Non è giusto che i bandi Inail per la sicurezza escludano il non profit, e per questo l'Uneba (Unione nazionale istituzioni di assistenza sociale) si è appellato al ministero del Lavoro, Giuliano Poletti, che però finora non ha ancora risposto.
Si tinge quindi di grottesco la vicenda del bando
Inail Incentivi per la sicurezza (ISI) 2014, che mette a disposizione la cifra record di 300 milioni di euro per migliorare proprio la sicurezza nei luoghi di lavoro ma esclude gli enti non profit; richiede infatti come requisito per partecipare l’iscrizione alla Camera di Commercio registro imprese, mentre gran parte degli enti socioassistenziali e sociosanitari hanno natura di associazione o fondazione.
Una discriminazione odiosa rivolta proprio contro realtà che della sicurezza del personale e degli assistiti fanno una bandiera, e che avrebbero tutti i titoli per partecipare al bando. Per questo Uneba lo scorso 14 aprile ha inviato una lettera, a firma del presidente Maurizio Giordano, alla Commissione interpelli presso il Ministero del lavoro per chiedere di adottare criteri interpretativi e direttivi a cui devono attenersi i bandi dell’Inail.
“Escludere (dai bandi) questa importante area del Terzo Settore”, ha scritto Uneba, “che assume grande rilievo nella attuale fase critica delle finanze pubbliche e di ripensamento del welfare, ne limita la possibilità di migliorare le condizioni di salute e sicurezza sul lavoro, con danno sia dei lavoratori che degli stessi assistiti, e viola la libertà di concorrenza”.
L'iniquità del bando Inail ha tra l'altro già fatto le prime “vittime”, visto che proprio a motivo della mancata iscrizione al Registro Imprese una fondazione associata a Uneba ed impegnata in attività socioassistenziale si è vista rifiutare da Inail l’accesso al bando. La stessa Inail, oltretutto, non ha mai risposto a un'altra richiesta di rimozione di questa discriminazione verso migliaia di fondazioni e associazioni, che hanno caratteristiche e organizzazione delle imprese, e in moltissimi settori sono sottoposte alla stessa legislazione delle altre imprese. E attraverso l’iscrizione nel Registro persone giuridiche e al Rea della Camera di Commercio sono ugualmente sottoposte a controllo e obbligate alla trasparenza.
Che senso ha, allora, questa discriminazione contro il non profit? Caro ministro Poletti, aspettiamo una sua risposta.
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