Mondo

Missioni, i “tagli” della Lega

Meno militari all'estero, l'irritazione di Napolitano

di Franco Bomprezzi

La politica continua a vivere di incidenti di percorso, liti e riappacificazioni, manovre finanziarie e non solo, richieste di arresto di parlamentari, e così una notizia di rilievo per tutti gli italiani, come il decreto legge sulle missioni all’estero, rischia di passare in secondo piano. Ecco cosa scrivono oggi i giornali.

Cominciamo con AVVENIRE, l’unico quotidiano che dedica il titolo di apertura: “Mezzi accordi e veleni”, nel sommario il quotidiano cattolico sottolinea le missioni militari “dimagrite” con il sì al rifinanziamento del nostro impegno e il malumore di Napolitano che frena sul ritiro e dice no a decisioni unilaterali. A pagina 5 l’articolo di Angelo Picariello spiega i retroscena del decreto che riduce i costi nel semestre da 811 a 694 milioni e il numero degli uomini impiegati di duemila unità: «Maroni e Calderoli dubbiosi fino all’ultimo. Poi anche il premier viene loro incontro: “Ero e sono contro l’intervento”. Il capo dello Stato richiama però agli impegni presi nel Consiglio di Difesa». Un taglio basso “Ma i militari sono 7mila o 9mila?” parla del “giallo” sul numero dei militari impiegati e del “balletto di cifre” per “placare la Lega”.

Sul CORRIERE DELLA SERA neppure un richiamo in prima, e bisogna arrivare alle pagine 16 e 17 per incontrare l’argomento. “Missioni all’estero ridotte: via la Garibaldi dalla Libia rientro per duemila soldati” è il titolo che apre la doppia pagina. Racconta Maurizio Caprara: “Il provvedimento che verrà esaminato in Parlamento dalla settimana prossima dovrebbe far scendere il costo complessivo di queste operazioni e del sostegno della Farnesina in materia dagli 810 milioni di euro del primo semestre dell’anno a 668 milioni per i prossimi sei mesi. L’appoggio della Lega, che minacciava di opporsi al varo di un decreto successivo a quello scaduto a fine giugno, è stato ottenuto dal Popolo della libertà tramite il ministro della Difesa Ignazio La Russa promettendo che degli attuali 9.250 italiani in divisa adesso all’estero ne torneranno nel nostro Paese 2.078 entro il 31 dicembre”. In particolare il ritiro della portaerei Garibaldi, possibile in quanto l’aviazione di Gheddafi è stata annientata, consente il rientro di 890 militari. Scrive ancora il CORRIERE: “La Russa ha tenuto ad aggiungere che entro l’anno cominceranno riduzioni di 700 unità nella missione in Libano, alla quale adesso partecipano in 1.780, e in Kosovo. Da una scheda diffusa a Palazzo Chigi risulta che nei Balcani i militari italiani caleranno da 655 a 379, che 13 su 73 verranno via dall’Iraq. In Afghanistan, nel quale gli Usa vedrebbero male tagli al nostro contingente prima del 2012, i connazionali in divisa sono 4.200. Così resteranno quest’anno. Oltre alle incognite sulla futura sicurezza in Kosovo, non è scontato che ridurre il contingente nella missione Unifil in Libano sia gradito a Israele. La Russa ha informato che l’Italia ha proposto sostituzioni al Ghana e che l’Onu ci rioffre il comando di Unifil. È anche per dissuaderci da tagli. Il ministro però ha detto che il governo accetterà se non comporterà rinforzi. Stando a quanto affermato a Palazzo Chigi, la missione in Libia, prevista fino a settembre, è costata 142 milioni di euro nel primo semestre e scenderà a 60 nel secondo”. Una infografica coi numeri della missione in Libia a legare le due pagine, mentre a pagina 17 Marzio Breda descrive la reazione del Presidente: “La freddezza di Napolitano verso il premier e la Lega”. Scrive il quirinalista: “Dopo una mattinata di sortite contraddittorie e di disorientanti annunci di possibili retromarce, ci pensa il presidente della Repubblica a rilegittimare l’impegno italiano sui fronti caldi del mondo e a garantirne un orizzonte temporale coerente con quello fissato in accordo con gli alleati. Aveva cominciato Silvio Berlusconi, con una dichiarazione concepita probabilmente per dare soddisfazione alla Lega: «Io ero e sono contrario all’intervento in Libia, ma ho dovuto accettarlo per un intervento preciso del capo dello Stato e per il voto di due commissioni alla Camera e al Senato» . Insomma: il premier si sarebbe volentieri «affiancato alla scelta della signora Merkel» , ma si è ritrovato con «le mani legate» , soprattutto dal Quirinale. Un’uscita molto sgradevole, per Giorgio Napolitano. Sgradevole per l’incoerenza che sottintendeva, oltre che per il gioco a scaricare su spalle altrui responsabilità proprie. Il via libera alla missione, infatti, era stato sancito in due diverse sedute del Consiglio Supremo di Difesa, cui era presente (assieme a mezzo governo) pure il Cavaliere”. E aggiunge citando le parole di Napolitano: “«Stiamo discutendo di come ridurre il costo delle missioni. Ritiriamo, per esempio, dal fronte marittimo della Libia la nostra ammiraglia Garibaldi, senza nulla togliere alla continuità della nostra partecipazione» . Vale a dire che, date le difficoltà dell’economia, qualche sforbiciata di bilancio è possibile anche per le missioni. Ma chiamarci precipitosamente fuori, questo no. In particolare, secondo Napolitano, non con decisioni unilaterali. Per ora la soluzione trovata dal Consiglio dei ministri rappresenta forse un compromesso accettabile”.

LA REPUBBLICA che apre con il caso Milanese (“«Paga la casa usata da Tremonti»”) riserva alle scelte di politica estera pagina 10: “Missioni, i tagli della Lega duemila uomini e 120 milioni Napolitano: sono solo ipotesi”. Il decreto legge è stato approvato all’unanimità: «ferme restando tutte le missioni, il costo complessivo dal primo al secondo trimestre scende da 811 a 694 milioni», spiega La Russa. In Libia le spese sono più che dimezzate: il contingente diminuisce di 884 uomini e i costi scendono a 58 milioni (da 142). Leghisti esultanti: «qualche migliaio di ragazzi tornerà a casa, saranno contenti i genitori», dice il Senatur (si dice però che la Lega abbia ottenuto in cambio del voto del provvedimento, risorse per la protezione civile e per il controllo delle coste contro l’immigrazione clandestina). Ci pensa il presidente Napolitano a frenare entusiasmi chissà quanto motivati: per ridurre la presenza non ci possono essere «decisioni o ritiri unilaterali», si deve procedere «di concerto con gli organismi internazionali e le Nazioni Unite».

IL GIORNALE dedica al rifinanziamento delle missioni all’estero un articolo di Paolo Del Debbio. “Soldi alle missioni, c’è l’ok leghista” il titolo. Spiega il giornalista «e meno male che, alla fine, è prevalso il senso dello Stato e dell’Alleanza atlantica di cui facciamo parte. Almeno questo. Il governo ha finalmente varato un decreto che rifinanzia tutte le missioni italiane all’estero. Sono 700 milioni, stiamo in Libia altri tre mesi con una spesa ridotta di circa 120 milioni di euro. Tutti contenti, Calderoli certamente, La Russa, forse, di meno. E lo capiremmo bene se fosse effettivamente così. Era veramente un taglio così indispensabile ed essenziale? Non si poteva risparmiare su qualcosa di meno essenziale». Meno male, perché, sottolinea Del Debbio, «da Pontida in poi la polemica sulle missioni all’estero provocata dalla Lega non accennava a diminuire, anzi si rinfocolava ogni giorno specialmente ad opera del ministro della Semplificazione normativa Roberto Calderoli che ogni tanto semplifica un po’ troppo. Nella conferenza stampa di ieri a Palazzo Chigi ha spiegato bene il perché di questa avversione alle missioni. Ha detto che se fosse stato per lui non avrebbe fatto neanche i primi tre mesi della guerra in Libia perché “prima – ha affermato con accanto il ministro della Difesa Ignazio La Russa (chissà che contentezza deve aver provato) – penso ai nostri pensionati, alle famiglie e alle aziende, poi alle missioni”. E noi facciamo una domanda semplice semplice: ma non è il caso che siano difesi anche da chi potrebbero mettere a repentaglio le loro vite? Non sarà mica un caso che nella millenaria discussione sui compiti dello Stato nessuno abbia messo in discussione che tra i compiti essenziali, irrinunciabili, ci sia quello della difesa. In un momento di grande difficoltà il governo è riuscito a non tagliare le risorse che servono ad uno dei compiti che non può in nessun modo trascurare. Non siamo soli: c’è un alleanza, c’è la Nato. Perché nel Dopoguerra fu deciso che gli Stati avrebbero dovuto occuparsi dei diritti degli uomini di tutto il mondo. Questo è il fondamento dell’alleanza e questa è la motivazione ultima delle nostre sacrosante missioni all’estero». In conclusione ricorda «il ministro della Difesa La Russa ha giustamente ricordato che senza l’apporto decisivo dei militari italiani “ci sarebbe stata una carneficina” in spregio dei diritti umani fondamentali ma ha fatto bene La Russa a ricordare anche che «l’aumento del numero degli sfollati avrebbe ingrossato il numero di chi scappa dalla propria terra per salvarsi», riferendosi ai flussi migratori che avrebbero potuto interessarci. Meno male che ha prevalso una linea di ragionevolezza e di giustizia che molto spesso vanno a braccetto. Forse tra quei pensionati, quelle famiglie e quegli imprenditori c’è qualcuno cui stanno a cuore anche le donne e gli uomini libici». 

 “Strage low Khost”, questo il titolo scelto dal MANIFESTO che gioca sul nome della provincia in cui si è verificata una strage di civili per un bombardamento Nato e il rifinanziamento della missione in Afghanistan. “La guerra afghana, rifinanziata ieri al ribasso anche dal governo italiano, con ok bipartisan e benedizione di Napolitano, continua a far strage di civili. Quattordici, tra cui 8 bambini, sono rimasti uccisi, ieri, sotto le bombe Nato, nella provincia di Khost”, riassume il sommario che rinvia a pagina 4, dove l’apertura è dedicata al rifinanziamento con l’articolo “I soldi per le bombe si trovano sempre”. «Meno soldi per le operazioni in Libia e in Libano, ma un aumento dell’impegno in Afghanistan per garantire maggiore sicurezza ai soldati. Dopo le polemiche della vigilia, il consiglio dei ministri ha approvato all’unanimità il rifinanziamento delle missioni militari all’estero e deciso tagli pari al 15 per cento della spesa (…)» Per la missione in Libia sono stata stanziati 700 milioni «La Lega si adegua e parla di un ritiro che non c’è», sottolinea il sommario. In una colonna dedicata al presidente Napolitano si legge «Roberto Calderoli, ministro della Semplificazione normativa, come al solito la fa semplice. Ma quello che dice lui spesso non è legge, tanto più se a smentirlo più o meno indirettamente è il presidente Giorgio Napolitano. A sentire Calderoli, entro la fine di quest’anno dovrebbero rientrare a casa 2.078 dei 9.950 soldati attualmente impegnati in missioni militari. Interrogato sulla questione il presidente della Repubblica, con tono piuttosto seccato, ha precisato che per ora sono solo ipotesi, un modo elegante forse per dire che di ritiro non se ne parla nemmeno, tanto più se non concordato con gli altri paesi che stanno partecipando alle guerre in corso (…)» e conclude «Il responsabile sicurezza del Pd, Emanuele Fiano, traduce così il pensiero di Napolitano che di fatto sconfessa l’entusiasmo smobilitante del leghista Calderoli “Le dichiarazioni di vari ministri del governo su un tema così delicato – spiega – dimostrano la totale ignoranza delle regole di comportamento all’interno degli organismi internazionali. Il ritiro unilaterale delle missioni all’estero rappresenterebbe per l’Italia un ulteriore ridimensionamento del suo peso nel rapporto con gli alleati».

Alle missioni internazionali IL SOLE 24 ORE dedica la pagina 24, con un utile schemino dei vari teatri operativi in cui sono impegnati gli italiani e il numero di soldati che rientreranno. Il disimpegno maggiore riguarda la Libia (-884 unità) e il Libano (-700), mentre per ora nessun rientro previsto in Afghanistan.

“Missioni, il governo taglia. Ma Napolitano frena sul ritiro”. E’ questo il titolo scelto da LA STAMPA, taglio alto, con foto e in appoggio il fondo di Vittorio Emanuele Parisi dal titolo “Logica demagogica e provinciale”: «Un suk indegno, che svende l’onore del Paese e il sacrificio delle sue Forze Armate in cambio di qualche mese di sopravvivenza di un esecutivo vitale quanto lo era Breznev all’inizio degli Anni 80. Sicuramente il modo peggiore di rendere omaggio al caporale Tuccillo, le cui esequie sono state celebrate appena 48 ore fa, e per far sentire ai suoi commilitoni la vicinanza di quella Patria che loro difendono e altri umiliano». I servizi sono a pagina 10 e 11. Un’infografica a centro pagina porta il titolo “Gli alleati lo sapevano già. Italia ostaggio dei leghisti”. Il retroscena è affidato a Francesco Grignetti: «E stato necessario un lungo conciliabolo a Palazzo Chigi tra il ministro Ignazio La Russa e la delegazione leghista, alla notarile presenza di Gianni Letta, per sbloccare il futuro delle missioni. Il «sì» di Calderoli e Maroni non era scontato. I due ministri volevano essere certi che il risparmio ci sarebbe stato e che le missioni fossero sforbiciate sul serio». 

E inoltre sui giornali di oggi:

PROFUGHI
AVVENIRE – “Profughi: ecco l’Italia accogliente” si intitola l’inchiesta di pagina 6 dedicata ai 20mila profughi accolti in Italia e al piano della Protezione civile: un’integrazione a piccoli passi che coinvolge tutte le regioni escluso l’Abruzzo. In pochi mesi sono arrivati dal Nordafrica in 45mila. Quasi la metà è rimasta.  L’articolo di Pino Ciocola analizza la risposta positiva delle comunità e parla delle storie di umanità e coraggio a Lampedusa. 

BERLUSCONI
LA REPUBBLICA – Il premier rilascia a Claudio Tito una intervista in cui annuncia il ritiro: nel 2013 non si candiderà, il candidato sarà Alfano. Tolto questo, non ci sono grandissime novità (a parte il fatto che Berlusconi abbia parlato con un giornalista di REPUBBLICA). Con la Lega tutto ok, al Quirinale Letta («lo voterà anche la sinistra»), l’inchiesta P4 (che «finirà nel nulla»), il solito Tremonti (che «non fa gioco di squadra»), la solita nenia («abbiamo cercato soprattutto di non mettere le mani nelle tasche degli italiani»: ma quando smetteranno di usare questa espressione?, ndr.), la Struttura Delta («Non hanno condizionato un bel nulla. La Rai ci è sempre stata contro», sic!). Ah, infine, l’immancabile «partito dei giudici che si sta preparando alle prossime elezioni».

MANOVRA
IL SOLE 24 ORE – Apre sui tagli al welfare: “Dai tagli all’assistenza 5 miliardi”, è il titolo in prima. I dettagli a pagina 3: “Stretta su invalidità e reversibilità”: «Stretta alle pensioni di reversibilità e di invalidità, accompagnata dalla “centralizzazione” presso l’Inps dell’erogazione di un gran numero di prestazioni assistenziali, e dall’istituzione di alcuni indicatori «di bisogno nazionale» sul modello del Trentino. L’intera operazione di razionalizzazione dovrebbe propiziare un risparmio a beneficio della delega fiscale, e dunque della manovra, non inferiore a 5 miliardi».

TESTAMENTO BIOLOGICO
IL MANIFESTO – Richiamo in prima pagina nella parte alta del giornale subito sotto la falsa apertura sul “Lodo sala-Fininvest, Berlusconi non si arrende” per il testamento biologico “Accanimento terapeutico fino alla morte del paziente La Camera peggiora il ddl. Bersani: «Senza limiti»”. L’articolo a pagina 3 “Accanimento fino alla morte”. «Al terzo giorno di disanima e di voto, la Camera entra nel vivo della legge sul testamento biologico. Metà dell’articolo 3, il cuore del provvedimento, ieri ha superato ogni tentativo di resistenza da parte dell’opposizione. (…) la maggioranza di governo ha fatto un buon lavoro. Nel senso che, passo dopo passo, ha peggiorato tutto ciò che poteva peggiorare (…) con l’emendamento Barani-Binetti, ora le Dat servono per esprimere “orientamenti” e non “volontà”, riguardo l’attivazione di trattamenti “terapeutici” e non “sanitari”: questi ultimi, come la respirazione artificiale, non si possono rifiutare (…)».

LA REPUBBLICA – “Il diritto di decidere” è il titolo di un’inchiesta R2 a firma di Maria Novella De Luca: probabilmente la Camera approverà la legge la settimana prossima. Ci sono voluti vent’anni, 15 battaglie parlamentari, più di 20 proposte di legge. Ma il testo non soddisfa tutti: «vieta la sospensione dell’idratazione e della nutrizione ai pazienti anche in stato terminale, prevede che il malato possa indicare soltanto i trattamenti cui vuole essere sottoposto in caso di perdita di coscienza, ma non quelli che rifiuta». In pratica, sintetizza De Luca, è una norma che toglie al malato l’ultima libertà di scelta e allontana l’Italia dal resto dell’Europa. Si prevedono ricorsi e si annunciano (Mina Welby) raccolte di firme per fare un referendum. Diverso il parere di Mario Melazzini: «i malati vogliono essere curati, l’una loro paura è quella di essere abbandonati».

AVVENIRE – Parla a pagina 10 del “traguardo vicino” e della larga base parlamentare sulla legge per il fine vita. Quasi terminata la votazione dell’articolo 3 sui contenuti e i limiti delle disposizioni, l’ok della Camera è previsto per martedì. Bersani (Pd) invita a fermarsi, mentre il sottosegretario Roccella sottolinea il «consenso ampio e trasversale, ben oltre le forze di maggioranza e gli schieramenti di partito». Di «polemiche fuorvianti sul fine vita» parla nell’editoriale intitolato “L’invettiva e la ragione” Francesco D’Agostino che, dopo aver commentato l’articolo aggressivo di Stefano Rodotà pubblicato ieri su “Repubblica”, scrive: «Non si tratta di dire di no alle Dichiarazioni anticipate (che qualcuno chiama, forzando, Testamento biologico), ma di regolarle per legge in modo intelligente ed equilibrato, come capì benissimo, a suo tempo, il Comitato nazionale per la bioetica, quando formulò un parere che, proprio per il suo equilibrio, fu condiviso da laici e cattolici… È più che giusto che un medico «tenga conto» (come dice la Convenzione di Oviedo) delle dichiarazioni anticipate ed è giustissimo obbligarlo a motivare in forma scritta perché le osservi o perché non le osservi, ma non lo si può vincolare a un’ubbidienza cieca e passiva nei confronti dei desideri di un paziente incompetente, più di quanto non abbia senso vincolarlo a quelli di pazienti pur capaci di intendere e di volere. La questione è tutta qui ed è di questo soltanto che dobbiamo discutere: esaltare l’autodeterminazione nei momenti di fine vita o è un’imperdonabile ingenuità illuministica o è un ancor meno perdonabile tentativo di introdurre surrettiziamente l’eutanasia nel nostro sistema giuridico, senza avere il coraggio di chiamarla col suo proprio nome».

SCUOLA
LA STAMPA – Ricordate i precari della scuola? E le promesse del ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini: nel giro di pochi anni li assumeremo tutti? Il mondo dei giovani ha scoperto come andrà a finire: i precari verranno assunti, e loro rimarranno senza lavoro almeno per una decina d’anni. Le cifre lasciano pochi dubbi su quel che accadrà, in particolare alle superiori. Il ministero ha calcolato che per il prossimo anno scolastico, il 2012-13, ci sarà bisogno di 26 nuovi prof abilitati, in media poco più di uno per regione. In realtà in alcune regioni non hanno bisogno di nuovi prof di lettere. Accanto alla casella di Lombardia, Friuli, Piemonte e Umbria c’è scritto molto semplicemente: zero. Tutto questo e molto di più a pagina 14 a firma di Fulvia Amabile. 

GERMANIA
ITALIA OGGI – Gli interventi delle donne in divisa risultano più efficaci rispetto ai colleghi maschi. Lo riferisce una ricerca condotta dal Kriminologische Forschung-sinstut della Bassa Sassonia che ITALIA OGGI pubblica a pag 12 nel pezzo “Polizia, meglio le donne”. Secondo ’istituto per la ricerca criminologia tedesca «le signore in divisa si dimostrano più adatte a risolvere situazioni tese con minacce di violenza». Sempre secondo la ricerca «se nella squadra è presenta almeno una donna, spesso basta la sua presenza per calmare gli animi». Allora, ci scherza su ITALIA OGGI, «se fosse per i tedeschi manderebbero in Val di Susa solo poliziotte».

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