Famiglia
Minori stranieri allo sbando. Piccole ombre nelle nostre citt
Per la Caritas sono circa 15mila, ma nessuno sa dire con esattezza quanti siano i minorenni immigrati senza genitori in Italia (di Stefano Arduini e Benedetta Verrini).
Nessuno sa quanti siano, dove vivano e quale sia il loro futuro e il loro passato: la legge li chiama minori stranieri non accompagnati (ovvero che hanno varcato le nostre frontiere soli o in compagnia di adulti non legalmente responsabili per loro), ma in realtà sono alieni. Che però non vivono in galassie lontane, ma nel cuore delle nostre città: Torino, Roma, Milano soprattutto. E come gli alieni sono piccoli, non per stazza però, ma per età, e inafferrabili.
La guerra dei numeri
Il ministero del Welfare tramite il Comitato per i minori stranieri parla di 7.921 segnalazioni (al 31 gennaio 2002). La Caritas per bocca di Giancarlo Curzi, responsabile dell?Ufficio servizi sociali e promozione umana, calcolatrice alla mano, moltiplica per due: «Non penso di allontanarmi troppo dal vero se indico in 15mila il numero dei minorenni non accompagnati presenti in Italia». Numeri incerti per un allarme sempre più rosso. Elena Rozzi ha curato per Save the Children il dossier sui minori stranieri: «Non mi azzardo a indicare un numero, ma di sicuro stanno aumentando, si abbassa invece l?età di ingresso, e se prima l?86% era di sesso maschile, adesso siamo di fronte a un?inversione di tendenza. Molte bambine finiscono nel racket della prostituzione». Insieme all?accattonaggio e allo spaccio di droga le attività più premianti «per chi è stato mandato in Italia con l?obiettivo di guadagnare e spedire i soldi ai genitori», aggiunge. Ovviamente non tutti questi giovani sono preda della microcriminalità, c?è anche chi frequenta la scuola o lavora, malgrado gli ostacoli di legge.
Pasticcio legislativo
La Bossi-Fini ha infatti dato un colpo di spugna alla legislazione precedente che, una volta scaduto il visto per il minore consegnava all?illegalità i giovani stranieri anche quando questi erano inseriti scolasticamente o professionalmente. Non ha però sciolto la matassa, visto che adesso si può rinnovare il visto salvo dimostrare (come?) di essere in Italia dall?età di 15 anni e di seguire un percorso di inserimento certificato da almeno 24 mesi. Una procedura evidentemente impraticabile per molti ragazzi e così le nostre stazioni si stanno ingolfando di giovanissimi allo sbando.
Le istituzioni nel frattempo navigano a vista: i tentativi di rimpatrio assistito stanno naufragando uno dopo l?altro. Chiara Saraceno, ex presidente della Commissione Povertà e professore di Sociologia della famiglia all?Università di Torino, accusa la nuova legge di «non considerare gli interessi del minore. L?obiettivo di questa norma infatti è quello di dare un giro di vite alla clandestinità, senza considerare i diritti all?inserimento sociale dei più giovani, sanciti peraltro dalle convenzioni internazionali». D?altro canto Giovanna Zincone, ex presidente della Commissione per l?Integrazione e attuale responsabile di Fieri, istituto di ricerca sull?immigrazione, riconosce che «la via dell?integrazione è l?unica percorribile». Le istituzioni locali però hanno altri progetti: da Torino giunge la notizia che i minori infraquattordicenni che commettono reati saranno chiusi in una struttura comunitaria protetta in vista del rimpatrio. La miccia è accesa e la bomba potrebbe presto scoppiare nei palazzi romani.
Bicamerale in allarme
Alla Commissione Bicamerale per l?infanzia, che sta svolgendo da mesi un?indagine sull?abuso e lo sfruttamento dei minori, il problema è stato identificato con un?espressione significativa: ?bambini ombra?. «Cosa fare di questi bambini, laddove si accerti che sono abbandonati?», ha domandato il vicepresidente Piero Pellicini ai colleghi, durante un?audizione del sottosegretario agli Interni, Alfredo Mantovano.
«è chiaro che ci siano difficoltà ad affrontare un fenomeno come questo», commenta Ernesto Caffo, neuropsichiatra infantile e presidente di Telefono Azzurro. «Si è passati da una rimozione del problema, quasi non esistesse, a una presa di coscienza sempre più allarmata. E le risposte ancora non ci sono».
Per dare un?indicazione forte al Parlamento, la Bicamerale sta preparando un atto d?indirizzo per l?istituzione di un Garante per l?infanzia che verifichi «il trattamento dei minori stranieri e gli interventi di accoglienza».
Telefonate al 114
Ma basterà? L?inadeguatezza delle misure amministrative a sostegno dei piccoli stranieri è emersa con particolare forza in questo primo mese di sperimentazione del 114, il numero d?emergenza per i minori. «Molte persone, a Milano, hanno chiamato per segnalare la presenza di bambini ai semafori o sfruttati per l?accattonaggio», racconta Caffo. «Ma poi gli agenti hanno il problema di dove portarli. E le strutture d?accoglienza quello di far sì che non tornino subito sulla strada». Un rischio che a Roma stanno tentando di risolvere con il Centro contro la mendicità. Molte difficoltà dipendono anche «dalla complessità del problema», prosegue Caffo, «che riguarda bambini con esperienze traumatiche sulle spalle. Ed è multifattoriale: può essere il portato dell?immigrazione clandestina o il frutto della criminalità organizzata. Il risultato, spesso, non cambia. Bambini soli, vittime di sfruttamento».
Un quadro allarmante, in cui finora si è fatta strada più l?idea del controllo che dell?aiuto: «Se consentissimo un permesso di soggiorno per minore età senza limiti, diventeremmo destinatari di minori abbandonati, in danno anzitutto dei minori stessi», ha detto Mantovano alla Bicamerale, riferendosi alla discussione sui permessi di soggiorno innescata dalla Bossi-Fini. La rigida applicazione della legge sull?immigrazione, d?altra parte, non rappresenta la soluzione. «Occorrono strumenti differenziati, risorse e sinergie tra istituzioni e privato sociale» riflette Caffo. «Serve una collaborazione a livello europeo, per individuare gli spostamenti e i maggiori canali di partenza. E in Italia bisogna predisporre una rete di accoglienza e cura. A un bambino raccolto dalla strada non si può semplicemente dare un posto letto e associare una scheda con nome».
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