Istruzione
Minori stranieri non accompagnati, solo uno su cinque va a scuola
Il 30° Rapporto sulle migrazioni, realizzato dalla Fondazione Ismu, propone un focus specifico sugli Msna e il loro livello di istruzione e inclusione sociale. Gli studenti con background immigrato in Italia tendono ad avere un profilo socioeconomico più svantaggiato rispetto agli studenti italiani
di Redazione
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Soltanto un minore straniero non accompagnato – Msna su cinque, tra il 2020 e il 2022, ha avuto accesso al sistema scolastico italiano (21%) ovvero a percorsi frequentati da coetanei nativi e che offrono la possibilità di acquisire un titolo di studio. La statistica emerge da un campione di circa 3.400 Msna censiti sul territorio italiano ed è uno dei numerosi dati contenuti nel 30° Rapporto sulle migrazioni realizzato dalla Fondazione Ismu e presentato da Francesco Crippa su VITA nei giorni scorsi. Una sezione del report è stata dedicata alla ricostruzione delle traiettorie degli alunni con background migratorio e ha considerato le difficoltà e le disuguaglianze che essi sperimentano.
Le disparità nei tassi di scolarizzazione degli stranieri e degli italiani (all’infanzia come nel triennio delle secondarie di secondo grado) segnalano una scuola in cui accesso e abbandono precoce sono tratti distintivi degli alunni con cittadinanza non italiana in entrata e uscita dal sistema scolastico. Anche considerando i corsi di primo livello (corrispondenti alla secondaria di primo grado) e secondo livello (secondaria di secondo grado) attivati per un’utenza adulta presso i Centri provinciali per l’istruzione degli adulti – Cpia, solo il 18% del campione risulta inserito. La maggioranza (55%) si trova a frequentare un corso di alfabetizzazione in lingua italiana, prevalentemente presso il centro di accoglienza in cui vive o all’interno di un Cpia, frequentando cioè ambienti formativi segregati con soli Msna o stranieri e senza poter ottenere un titolo di studio. Non trascurabile (6%) è infine la quota di Msna non coinvolti in alcuna delle attività educativo-formative e, dunque, fuori da qualsiasi tipo di programma di apprendimento.
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Un indicatore di grave disparità, si legge nel Rapporto, è rappresentato dal ritardo scolastico degli alunni con cittadinanza non italiana. Dall’anno scolastico 2005/2006, cioè da quando sono pubblicati i dati a riguardo, il ritardo si è ridotto progressivamente, con un miglioramento soprattutto alle scuole secondarie di primo grado (con una diminuzione della distanza tra italiani e stranieri di circa 25 punti percentuale), seguite dalle secondarie di secondo grado e dalle primarie. Nel complesso, tuttavia, il ritardo tra i non italiani rimane ancora elevato, soprattutto nelle secondarie di secondo grado in cui quasi la metà degli studenti di origine immigrata è in ritardo di uno o più anni (48%).
Rispetto all’abbandono precoce degli studi e alla lontananza dal sistema formativo e lavorativo, i dati dell’Eurostat su Early leavers from education and training – Elet, ovvero i giovani che si sono fermati alla scuola secondaria di primo grado, mostrano che nonostante la riduzione del divario tra nativi e non nell’ultimo decennio, nel 2022 gli Elet nati all’estero erano ancora il 28,7% dei 18-24enni stranieri, ovvero il triplo degli autoctoni, che sono scesi al 9,7%. Per quanto concerne i “giovani in condizione di Neet”, il trend mostra stabilità, con una quota di Neet nati all’estero che si attesta al 29% del totale di tali giovani tra i 15 e i 29 anni, residenti in Italia: circa il doppio degli italiani (17,9%). Lo svantaggio a sfavore degli stranieri è peggiorato in una decade di circa un punto percentuale.
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Guardando alle scelte scolastiche nel passaggio tra secondarie di primo e secondo grado, nel tempo gli alunni con background migratorio hanno sempre più somiglianze con gli autoctoni, anche se alcune distanze permangono. Nelle ultime decadi, i dati mostrano che gli studenti di origine immigrata sono rimasti una componente stabile degli istituti tecnici (+4,4% dal 2002/2003 al 2022/2023), mentre contemporaneamente si è ridotta la quota negli istituti professionali (-15,9%) ed è cresciuta quasi in eguale misura la presenza nei licei (+11,5%).
Nell’anno scolastico 2022/2023, il 33,4% degli iscritti non italiani nel secondo ciclo di istruzione è costituito da liceali a fronte, tuttavia, del 53,7% di iscritti fra gli italiani, con una sovra-rappresentazione di questi ultimi: tali dati, come diversi studi quantitativi e qualitativi mettono in luce, rivelano quanto i consigli orientativi e le scelte scolastiche tendano a essere influenzati dal background migratorio e dallo status socioeconomico degli studenti, più che dalle loro effettive capacità. «Ciò significa che gli studenti, figli di immigrati e/o provenienti da famiglie svantaggiate, hanno maggiori probabilità di essere indirizzati verso l’istruzione e formazione professionale», si legge nel Rapporto.
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In merito all’analisi degli apprendimenti, dall’indagine internazionale Oecd-Pisa (che rileva le competenze dei quindicenni), si evince che dal 2000 al 2022 la percentuale di studenti di origine immigrata è ampiamente aumentata, passando dallo 0,8% del 2000 al 7,5% del 2012, sino all’11% del 2022. Gli studenti con background immigrato in Italia tendono ad avere un profilo socioeconomico più svantaggiato rispetto agli studenti italiani: mentre il 25% di tutti gli studenti è considerato svantaggiato a livello socioeconomico, la quota corrispondente tra gli studenti con un background immigrato sale al 52%. Per quanto riguarda le disparità, si nota che in Matematica la differenza media di rendimento tra studenti immigrati e no è di 30 punti a favore degli studenti italiani, in Lettura è di 31 punti sempre a favore degli studenti non immigrati.
Se però si guardano i dati dell’ultimo Rapporto Invalsi 2024, la situazione al termine del secondo ciclo di istruzione, ovvero nella classe quinta secondaria di secondo grado, appare più sfumata e meno problematica su alcune materie. Nelle analisi delle prove, Invalsi isola il peso associato al background migratorio sugli esiti, stimando l’effetto a parità di tutte le altre condizioni.
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Nell’ultimo triennio, in Italiano, gli allievi stranieri di prima generazione hanno conseguito in media un esito significativamente più basso di uno studente tipo di circa 9 punti (precisamente -9,3 nel 2024), mentre la distanza tra gli studenti di seconda generazione e gli italiani si attesta su livelli inferiori (-7,6 nel 2024), anche se permane una situazione di svantaggio linguistico. In Matematica, invece, le prime generazioni conseguono mediamente un esito più basso dello studente tipo di 2 punti, mentre le seconde generazioni hanno un esito più basso di 3 punti (il dato è costante negli ultimi due anni). Lo svantaggio in Matematica risulta dunque meno problematico e la prima generazione va ancora meglio della seconda.
«Dopo trent’anni di ricerche, studi e pubblicazioni sulle scuole multiculturali, i traguardi raggiunti ci rincuorano ma le disuguaglianze persistenti continuano a preoccuparci», sottolinea il Rapporto nelle riflessioni conclusive. «Nonostante da tempo siamo in ascolto e proviamo a fungere da cassa di risonanza per le storie e le esperienze autobiografiche degli studenti e delle studentesse con background migratorio tra difficoltà e successi, oggi si sta vivendo, senza dubbio, un tempo nuovo e di grande cambiamento, sia sul fronte degli studenti sia sul versante dei docenti. Come afferma la scrittrice Espérance Hakuzwimana nell’introduzione del suo recente libro “Tra i bianchi di scuola” (2024), le nuove generazioni appartenenti a minoranze politicamente razzializzate o etnicizzate in Italia stanno esprimendo appieno il loro protagonismo, cambiando egregiamente le cose, chiedendo maggiori spazi di voce, di riconoscimento, di partecipazione e di cittadinanza».
In foto, un’attività del programma Upshift, sviluppato da Unicef e JA, che si rivolge a studenti a rischio di dispersione scolastica, Neet, ragazzi con famiglie fragili o fuori famiglia, minori stranieri non accompagnati, giovani migranti e rifugiati.
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