Formazione

Ministero del Merito? Un nome inaccettabile a meno che…

L'intervento del responsabile area adolescenza di Fondazione Exodus: "Il merito e il successo non possono più essere solo individuali. I sistemi meritocratici alimentano la competizione e le disuguaglianze, premiare chi vince senza prima adoperarsi per garantire condizioni eque, alla fine dei conti fa crescere le ingiustizie sia nel piccolo di una classe di scuola e sia nel rapporto globale tra gli stati"

di Franco Taverna

Ministero dell’Istruzione e Merito: dopo la pessima prima reazione, mi sono chiesto a che condizioni potesse essere accettato.

Noi, educatori di trincea che cercano ogni giorno di sostenere il passo di chi vuol mollare tutto, che trovano ogni espediente, facendo anche i saltimbanchi, per sminuzzare le conoscenze della scuola agli ultimi arrivati o a quelli che sono partiti con pesanti svantaggi, che hanno a cuore la vita intera delle ragazze e dei ragazzi, ecco, noi non possiamo accettare questo nome così carico di pregiudizio se non a certe condizioni.

Mi sembra intanto che se ne possano trovare due.

  • La prima per attribuire un significato accettabile al merito facendo una bella pulizia di questo termine da tutte quelle incrostazioni in parte moralistiche e in parte efficientiste che si sono accumulate in questi ultimi decenni, giustificando di fatto le disuguaglianze sociali. Si perché non tutti sanno che l’enfasi sulla meritocrazia appartiene alla storia recente. Merito deriva da meiromai che in greco significa “ricevere la parte spettante”. Ora la valutazione di ciò che sia giusto dare o ricevere, sia in termini di ricompensa che di responsabilità, chiama in causa due elementi: l’impegno e l’ingegno. Se fosse veramente così allora la nostra Sharon, da poco arrivata in Italia dal Pakistan, con una madre che, cara grazia, fa le pulizie e non capisce ancora bene la nostra lingua ma tutti i giorni fa ogni sforzo per stare dietro ai compiti e alle sorelline, beh allora anche se il suo compito di italiano ha una “misura” insufficiente rispetto ai suoi compagni di classe, “merita” la lode, per impegno e ingegno. E così vale per le mille e diverse Sharon e i mille Marco che per mille ragioni e senza colpa si trovano in una condizione di svantaggio rispetto ad altri compagni di classe che al loro confronto sono privilegiati. In altre parole se teniamo conto delle condizioni di partenza e delle opportunità ricevute dalla vita allora la parte spettante risulta più equa e la parola merito più digeribile.
  • La seconda considerazione riguarda invece, diciamo così, il campo di applicazione del merito: la ricompensa dipende anche dal contesto e dagli obiettivi. La scuola non è la fabbrica, e neppure una competizione. Qual è lo scopo di apprendere e insegnare? Negli ultimi anni ci siamo riempiti la bocca parlando spesso di successo formativo. Obiettivo della scuola sembra che debba essere il successo formativo, individualizzato e all’altezza dei bisogni del mondo del lavoro (!). E qui trovo che la parola critica sia proprio “successo” che richiama da vicino il merito. Nella scuola tutti dovrebbero tendere al successo (formativo), anche se solo i meritevoli lo raggiungono, si sottintende. Che cosa pensiamo davvero quando diciamo successo formativo? Quale modello di successo abbiamo in mente? A che prezzo stiamo pagando la imperante retorica del successo, della prestazione performante, quando poi questa si scontra con la banalità del quotidiano carico di ostacoli, incomprensioni, insuccessi? Alcuni ce la fanno, sempre meno però, specie dopo il Covid, e chi non ce la fa? Solo chi vince merita? E quale è il destino dei fragili? Penso che abbiamo un disperato bisogno di un nuovo paradigma di successo, nella scuola ma non solo, un nuovo e più giusto modo di intendere la realizzazione personale e collettiva. Sì, perché, senza appiattire le differenze, il merito e il successo non possono più essere solo individuali. I sistemi meritocratici alimentano la competizione e le disuguaglianze, premiare chi vince senza prima adoperarsi per garantire condizioni eque, alla fine dei conti fa crescere le ingiustizie sia nel piccolo di una classe di scuola e sia nel rapporto globale tra gli stati.

Noi avremmo preferito “Ministero della scuola” dove scuola sono tutti i processi di crescita organizzata, dentro e fuori dagli edifici, per tutte le ragazze e tutti i ragazzi. Prendiamo questo “nuovo” nome continuando ad adoperarci per una idea di merito che non premi solo i fortunati e condanni gli svantaggiati.

Cosa fa VITA?

Da 30 anni VITA è la testata di riferimento dell’innovazione sociale, dell’attivismo civico e del Terzo settore. Siamo un’impresa sociale senza scopo di lucro: raccontiamo storie, promuoviamo campagne, interpelliamo le imprese, la politica e le istituzioni per promuovere i valori dell’interesse generale e del bene comune. Se riusciamo a farlo è  grazie a chi decide di sostenerci.