Famiglia

Minori a rischio, la Garante: “In Italia si allontana poco”

Carla Garlatti, magistrato di lungo corso e giù presidente del Tribunale per i Minorenni di Trieste, parla dei bambini delle famiglie disagiate durante il lockdown e delle difficoltà della tutela in una fase in cui la scuola e le altre agenzie educative erano bloccate. Siamo il Paese, ricorda, che in Europa allontana meno i bambini in difficoltà. E ribadisce la necessità di rilanciare l'affido dopo Bibbiano

di Giampaolo Cerri

Carla Garlatti è l’Autorità Garante per l’infanzia e l’adolescenza. Magistrato di lungo corso, prima di essere chiamata in questo ruolo, presiedeva il Tribunale per i Minorenni di Trieste. L’abbiamo sentita sull’emergenza minori che risalta in questa nuova fase post-pandemica.

Durante i lockdown e con la scuola in dad, l’attività di tutela dei bambini e dei ragazzi a rischio è stata di fatto sospesa e si teme di fare i conti, nel breve, a molte situazioni di disagio conclamato. Sullo sfondo, un tema mondiale, coi tanti nuovi orfani del Coronavirus (100mila nel solo Perù, come ha scritto la Bbc, ndr) e l’appello accorato di papa Francesco “a correre il rischio dell’accoglienza”, ossia a rispondere come si può a questo bisogno. Le sue riflessioni sono inserite in un’inchiesta più ampia che trovate su Vita di febbraio, sul tema “Nel nome del figlio”, che trovate in edicola, libreria e potete acquistare qui. Di seguito la conversazione più estesa, con Carla Garlatti.

Garlatti una grande emergenza, tanto da muovere anche Francesco.

Certo, mi è piaciuto il messaggio del Santo Padre che parla di accoglienza, in senso ampio, delle famiglie che devono restare aperte. Mi ha fatto pensare a come era nato l’istituto dell’affido in Italia, negli anni ’40, quando era stato normato ciò che nella realtà avveniva, magari nel nostro Sud, e cioè delle madri impegnate nel lavoro e che chiedevano alla vicina di casa, di tenere i loro figli. Perché è dall’affido che si può ripartire.

Non è un gran momento per l’affidamento famigliare, però

Questo istituto ha perso attrattività soprattutto per fatti che sono ancora sub-iudice (l’inchiesta di Bibbiano, ndr) ma che, se accertati, sarebbero gravissimi e le famiglie che erano disponibili all’affido, oggi non lo sono più o, se si aprono all’affido, vivono quest’esperienza con una certa difficoltà, senza serenità. È un vulnus all’accoglienza. Dovremmo fare crescere questa disponibilità, nelle famiglie e anche nei singoli individui, che potrebbero avvicinarsi a questo istituto, occorre insomma rilanciare l’affido.

Garante, che cosa è successo in pandemia ai minori a rischio?

Ovviamente sono venute meno le “sentinelle” rappresentate dalla scuola, dall’ambiente sportivo, dalla parrocchia. Ci sono state minori denunce e una minore attivazione del Servizio sociale. In una seconda fase, si è lentamente ripreso.

Potrebbero esserci più allontanamenti in una fase post-pandemica?

Ovviamente non ho la sfera di cristallo ma potrebbe essere così. Ricordo che l’Italia, in Europa, è uno dei Paesi che allontana meno minori e questo non è detto che sia un dato positivo: potrebbe essere cioè indicativo di una minore attenzione. Perché le famiglie disfunzionali purtroppo esistono.

L’allontanamento dei minori è ormai un tabù.

Io sono sempre stata convinta che il bambino debba rimanere il più possibile dentro la sua famiglia ma fin quando il contesto non è nocivo, allora è suo interesse esserne allontanato, come ci ricorda la Convenzione Onu sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza.

Dottoressa, lanciamo un messaggio a quanti si vogliano aprirsi all'affidamento famigliare.

Il messaggio che rivolgerei a una coppia che si candida all’affido è quello di prepararsi a separarsi un giorno da quel bambino, che deve rientrare nella famiglia d’origine non appena questa abbia superato le sue difficoltà.

Viceversa, alla coppia che si prepara all’adozione?

Ricorderei che deve essere preparata a molte difficoltà: si tratta di bambini che hanno alle spalle un vissuto difficile e di quelli che provengono dal percorso dell’adozione internazionale non si sa quasi nulla. È difficile, per esempio, avere la cartella clinica del bambino, o avere notizie sulla sua salute. Le famiglie che si candidano all’adozione devono prepararsi a grosse difficoltà, non è purtroppo la storia del Mulino Bianco. Soprattutto direi di prepararsi a chiedere aiuto, di non esitare a farlo subito.

Giusti richiami, l’accoglienza ha però anche aspetti positivi…

Credo che le gioie che possono derivare dall’accoglienza di un bambino siano incommensurabili. Offrire un luogo accogliente a un bambino che non ne ha, è una soddisfazione enorme. Però bisogna essere preparati. Mi associo all’invito del Papa: bisogna correre il rischio dell’accoglienze, essendo ragionevolmente coraggiosi e preparati. E bisogna non aver paura di chiedere aiuto.

Foto by charlesdeluvio on Unsplash

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