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Misurare lo sviluppo sostenibile è un miraggio per sette aziende su dieci

Ad affermarlo è un report del Global compact dell’Onu, che promuove la diffusione concreta degli obiettivi dell’Agenda 2030: il 59% delle imprese europee integra gli Sdgs nelle proprie strategie, ma solo un terzo misura i progressi

di Nicola Varcasia

Come potete leggere sul numero di ottobre di VITA, le aziende italiane sono alle prese con la grande sfida della sostenibilità sociale. Non tutte stanno rispondendo allo stesso modo. Senza considerare che tra il dire e il fare c’è di mezzo il generare valore condiviso. Dal canto suo, l’Agenda Onu 2030 e i 17 obiettivi dello sviluppo sostenibile sono lì ad alzare l’asticella. Ma quante aziende li conoscono e li integrano nei loro piani strategici? Ha provato a dare una risposta europea, con un focus anche sull’Italia il Global compact, l’iniziativa dell’Onu che raggruppa le imprese che si impegnano a promuovere la propria crescita in linea con gli obiettivi dello sviluppo sostenibile.

I dati presentati sono interessanti: sette aziende europee su dieci «conoscono bene» i 17 obiettivi di sviluppo sostenibile (Sdgs). Sei su dieci si impegnano anche a integrarli nella strategia aziendale, concentrandosi per lo più su parità di genere, lavoro dignitoso e cambiamento climatico. In Italia si sfiora il 90% in termini di conoscenza. È questo, infatti, il lato buono della medaglia che emerge dal report European private sector Sdg stocktake 2024, realizzato dai network europei del Global compact coinvolgendo 1.422 aziende europee in dieci Paesi (Italia, Francia, Spagna, Regno Unito, Svizzera/Liechtenstein, Grecia, Irlanda, Bulgaria, Serbia e Turchia).

In Europa

Tornando al dato europeo, l’impegno di cui sopra è associato soprattutto al desiderio di rafforzare la strategia di sostenibilità aziendale (44% del campione). Il 32% degli intervistati evidenzia anche il ruolo chiave dei Global goals per affrontare le normative europee come la Corporate sustainability reporting directive (Csrd). In questo senso, l’87% del sotto-campione formato dalle aziende interessate dalla nuova direttiva, diventata legge italiana alla fine di agosto, dichiara che farà espressamente riferimento agli Sdgs nella propria informativa di sostenibilità. Il rapporto evidenzia che il settore privato europeo intraprende principalmente azioni a favore della parità di genere (obiettivo 5, al 44%), del lavoro dignitoso e della crescita economica (Sdg, al 44%) e del contrasto al cambiamento climatico (obiettivo 13, al 40%). Il 39% delle aziende intervistate agisce sugli Sdgs integrandoli nei propri processi e attività. In generale, il 58% del campione ritiene che questo abbia avuto un impatto positivo sulla propria performance economica e il 26% lo considera addirittura significativo.

L’effetto che fa

Allo stesso tempo, però, ed eccoci all’altro lato della medaglia, lo studio mostra che il contributo allo sviluppo sostenibile e agli Sdgs non è ancora misurato dalle aziende in modo sistematico ed efficiente, poiché solo un terzo degli intervistati ha fissato obiettivi specifici, misurabili e vincolati nel tempo per verificare il proprio impegno e la propria azione, così come i progressi. Inoltre, appena il 21% delle aziende ha identificato gli obiettivi dell’agenda Onu per loro prioritari e ha valutato gli impatti positivi e negativi delle proprie attività.

In Italia

Il focus sul nostro Paese racconta di un 88% di aziende italiane (tra quelle intervistate) che afferma di aver acquisito una conoscenza approfondita degli Sdgs. In particolare, tra le imprese che hanno sviluppato una strategia di sostenibilità, il 72% dichiara di aver integrato direttamente gli obiettivi Onu, contro il 10% che afferma di non averlo fatto. I tre principali obiettivi su cui le aziende italiane intervistate concentrano i propri sforzi sono il 15 (vita sulla terra), il 3 (salute e benessere per tutti) e il 16 (pace, giustizia e istituzioni forti). A fronte dell’entrata in vigore del decreto di recepimento nel nostro ordinamento della Csrd, l’83% delle aziende italiane coinvolte ha dichiarato che farà riferimento agli obiettivi nei propri report di sostenibilità. Per misurare il proprio contributo ai Global goals, il 43% delle imprese del campione italiano utilizza indicatori di performance specifici, misurabili e fissati nel tempo, mentre il 46% si limita a utilizzare semplici indicatori di performance senza obiettivi temporali e misurabilità. Un 11%, invece, non utilizza alcun tipo di misurazione. Anche questa tendenza è al centro del numero di ottobre di VITA. Per quanto riguarda i risultati concreti, il 22% delle aziende dichiara di aver già raggiunto gli obiettivi che si era prefissato sugli Sdgs, mentre il 70% afferma di essere sulla buona strada. Solo l’8% ritiene di non aver ancora raggiunto gli obiettivi stabiliti.

Commenti

I dirigenti italiani del Global compact tengono a sottolineare l’importanza di proseguire il cammino, che non è per nulla semplice: «I risultati dell’indagine dimostrano la crescente propensione del settore privato europeo nell’integrare gli Sdg nelle loro strategie aziendali. È fondamentale definire indicatori chiari per la misurazione dei propri progressi verso i Global Goals. Inoltre, coinvolgere le catene di fornitura in percorsi virtuosi di sostenibilità, a partire da attività di formazione e capacity building, sarà un elemento chiave per le aziende per aumentare l’impatto positivo del business al livello globale. Infine, orientare gli investimenti finanziari delle grandi imprese verso la sostenibilità e gli Sdg può dare un contributo importante nel mobilitare e scalare le risorse necessarie per garantire una crescita sostenibile e responsabile nel lungo periodo», ha dichiarato Marco Freypresidente del Global compact network Italia.

C’è da fare

C’è bisogno di concretezza, avverte Daniela Bernacchiexecutive director dell’Un Global compact network Italia: «Con l’Agenda 2030 che si avvicina alla sua fase finale, l’urgenza di accelerare i progressi verso gli Sdg non può essere sottovalutata. Le aziende europee hanno compiuto passi significativi nell’allineamento agli obiettivi, ma è chiaro che dobbiamo trasformare queste ambizioni in risultati concreti. Il quadro regolatorio europeo sempre più articolato e orientato alla sostenibilità, che sarà effettivo in modo graduale da oggi al 2029, offre un’opportunità unica per rafforzare l’impegno e rendere misurabili e omogenei i risultati e le performance di sostenibilità delle imprese. La collaborazione tra aziende, Istituzioni e società civile sarà essenziale per fare dell’Europa un modello di sostenibilità globale. Queste alleanze pubblico-privato-terzo settore, dunque, sono un fattore critico di successo per colmare il gap ancora esistente rispetto al raggiungimento degli obiettivi dell’Agenda 2030».

Base della ricerca

Dal punto di vista metodologico, il report è stato realizzato con un’indagine congiunta condotta da 10 Network europei Ungc, i cui dati sono stati analizzati e consolidati da Pwc France e Maghreb. Il campione totale di aziende intervistate è stato di 1.422, di cui il 52% aderenti al Global compact delle Nazioni unite. La maggior parte degli intervistati sono piccole e medie imprese (43%), seguiti da aziende a media capitalizzazione (33%). Le microimprese rappresentano il 13% degli intervistati, mentre le grandi aziende l’11%. Per l’Italia, sono state intervistate 140 imprese, di cui il 79% aderenti al Network.

Foto in apertura di Mark Basarab da Unsplash

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