Cultura
Misure alternative al carcere: Italia ultima in Europa
Negli ultimi anni il legislatore ha cercato di incentivare ed estendere l’uso delle misure alternative, estendendo la detenzione domiciliare e potenziando i lavori di pubblica utilità. Riforme che hanno avuto un impatto positivo, anche se siamo ancora lontani da altri paesi. In Germania, per esempio, meno di un terzo dei condannati finisce dietro le sbarre: da noi sono più della metà
L’Italia è ultima, tra i grandi paesi europei, nel ricorso alle pene alternative al carcere, nonostante i tentativi del legislatore che negli ultimi anni ha cercato di incentivare ed estendere l’uso delle misure alternative al carcere, come segnala OpenPolis. La legge 199 del 2010 ha dato la possibilità di passare alla detenzione domiciliare per coloro che hanno una pena residua inferiore ai 18 mesi; In seguito altre riforme, ultima la legge 67 del 2014, hanno potenziato i lavori di pubblica utilità al posto del carcere, norme che hanno avuto un significativo effetto sul sistema penitenziario italiano, anche se non sono stati sufficienti a colmare il gap con molti altri paesi europei.
Ecco alcuni esempi. Registra una crescita del 29% dal 2011 al 2016 l’affidamento in prova al servizio sociale, in base al quale il condannato sconta parte della pena fuori dal carcere, ancora sotto il controllo del sistema penitenziario, ma aiutato a reinserirsi; stessa sorte per i lavori socialmente utili, sanzione alternativa alla detenzione per i reati minori: anziché scontare la pena in cella, si ripaga la società del danno fatto lavorando gratuitamente per organizzazioni di volontariato o per enti pubblici. Se nel 2011 infatti erano assegnate a questa misura 239 persone, nel 2016 sono schizzate a 6.507. In aumento anche la misura della detenzione domiciliare (+20% in cinque anni) e la libertà vigilata (+26%) mentre cala del 16% il ricorso al regime di semilibertà.
Nonostante una crescita importante, l’Italia resta però ultima tra i grandi paesi europei per utilizzo delle misure alternative. Mentre in Italia la maggioranza dei condannati finisce in carcere (55%), in Germania sono solo il 28%, il 30% in Francia, il 36% in Inghilterra e Galles e il 48% in Spagna. Un altro dato da considerare è che queste misure extracarcerarie spesso si riducono a una sanzione alternativa più che a uno strumento effettivo di rieducazione. È il caso dei lavori di pubblica utilità, cui si ricorre quasi esclusivamente (94%) per i reati del codice della strada.
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