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Mission Lifeline: “224 persone a bordo aspettiamo porto di sbarco”
Arriva la conferma da parte dell'Ong dell'avvenuto salvataggio e la risposta a Toninelli e Salvini: «Abbiamo operato in acque internazionali e nel rispetto del diritto internazionale». E mentre si attende l'assegnazione del porto sicuro in cui portare in naufraghi, si teme il profilarsi di un altro "scenario Aquarius"
224 persone salvate. È questo il bilancio finale dell'operazione di salvataggio portata avanti questa mattina da Lifeline. «Abbiamo operato in acque internazionali e nel rispetto del diritto internazionale», non si è fatta aspettare la replica di Lifeline alle accuse lanciate dal Ministro dell'Interno, Matteo Salvini e dal Ministro dei Trasporti, Danilo Toninelli che via Twitter e Facebook avevano affermato che l'Ong tedesca avrebbe operato in acque libiche. In un comunicato, Lifeline ha chiesto con urgenza l'assegnazione di un porto di sbarco.
«Mission Lifeline aspetta che le autorità competenti di agire secondo le leggi internazionali e le linee guida dell'International Maritime Organization sul trattamento delle persone salvate in mare».
Inizialmente l'Ong aveva parlato di un numero di naufraghi tra i 300 e i 400. Contattata da Vita, la Guardia Costiera non ha fornito alcuna informazione rispetto all'operazione di soccorso. L'Ong ha inoltre confermato che «Con 224 persone a bordo, salvate seguendo il diritto internazionale, Lifeline è in viaggio verso nord. Poichè non c'è ancora nessun porto sicuro assegnato e nessun Comando della Guardia Costiera certificato dall'IMO, Mission Lifeline teme che si possa profilare una situazione simile a quella dell'Aquarius. I giorni di viaggio che ha dovuto fare l'Aquarius per raggiungere Valencia e il peggioramento delle condizioni delle persone a bordo hanno dimostrato che questa non può essere un'opzione. Per questo l'Ong chiede alle autorità competenti di reagire prontamente secondo il loro obbligo di designare un porto sicuro.»
Lifeline ha inoltre sottolineato, rispondendo alle accuse del Ministro Toninelli di non avere i mezzi per accogliere così tante persone a bordo che «al momento del naufragio, l'Ong era comunque l'imbarcazione più equipaggiata in tutta l'area in cui si è svolta l'operazione. A differenza di Lifeline, le imbarcazioni della cosiddetta Guardia costiera libera non hanno abbastanza strumenti di salvataggio, come ad esempio i giubbotti. Inoltre a bordo delle motovedette libiche non c'è personale medico. Mission Lifeline ha più volte chiesto agli Stati Europei di assumersi le proprie responsabilità e mandare imbarcazioni. In questo caso però, nessun'altra imbarcazione era presente, quindi l'equipaggio di Lifeline non aveva nessuna scelta se non fare il proprio lavoro in linea con il diritto internazionale».
Hermine Poschmann / MISSION LIFELINE
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