per emergere dalla loro situazione di clandestinità pagarono 500 euro e fecero presentare la richiesta da un datore di lavoro; erano tutti operai «in nero» che da anni si trovavano in Italia”.
CONFINDUSTRIA
IL MANIFESTO – All’assemblea annuale di Confindustria è dedicato, in prima pagina, sia l’editoriale di Galapagos “Cambiare Cavaliere” sia un ampio richiamo dal titolo “Marcegaglia affonda il governo e boccia i referendum”. Scrive Galapagos: «(…) La prima donna a capo degli industriali italiani sembra convinta che la discesa in capo di Berlusconi sia stata dettata dalla difesa degli interessi personali, e sembra altrettanto convinta che Berlusconi abbia i giorni contati e per questo è pronta a cambiare cavallo. Anche se lascia aperto uno spiraglio al governo (…)La relazione della Marcegaglia è la prova che i padroni non hanno più un riferimento certo: il governo del «non fare» sta indebolendo anche la loro organizzazione. E allora la Confindustria cerca altre sponde, altri referenti e non volta le spalle a questo centrosinistra che vorrebbe ancora più ricettivo rispetto ai desiderata padronali. Il punto è capire se una convergenza per far fuori Berlusconi si possa realizzare: per il centrosinistra è l’obiettivo prioritario, ma alleandosi con la Confindustria sarà costretto a ingoiare bocconi amari, anche se a inghiottire il rospo saranno soprattutto i lavoratori (…)». A pagina 6 dedicata in gran parte all’assemblea confindustriale, il titolo di apertura punta soprattutto alla bocciatura da parte di Marcegaglia dei referendum “Il sì sull’acqua sarebbe un «danno per gli investimenti»”, riassume l’occhiello.
AVVENIRE – Fotorichiamo in prima intitolato “Marcegaglia: persi 10 anni di crescita” per il discorso all’assemblea annuale di Confindustria con cui la presidente ha chiesto un cambio di passo nell’azione di governo. «Lo si è capito subito che non avrebbe fatto sconti alla politica», scrive Eugenio Fatigante a pagina 11. «Parole inequivocabili quelle di un Marcegaglia che per tre anni ha dato credito al governo, ma ora pronuncia il suo discorso più duro… Ha strigliato l’immobilismo di una politica “alle prese con divisioni e lacerazioni interne ai due poli, con problemi di leadership personali anteposti al benessere del Paese».
FRODI
LA REPUBBLICA – “Aziende fantasma e finti corsi 5 miliardi di fondi europei nelle tasche degli imbroglioni”. Inchiesta di Antonio Fraschilla sulle imprese fantasma (per lo più al Sud) e le false fatturazioni (per lo più al Nord). Nel 2009 ben 1131 frodi comunitarie (per un ammontare di 328 milioni di euro) secondo l’Olaf, organismo della Commissione ce si occupa di irregolarità nell’utilizzo dei fondi. Il direttore Olaf però aggiunge: «gli Sttai membri perseguono solo il 7% dei casi sospetti». Il che significa che in Italia sarebbero stati truffati 4,6 miliardi. Il nuovo trend delle truffe è nel settore formativo, ovvero master e corsi inventati.
ABORTO
AVVENIRE – A pagina 3 inchiesta sull’aborto, “ferita nascosta delle minorenni”: un fenomeno di dimensioni preoccupanti che nasconderebbe un sommerso ancora diffuso, specie tra le immigrate. Una piaga educativa e sociale denunciata nell’annuale relazione al Parlamento del Ministero della Giustizia.
CUAMM
CORRIERE DELLA SERA – “Quei 1.330 angeli in camice bianco l’armata buona dall’Italia all’Africa”, bel pezzo di Gian Antonio Stella a pagina 25 sul Cuamm, il Collegio Universitario Aspiranti Medici Missionari, nato a Padova nel 1950. Scrive Stella: “È una grande avventura, la storia del Cuamm-Medici con l’Africa, l’organizzazione padovana che si trascina dal 1950 una sigla burocratese (Collegio universitario aspiranti medici missionari) ma tutto è meno che un organismo burocratico e autoreferenziale. Ricordate le polemiche sulla Fao, dove i soldi se ne vanno in larga parte per stipendi, affitti, scuole dei figli dei funzionari a Roma e solo una quota ridotta (29%) è destinata davvero alla lotta contro la fame? Il rapporto, qui, è rovesciato: il Cuamm, che come ha scritto Pietro Citati è una delle non molte realtà che riscattano il nostro Paese vergognosamente tirchio verso il Terzo Mondo, «riesce a contenere al 9,3%i costi amministrativi e a dedicare il 90,7%delle uscite del bilancio ai progetti in Africa. Solo nel 2009 sono state fatte 437.492 visite ambulatoriali, 50.497 visite pre e post natali, 108.442 ricoveri, 123.016 vaccinazioni, 19.491 parti»” .
USA
ITALIA OGGI – Il sovraffollamento e le condizioni disumane nelle carceri californiane ha obbligato lo stato della California a liberare 46 mila detenuti. Secondo il pezzo “Usa, presto liberi 46 mila detenuti” 33 prigioni californiane hanno una popolazione di 140 mila detenuti per una capacità di 80 mila».
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