Formazione
Ministro, a scuola premiamo il cuore
I volontari di don Oreste Benzi scrivono al responsabile della Pubblica istruzione sulla carriera dei docenti. «Incentiviamo chi si spende con i ragazzi non chi si accaparra titoli». Ci vogliono mae
No agli aumenti di stipendio ai ?superdocenti? che vantano decine e decine di titoli; sì invece ai riconoscimenti anche economici agli insegnanti che dimostrano di sapersi relazionare in modo autentico con gli alunni e di spendere tempo ed energie per realizzare progetti educativi e non solo didattici. Premiamo il ?cuore?, insomma, unica vera garanzia di un insegnamento efficace. La proposta arriva dall?associazione Comunità Papa Giovanni XXIII, presieduta da don Oreste Benzi, ed è qualcosa di più dell?opinione di un?associazione che da trent?anni si occupa di giovani.
È il contributo di chi ogni giorno si spende con i ragazzi di tutte le età e le condizioni sociali; cominciando da quelli a rischio, avuti in affidamento dai tribunali dei minori. In realtà l?idea vuole essere un contributo concreto al dibattito che si è acceso dopo il concorso indetto (e poi sospeso) per i docenti di ogni ordine e grado. «Sono disponibile al confronto e a nuovi suggerimenti», ha detto il ministro della Pubblica Istruzione Luigi Berlinguer all?indomani dello stop al maxiconcorso. E una delle prime proposte ad arrivare sul tavolo del Ministro è stata proprio quella della Comunità Giovanni XXIII; proposta non marginale, visto che ridiscute i criteri per l?assegnazione degli incentivi partendo da due constatazioni: la prima, che nella scuola ci sono insegnanti che cercano in ogni modo di migliorare la propria professionalità per amore del proprio lavoro e dei propri studenti. La seconda, che le famiglie esprimono una forte richiesta educativa alla scuola. Se questo è vero, allora non va premiato chi accumula ?titoli?, ma chi insegna con amore e passione, misurabili in termini di tempo e di impegno personale.
«La nostra proposta ipotizza dei ?crediti temporali?», spiega Ferdinando Ciani, responsabile del settore scuola dell?associazione di don Benzi, «che devono essere assegnati agli insegnanti che decidono di spendere un monte ore oltre il proprio orario per incontrare i propri allievi, dialogare con loro, affrontare problematiche che stanno a cuore ai ragazzi, creare opportunità relazionali e culturali in base ai bisogni personali, rilevati dal consiglio di classe o su richiesta dei ragazzi stessi o delle famiglie».
L?impegno aggiuntivo sarà tradotto in benefici economici e crediti professionali spendibili in concorsi, mobilità, periodi di formazione; insomma, si potranno pagare di più gli insegnanti che fanno un aggiornamento mirato e non generico, che offrono ore aggiuntive per stare con i ragazzi; insegnanti che magari non hanno tempo di prepararsi per un maxi quiz perché impegnati a fare i vice-genitori, gli psicologi, i babysitter dei loro alunni; insomma a tamponare le difficoltà della famiglia.
«È di questo che ha bisogno la scuola», spiega don Benzi. «La preparazione disciplinare è essenziale, ma non è tutto: la scuola ha bisogno di insegnanti capaci di essere maestri di vita per i giovani, perché è nelle aule scolastiche che si possono aiutare i ragazzi a dare un senso alla vita. In una società che sempre più spesso tende a privare dei valori e degli ideali, occorre ricominciare dalla scuola, e se è vero che la relazione con figure di riferimento valide è il primo strumento di prevenzione del disagio giovanile, allora un Paese che crede nei suoi giovani saprà valorizzare nel modo giusto i loro insegnanti».Invece? «Invece la risposta del Ministro al bisogno di professionalità della scuola appare incentrata su una concezione culturale ed educativa limitata ancora al nozionismo, come dimostra l?idea, per fortuna abbandonata, del concorso a quiz per superprofessori».
«La contestazione del ?Concorsone?», sottolinea ancora il sacerdote riminese, «è la prova che gli insegnanti hanno ancora passione per il loro lavoro e ci dice che per migliorare la scuola è sufficiente riconoscere concretamente ciò che molti insegnanti già fanno, e incentivare quell?identità professionale di educatori di cui sono alla ricerca».
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