Cultura

Missionario rapito: non è opera di Abu Sayyaf

Per il vescovo di Pagadian, la diocesi in cui opera il missionario italiano, il rapimento è: "Opera di banditi della zona"

di Redazione

Non c’è “Abu Sayyaf” dietro il sequestro di padre Pierantoni. “Padre Giuseppe Pierantoni non è stato rapito dal gruppo Abu Sayyaf. Il sequestro non ha nulla a che fare con l’attuale crisi internazionale. E’ opera di banditi della zona, gruppi senza ideologie, che cercano denaro”. Lo ha detto a Fides monsignor Zacharias Jimenez, vescovo di Pagadian, diocesi nella provincia di Zamboanga del Sur (sull’isola di Mindanao, nel Sud delle Filippine) in cui si trova la parrocchia dove il 17 ottobre è stato rapito il missionario dehoniano. Le autorità civili, militari e religiose sono ancora in attesa di un segnale dai rapitori, per avviare negoziati, ma finora tutto tace. Monsignor Jimenez ha spiegato a Fides che già nell’ultima settimana di agosto i padri Dehoniani della zona avevano ricevuto minacce di sequestro e che solo l’opera di mediazione svolta da lui e dalle autorità civili avevano sventato il pericolo. Quindi, a suo parere, vanno esclusi collegamenti con la rete dell’internazionale islamica, con la crisi internazionale in corso, con il gruppo ‘Abu Sayyaf’. “I gruppi criminali della zona sono noti alla polizia. Essi però, potrebbero consegnare l’ostaggio ad altri gruppi, forse anche ad Abu Sayyaf, per trarne vantaggi logistici ed economici”, spiega il vescovo. “Il clima nella zona – continua – è di profonda tristezza. La gente è scesa in piazza e ha protestato contro il sequestro, esprimendo solidarietà. Musulmani, cristiani e indigeni sono fianco a fianco. L’evento doloroso è un’opportunità di unire maggiormente la comunità. Gli ulema sono venuti alla mia residenza ad offrirmi la loro solidarietà. La coesione dell’intera comunità si sta rafforzando”. Intanto continua l’attività dell’Interfaith Forum for Peace and Solidarity, forum islamo-cristiano che promuove il dialogo interreligioso. “Questo – afferma mons. Jimenez – è parte integrante del mio ministero episcopale. E’ un imperativo del tempo attuale”.


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