Donne che fanno la differenza

Miriam Cresta, dare ai giovani le chiavi del futuro

A tu per tu con la ceo di Junior Achievement Italia, la più vasta organizzazione non profit al mondo che prepara i giovani all'imprenditorialità: «Ho incontrato migliaia di giovani talentuosi, pieni di creatività e idee innovative. Credo nella forza delle opportunità»

di Daria Capitani

Un milione di studenti e studentesse tra i sei e i 29 anni, 15mila aziende, 10mila esperti volontari, 3856 scuole e università. Sono i numeri disseminati lungo lo stivale di Junior Achievement, la più grande organizzazione non profit che nel mondo si dedica all’istruzione economica e imprenditoriale dei giovani, una realtà che a febbraio è stata nominata per il Premio Nobel per la Pace. A portarla in Italia, più di vent’anni fa, la scelta coraggiosa di una donna. È Miriam Cresta, ceo di JA Italia: «Vengo da una famiglia semplice, sono cresciuta in un Comune di 6mila abitanti nella provincia lombarda. L’espressione ascensore sociale? Non mi piace. Partire da una situazione sociale o economica di svantaggio non deve essere uno stigma. Credo nella forza delle opportunità e nel potere generativo dell’autonomia di scelta».

Oggi ispira bambini e ragazzi incoraggiandoli a seguire i propri sogni e a trovare la propria strada. Quando era lei una giovane donna impegnata a immaginarsi un futuro, che cosa l’ha portata ad avvicinarsi a al Terzo settore?

Ero poco più che maggiorenne quando ho iniziato a occuparmi di sociale, ricoprendo il ruolo di consigliere per le Politiche giovanili nel mio Comune: un bellissimo cantiere in cui politica e sociale andavano di pari passo. Ho scoperto così la mia vocazione per il settore, contribuendo allo sviluppo di progetti per la collettività: ho sempre amato la forte correlazione tra azione e impatto. Trent’anni fa non esisteva il manager del non profit, era difficile persino spiegare ai coetanei il mio mestiere. Dopo qualche anno sono approdata in Fondazione Sodalitas, lavorando a fianco di imprese e dirigenti impegnati nella promozione della leadership aziendale per lo sviluppo sostenibile e la crescita della comunità. Questo percorso si è rivelato altamente formativo, coinvolgente e ispiratore: la Fondazione era già allora guidata dai principi dell’inclusività e della parità generazionale. Da qui sono nate esperienze di valorizzazione manageriale delle organizzazioni non profit e delle loro risorse, oltre alle prime policy italiane sulla responsabilità sociale d’impresa. Ho sempre amato gli aspetti pionieristici della mia professione: per questo ai ragazzi consiglio di lavorare sull’ibridazione, un approccio fondamentale in un mondo che si evolve velocemente.

Cosa l’ha spinta a portare in Italia la più vasta organizzazione non profit al mondo dedicata alla preparazione dei giovani all’imprenditorialità e al loro futuro lavorativo?

I giovani nella nostra società rappresentano un cluster su cui si concentra tanta aspettativa che però non si traduce sempre in un vero investimento: vengono relegati ad alcuni ambiti specifici. Nei primi anni Novanta, Junior Achievement Worldwide, una delle più influenti organizzazioni non profit a livello globale, stava consolidando la propria presenza in Europa, promuovendo un modello di collaborazione tra scuole e imprese. L’idea di offrire un apprendimento pratico e immersivo nei settori dell’imprenditorialità, della preparazione al lavoro e dell’educazione finanziaria mi ha da subito affascinata. Portare questi valori dagli Stati Uniti all’Italia rappresentava una sfida imperdibile per una trentenne entusiasta. JA mi ha dato fiducia, consentendomi di fondare la sede italiana dell’organizzazione. Il settore dell’educazione economica, imprenditoriale e finanziaria era ancora inesplorato in Italia, ho abbracciato la sfida, contribuendo a dare dignità manageriale a una professione che oggi i giovani possono intraprendere e innovare. Nel 2024 abbiamo offerto oltre 400mila esperienze educative a giovani dai cinque ai 19 anni, aiutandoli a riconoscere le opportunità e a costruire un futuro promettente.

Quanto la sua storia personale ha influenzato il suo impegno? E in che modo Junior Achievement ha cambiato il suo sguardo sul mondo?

I miei genitori mi hanno trasmesso il valore della conoscenza e della dedizione allo studio, un insegnamento che rispecchia profondamente la mia visione. Oggi lavoro per una ngo nominata per il quarto anno consecutivo al Premio Nobel per la Pace, un’organizzazione con una leadership mondiale capace di innovare e generare un impatto sociale. È come un virus positivo, è contagioso.

Da tempo si parla di leadership femminile come di un modello che enfatizza empatia, intelligenza emotiva e collaborazione. Ma queste qualità non sono esclusive di un genere, possono essere coltivate da chiunque

Miriam Cresta, ceo di Junior Achievement Italia

C’è una storia che le ha dato la misura dell’impatto del suo lavoro?

Ho incontrato migliaia di giovani talentuosi, pieni di creatività e idee innovative. Arbjon Sina, un ragazzo originario dell’Albania, grazie al programma Impresa in Azione di Junior Achievement, ha intrapreso una brillante carriera internazionale. Oggi è un manager visionario, capace di guidare la propria azienda verso nuove frontiere e con l’ambizione di diventare amministratore delegato. Per JA Italia mette a disposizione il proprio tempo e la propria competenza sotto forma di mentoring per gli studenti e ha da poco fatto il suo ingresso nel consiglio di amministrazione. Un’altra storia che mi ha colpito particolarmente è quella di Mame Maty Gning, una ragazza bergamasca di origine africana che dopo il liceo ha avviato una start up con una coetanea ed è stata premiata tra i 50 studenti migliori al mondo. Un progetto intercettato tra i banchi di scuola può attivare il coraggio per mettersi in gioco.

La leadership femminile ha caratteristiche specifiche nel Terzo settore?

Credo che la leadership non sia una questione di genere e che nel Terzo settore la presenza femminile ai vertici sia in linea con altri ambiti. Da tempo si parla di leadership femminile come di un modello che enfatizza empatia, intelligenza emotiva e collaborazione, producendo effetti positivi sulla collettività. Tuttavia, queste qualità non sono esclusive di un genere, ma possono essere coltivate da chiunque. La mia idea di leadership è partecipata, si basa sullo scambio e sul supporto reciproco. Nella mia carriera sono stata ispirata sia da uomini che da donne, entrambi capaci di affrontare le sfide con determinazione.

Quali sono le sfide per chi lavora oggi nel suo ambito?

Tutte le organizzazioni, siano esse imprese, istituzioni o realtà del Terzo settore, devono crescere e svilupparsi in un contesto complesso e competitivo. Le transizioni digitali e green stanno ridisegnando ogni settore, e per il non profit la sfida principale è quella della sostenibilità. In questo contesto, la leadership si basa sulla fiducia e sulla capacità di creare una legacy duratura. Spesso, nel Terzo settore, emerge la figura del leader più che il lavoro del team. Tuttavia, i successi di un’organizzazione non derivano mai dall’operato di una sola persona, ma dalla sinergia di un gruppo coeso.

Sente la responsabilità, in quanto leader, di rappresentare un’istanza femminile?

Sento questa responsabilità soprattutto nei confronti delle giovani studentesse, delle insegnanti e delle collaboratrici che incontro ogni giorno. La fiducia nelle mie capacità, il supporto di professioniste esperte e le relazioni costruite nel tempo sono stati fondamentali nel mio percorso. Credo molto nel give back e adotto un approccio da coach, motivando le mie colleghe con empatia e pragmatismo. Parte di questa responsabilità consiste anche nel rendermi disponibile per interviste come questa, per ispirare altre giovani donne che non posso raggiungere direttamente.

Cosa rappresenta per lei l’8 marzo?

Una ricorrenza preziosa, un’occasione per ricordare che le conquiste sociali e lavorative delle donne sono recenti e mai scontate. Soprattutto, è un momento per essere grate alle donne che, con sacrificio e determinazione, hanno reso la nostra società più equa e inclusiva.

Che cosa augura alle giovani donne in particolare?

Di non dimenticare le barriere culturali e sociali che sono state superate grazie alle generazioni precedenti e di farsi carico delle nuove sfide di questo tempo. E di girare il mondo, per aprirsi ad altre esperienze e culture. È un augurio che vorrei estendere anche ai giovani uomini, che forse più delle ragazze hanno bisogno oggi di nuovi modelli a cui ispirarsi.

Le fotografie sono di JA Italia

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