Formazione

Minoranze oppresse ma non rassegnate

Baschi e catalani, nordirlandesi e bretoni, corsi e sloveni hanno discusso i problemi dei popoli minacciati

di Paolo Giovannelli

Indiani d?America, curdi, bretoni, zingari, armeni, corsi, saharawi, indigeni dell’Amazzonia e del Borneo, tuareg, musulmani di Bosnia e, non da ultimi, italiani dell?Istria. Le questioni etniche costituiscono uno dei nodi dell?età contemporanea. A Barcellona dal 20 al 22 novembre si è svolta la Terza assemblea della Conferenza delle nazioni senza stato d?Europa (Conseu). Vi hanno preso parte relatori baschi, catalani, irlandesi, valdostani, corsi, bretoni e sloveni, che hanno analizzato l?accordo di pace nordirlandese e la questione basca. «La Conseu», spiega il presidente della sezione italiana dell?Associazione per i popoli minacciati, Alessandro Michelucci, «è nata agli inizi degli anni ?80, promossa dal ?Centre internationai Escarré per a les Minorie etniques i Nacionals? (Ciemen) di Barcellona, e vuole costituire un polo di riflessione per ogni piccola realtà non statuale, specie d?Europa». L?Associazione per i popoli minacciati nacque invece ad Amburgo nel 1970 (?Gesellschaft fur bedrohte Vblker?, GfbV) fondata da due studenti. L?obbiettivo era semplice e ambizioso: difendere le minoranze etniche, linguistiche e religiose, senza confini geografici né ideologici. Era il tempo del Biafra, del Bangladesh e dell?Eritrea, mentre in Europa la minoranza basca veniva repressa dal regime franchista e i lager sovietici traboccavano di oppositori appartenenti a minoranze etniche e religiose. Ora l?Associazione ha sedi in Austria, Bosnia, Germania, Lussemburgo, Svizzera e in Italia (C.P. 6282, 50127 Firenze – tel. 055-485927). Nel 1993 ha ottenuto lo status di membro consultivo al Consiglio economico e sociale dell?Onu (Ecosoc). Ma che rapporto ha l?Italia con le ?sue? minoranze etniche e linguistiche? «L?articolo 6 della Costituzione ?La Repubblica tutela con apposite norme le minoranze linguistiche?», afferma Michelucci, «non ha mai ricevuto applicazione, anche perché il legislatore non ha mai specificato quali siano tali minoranze. Inoltre mentre la Francia, Paese tuttora coloniale, sembra disposta a firmare la Carta europea per le lingue regionali e/o minoritarie approvata nel giugno ?92 dal Consiglio d?Europa e in vigore dal 1° marzo, la posizione dell?Italia, che non ha neanche manifestato tale intenzione, rischia di diventare di retroguardia». In Italia vivono tre milioni di persone appartenenti a minoranze etnico-linguistiche, fra cui Rom, sloveni, valdostani, sudtirolesi, albanesi del Meridione, occitani del Piemonte, croati del Molise, friulani, sardi (per i quali è da poco in vigore la legge che istituisce il bilinguismo negli uffici pubblici). E poi la questione dei 30 mila italiani d?Istria: «Abbiamo avuto presidenti della Repubblica», rimarca Michelucci, «che hanno finto di non sapere di loro. E così, con il croato Tudjman, i problemi sono più gravi che mai: l?insegnamento bilingue viene soffocato e gli italiani sono bollati come irredentisti. Cosa totalmente falsa: in realtà, gli italiani istriani desiderano solo che la loro cultura sia rispettata da Zagabria».


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