Cultura

Minareti, la Lega cavalca l’onda

Sempre più vivaci le reazioni al risultato del referendum in Svizzera

di Franco Bomprezzi

E’ la Lega a cavalcare in salsa padana il risultato del referendum svizzero sulla costruzione dei minareti. La Chiesa cattolica è preoccupata di questa ventata di intolleranza e teme anche le ripercussioni nei Paesi nei quali i cristiani sono minoranza. Ecco come i giornali oggi dedicano ancora ampio spazio a questo tema.

Una foto dei dimostranti sotto il palazzo del governo di Berna, dopo il no svizzero sulla costruzione di nuovi minareti campeggia in prima pagina sul CORRIERE DELLA SERA di oggi sotto il titolo: “Il Vaticano difende i minareti”. Il quotidiano all’interno se ne occupa alle pagine 2 e 3. Il CORRIERE nel pezzo di apertura (“Minareti, la condanna dell’Ue: «Un voto ispirato dalla paura»”) riprende un commento dell’Osservatore romano: «Un duro colpo all’integrazione, ma anche una grande sfida sul cammino del dialogo e del reciproco rispetto». “L’uso del cattolicesimo in versione leghista imbarazza il Vaticano” è il commento di Massimo Franco: «La Santa sede teme le guerre di religione e i loro possibili contraccolpi». Parla anche l’imam di Segrate Abu Shwaima: «Il referendum degli svizzeri è stato imbecille». Intanto il sindaco del paese alle porte di Milano (Pdl, ma nella maggioranza c’è anche il Pd, mentre la Lega è uscita) dice: «Noi abbiamo i crocefissi, e nessuno ci vieta di esporre i nostri simboli. Gli islamici hanno i loro». Mentre il lumbard Mario Grioni spera che si «faccia chiarezza: che ci preghino va bene. Ma forse ci macellano gli animali. Questo non ci piace». Tutto qui? «Tutto qui».

LA REPUBBLICA torna anche oggi ad aprire sugli esiti del voto svizzero: “La Lega: referendum sui minareti”. Svizzeri modello per la Lega, che ritengono ottimo il metodo elvetico. «È sempre utile in democrazia ascoltare ciò che il popolo vuole e non élite più o meno illuminate»: Giovanna Casadio apre il suo pezzo (pagina 2) riferendo il mantra che il ministro Maroni va ripetendo in queste ore e la proposta di Calderoli, ministro della semplificazione,  che domani formalizzerà la richiesta di inserire nella Costituzione il referendum propositivo. Intanto la proposta di Castelli (inserire il crocifisso nella bandiera) continua a far discutere. O meglio a provocare reazioni piuttosto perentorie. «È una fesseria» per Ronchi, ministro delle Politiche comunitarie; «una battuta propagandistica» per La Russa, ministro della Difesa. Indipendente come al solito il presidente Fini che avrebbe votato per la libertà di culto e si dice convinto che la decisione elvetica «dettata dalla paura, è un formidabile regalo al fanatismo più aggressivo». Diverso il parere di Bondi che sembra più filo-leghista (Filippo Ceccarelli in un gustoso pezzo descrive l’atteggiamento leghista nei confronti del tricolore: nel tempo è molto cambiato. L’unica costante? L’interpretazione sempre strumentale…). Molto preoccupato il Vaticano: l’Osservatore romano parla di «duro colpo alla libertà religiosa e all’integrazione», mentre i ministri dell’Ue esprimono sorpresa, perplessità e preoccupazione. La Svizzera incendia l’Europa, insomma, mentre a guardarli da vicino i luoghi di culto paiono per quel che sono: luoghi di culto. Lo spiega Piero Colaprico che è andato a visitare la moschea di Segrate: esiste da 20 anni e non ci sono problemi con la popolazione (anche se non sono mancati attentati, ad opera di fanatici vari).

 ”Referendum dei minareti in Italia? No, però…”, così IL GIORNALE introduce le due pagine dedicate al referendum elvetico (8-9). Nella prima pagina Fausto Biloslavo firma “In Europa poche moschee? Falso ecco tutti i  numeri” in cui spiega che «se si calcola anche le musalla, le stanze di preghiera ricavate in maniera carbonara, esiste già un luogo di culto ogni 1840 musulmani. Un dato che non si non si allontana di molto dai numeri delle parrocchie cristiane e dalle moschee nel mondo musulmano». Poi si passa all’analisi della situazione nel nostro paese. «In Italia con una popolazione musulmana di 3,4 milioni, i luoghi di culto musulmani sono 749. Dunque la conclusione è del ricercatore Allevi «In Europa non c’è un problema di libertà religiosa per i musulmani». A lato Andrea Tornielli intervista il presidente del Pontificio consiglio per la pastorale dei migranti, l’Arcivescovo Antonio Maria Vegliò. L’alto prelato definisce, riportando il commento della chiesa svizzera, l’esito del referendum «un duro colpo alla libertà religiosa e all’integrazione e una tendenza che complica le cose per i cristiani che vivono in Paesi dove la libertà religiosa è già limitata». Gilberto Oneto firma il box “La Svizzera, un esempio che fa paura”. la tesi del giornalista è che «la Svizzera è tutto quello che l’Italia non è, ma che vorrebbe essere». L’elogio sottolinea «le garanzie di libertà, del libero mercato e della gelosa difesa di tutte le specificità, delle culture locali e del federalismo vero» dello stato elvetico. Per questo all’Italia fa paura: mentre i cittadini svizzeri sono capaci di gestire i propri soldi, la propria città e le proprie esigenze «una cosa del genere fa orrore allo Stato italiano che arraffa i soldi ci fa quello che vuole e dove vuole senza renderne conto a quelli cui li ha estorti, che vive sulla maliziosa perequazione delle risorse e sul suo malizioso indotto». Nella pagina seguente continua l’articolo con richiamo in prima di Renato Farina “In Italia consultazione impossibile. Purtroppo” in cui il deputato Pdl, dopo aver bollato come boutade la storia della croce sul tricolore di Castelli, racconta di aver presentato una proposta di legge costituzionale per cambiare l’articolo 1. «Ecco come, con l’aggiunta di cui sopra, potrebbe essere alla fine l’articolo 1 della nostra Costituzione: “L’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro, e riconosce le radici cristiane, il cui simbolo è il crocifisso, come fondamento della civiltà italiana. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”». “La Lega lancia il referendum anti-minareti” a firma di Gabriele Villa in cui racconta la cronaca delle reazioni leghiste al voto contro i minareti. «Calderoli coglie la palla al balzo e propone di seguire le orme svizzere. Putiferio sulla proposta di Castelli di aggiungere la croce al Tricolore. La Russa non ci sta, Frattini possibilista».          

IL MANIFESTO: «Mamma li svizzeri» è il titolo a sfondare in prima pagina sulla foto, ormai classica, della pubblicità elettorale del referendum con i minareti stile missile posati sulla bandiera rossocrociata elvetica. Sempre al referendum svizzero è dedicata anche la vignetta di Vauro dal titolo «Minareti – Vento svizzero» all’interno della quale due personaggi hanno questo dialogo: «La Lega vuole aggiungere la croce al tricolore» – «Speriamo che quando Bossi ci si pulisce si graffi il sedere con i chiodi». Ancor più esplicito il titolo alle pagine interne: «La miccia svizzera», perché «Il no al referendum sui minareti allarma Europa e Onu. Il Vaticano invece ne approfitta: “È come per il crocifisso, la religione è un fatto pubblico”. Esultano le destre estreme. E Maroni, che chiede di “ascoltare il popolo”». Tra gli articoli di analisi che spaziano dalle reazioni dei paesi arabi a quelle di Onu, Ue e Francia, accanto all’approfondimento sulla politica italiana in un box si parla delle “Avanguardie padane”: «A Lazzate il divieto leghista nel Piano regolatore del 2005». «C’è un posto all’avanguardia nella proibizione dei minareti. Basta agire in via tecnico-amministrativa sul Piano regolatore, e il divieto è fatto. Il paese in questione si chiama Lazzate, è in Brianza e a farlo sapere al mondo ci ha pensato ieri il senatore leghista Cesarino Monti. (…) Dal 2005 le nome tecniche di attuazione del Piano regolatore generale “prevedono la realizzazione di tetti per il 70% obbligatoriamente a falde inclinate, di comignoli nei materiale e nelle forme tradizionali, di sezione quadrata o rettangolare, di archi nello stile della tradizione urbanistica del luogo, vietando quindi altri possibili stili fra cui quello moresco».
 
Due spunti interessanti – ed entrambi riguardano la Lega – dalla pagina che il SOLE4ORE dedica al caso minareti. Uno è ne Il Punto, rubrica politica di Stefano Folli. Titolo: “Più che alle guerre di religione, la Lega pensa a qualche voto extra”. In sostanza Folli dice che le due ultime proposte della Lega (referendum anche in Italia sui minareti e croce sulla bandiera) «non sono da prendere sul serio» perché «i primi a non crederci sono gli esponenti della stessa Lega», la quale però «non è interessata a raccogliere consensi», l’unica cosa che interessa è che la loro base elettorali si identifichi sempre di più nel partito in vista delle regionali: «i minareti e i crocifissi servono a questo», nota Folli, a raccattare voti locali. In taglio basso Marco Alfieri in un pezzo intitolato “La conversione cattolica del Carroccio” ricorda come non molto tempo fa i cattolici leghisti erano quelli che invece adoravano il Dio Po e si sposavano con rito celtico, e quanto alla croce sulla bandiera, tutti ricordano quello che Bossi ci voleva fare, col tricolore. La «svolta cattolica» di oggi coincide in parte con la malattia di Bossi, ma «più prosaicamente», col fatto che il 39% dei leghisti è praticante «e negli anni dell’islamismo radicale è una dote troppo ghiotta da non coltivare». Una «conversione» elettoralmente vincente, almeno nelle speranze leghiste.

Tre pagine su AVVENIRE, oltre che in prima pagina, per il «no svizzero ai minareti», che «scuote l’Europa». Monsignor Piergiacomo Grampa, vescovo di Lugano e responsabile della Conferenza episcopale svizzera per i rapporti con l’Islam, boccia il referendum come «risposta superficiale ed emotiva», frutto non della difesa di una identità cristiana ma «della paura, dell’ostilità e dell’incapacità di accogliere il diverso»: una scelta che «rischia di innescare un corto circuito molto pericoloso», sia perché dentro le moschee (che esistono ed esisteranno, anche senza minareto) crescerà per contrapposizione l’integralismo sia perché «temo ritorsioni all’estero, abbiamo sempre invocato il principio di reciprocità, sarebbe assurdo farlo valere in modo inverso». Monsignor Antonio Maria Vegliò, presidente del Pontificio Consiglio per i Migranti, ha parlato di un «duro colpo per la libertà religiosa». Un viaggio di AVVENIRE nella comunità musulmana del Canton Ticino trova «malumore e senso di umiliazione». Carlo Cardia analizza la proposta della Lega di votare anche in Italia: «La libertà di culto non è qualcosa che lo Stato dispensa a sua discrezione a seconda degli umori popolari, ma una conquista della modernità, assicurata a tutti».

“Minareti, allarme dall’Ue”. Il Vaticano: così non si aiuta la libertà religiosa. Fini: un regalo al fanatismo. Sono le reazioni alla decisione della Svizzera di costruire nuovi minareti riportate in prima pagina nel titolo e nel sommario scelto da LA STAMPA. Da segnalare all’interno, oltre alla cronaca, “tre domande a” padre Pierbattista Pizzaballa, Custode di Terrasanta. «Sul terreno si possono raggiungere forme di mediazione per i simboli religiosi. Per esempio si costruisce una chiesa e non si mette fuori la croce» dice parlando della propria esperienza in Medioriente, dove i cristiani sono una minoranza. «Il minareto non è fondamentale per la preghiera islamica così come non lo è per noi il campanile della chiesa. Sono forme tradizionali che diventano simboli, ma non sono vincolanti per la fede. Non è che se in Terra Santa non mi fanno costruire il campanile mi sento ostacolato nella libertà religiosa. Serve molto buon senso». “E’una guerra dei simboli?” chiede l’intervistatore. «Il luogo di culto di una minoranza è un segno molto forte, quindi bisogna anche comprendere che molta gente non è pronta, non capisce. Noi ci regoliamo così: si vede luogo per luogo le sensibilità presenti sul territorio. Qui siamo una minoranza noi, in Europa i musulmani. Esiste un criterio di gradualità, di rispetto, di comprensione dei tempi e dei modi opportuni. L’esteriorità dell’edificio è la forma, ma conta la sostanza, cioè che non sia vietato praticare la propria fede».  Sulla “croce sul tricolore” dice: «E’ un’assurdità, così la croce diventa lo strumento per guerre ideologiche fatte con la pancia».

E inoltre sui giornali di oggi:

GUANTANAMO
CORRIERE DELLA SERA – “A Milano due da Guantanamo” è il titolo di apertura del quotidiano milanese. Si tratta dei tunisini Riad Nasri e Adel Ben Mabrouk. Il primo è stato interrogato nella notte. L’interrogatorio di Nasri è iniziato alle 23,30 ed è finito all’1,30 circa, ed è avvenuto alla presenza del pm Elio Ramondini e del difensore, l’avvocato Novellino. Quest’ultimo ha spiegato che il verbale, su richiesta del pm Elio Ramondini, è stato secretato. «La cellula di cui faceva parte Adel Ben Mabrouk, l’ex barbiere della moschea di viale Jenner, secondo le indagini milanesi, stava invece pianificando un attentato al Duomo di Cremona e uno alla metropolitana e al Duomo del capoluogo lombardo». Gli identikit dei due detenuti nel carcere di Opera sono firmati da Gianni Santucci: «Guantánamo è arrivato il 9 febbraio 2002 e gli hanno assegnato il numero di internamento 148. A Milano però lo conoscevano come «il barbiere». È quella l’occupazione che gli avevano tro­vato nella moschea di viale Jenner. Fino al 2001: quell’anno Adel Ben Mabrouk, tuni­sino, è partito per l’Afghanistan e lì, poco dopo, è stato catturato dalle forze america­ne. Nasri Riad era invece militante di una fazione estremista che venne espulsa dal­la moschea di via Quaranta, sempre a Mi­lano. Aveva vissuto a Bologna. Poi, nel 1997, s’era unito alla jihad in Afghani­stan. Là, al contrario di Mabrouk, aveva assunto un ruolo di rilievo. Come ha scrit­to il giudice Guido Salvini nell’ordinanza d’arresto nel 2007, Nasri era diventato il «capo dei tunisini a Jalalabad, da dove manteneva stretti e costanti rapporti con la struttura in Italia e a Milano». Nasri or­ganizzava e finanziava «il rientro dei mujahedin in occidente e in particolare a Milano». Ecco chi sono i due tunisini arrivati ieri da Guantánamo».

LA REPUBBLICA – “Guantanamo, a Milano due detenuti tunisini”. Ieri sera due presunti terroristi sono sbarcati a Malpensa provenendo dal carcere statunitense a Cuba. Erano indagati in Italia per jihadismo pre e post 11 settembre e perciò l’amministrazione di Obama li ha restituiti ai giudici italiani. Sarebbero appartenenti al gruppo Salafita per la predicazione e il combattimento: erano stati accusati di aver progettato attentati a Milano e Cremona.

CLIMA
LA STAMPA – “Emissioni dimezzate nel 2050”. A pochi giorni dall’inizio della Conferenza mondiale sul clima la presidenza danese è uscita con una bozza per un accordo finale diffusa ieri da Reuters che ha sollevato un coro di proteste. La proposta è di arrivare a un accordo «politicamente vincolante» sulle emissioni di Co2 convertibile nel 2010 in uno «legalmente vincolante»: ridurre entro il 2050 le emissioni di gas serra del 50% rispetto ai livelli degli anni 90, ponendo però a carico dei Paesi ricchi l’80% dei tagli. La presidenza danese l’ha presentato come un passo per mettere in moto un percorso di avvicinamento tra le diplomazie. La bozza indica il 2020 come l’anno in cui le emissioni dovranno raggiungere un picco per poi declinare. Ma non stabilisce un obiettivo di riduzione di Co2 per quell’anno. Non ci stanno i Paesi in via di sviluppo, per i quali proprio un rapido calo “qui e ora” delle emissioni dei “ricchi” (che hanno prodotto l’80% dei gas serra presenti nell’atmosfera) può attestare una seria volontà di non accollare ai Paesi in via di sviluppo il costo della lotta contro gli effetti del cambiamento climatico. L’India ha detto no alla bozza, contando sul sostegno di Cina, Sudafrica e Brasile. Per adesso la chiusura è totale, a meno che i Paesi ricchi mettano in campo soldi e tecnologie per agevolare la transizione verso un “economia pulita” nei Paesi in via di sviluppo.

AIDS
AVVENIRE – Nell’ultimo anno sono nati 430mila bimbi sieropositivi. Uno su due morirà prima di compiere due anni. Quasi tutti nascono nei paesi poveri: il 45% delle donne incinte dei paesi del sud del mondo, infatti, non hanno potuto usufruire di cure per evitare la trasmissione madre-figlio.

COOP
ITALIA OGGI – E’ iniziata l’era della benzina discount. Eni, Erg, Ip; Esso hanno dei nuovi competitori. Le cooperative rosse, secondo l’articolo “La Coop sbarca nei carburanti” stanno organizzando la concorrenza alle pompe bianche. «Da Brindisi a Piacenza» si legge nel pezzo di ITALIA OGGI «il colosso italiano della distribuzione organizzata si prepara a fare concorrenza ai blasonati marchi di carburante presenti sulle nostre strade». L’articolo mette in evidenza che, a parte le agevolazioni fiscali, economiche e politiche, le Coop possono sbaragliare la concorrenza con due armi molto affilate: il numero dei soci consumatori:«l’unione dei fedelissimi delle tante Coop sparse sul territorio nazionale che fanno capo a Coop Italia tocca i 7 milioni di persone» e il prezzo: «possono praticare un prezzo alla pompo a molto basso, un prezzo killer per i distributori». I primi distributori discount di benzina si trovano a Brindisi e Piacenza. All’Ipercoop Gotico di Piacenza, fa notare il pezzo «la benzina Coop ha debuttato due settimane fa a 1,199 euro/Litro e il gasolio a 1,049 euro/litro.

MAFIA
LA REPUBBLICA – Stando alla relazione del commissario straordinario Antonio Maruccia, i beni confiscati alle mafie sarebbero al 75% inutilizzati. Di più un’azienda su tre sequestrata alla mafia  e affidata alle associazioni fallisce. Ritardi e cavilli bloccano i procedimenti. Il risultato è che ci sono 3526 immobili, case e poderi confiscati ma congelati anche da 25 anni. Inoltre i progetti per il riutilizzo sociale sono costosi. Mentre il governo propone la vendita, l’opposizione lancia l’istituzione di una Agenzia nazionale che dovrebbe subentrare nella gestione all’inefficiente Demanio.

AVVENIRE – Don Mario Ziello, parroco di Santa Maria del Carmine alla concordia, nei quartieri spagnoli, durante l’omelia di domenica ha denunciato che gli è chiesto il pizzo per i lavori di restauro della chiesa. «Se avessi pagato la tangente lo avrei fatto con i soldi che voi avete donato», ha detto ai suoi parrocchiani. Il cardinal Sepe ha fatto immediatamente arrivare a don Mario la sua solidarietà.

L’AQUILA
IL MANIFESTO – Sul piano case dell’Aquila il sottosegretario Bertolaso risponde ai consiglieri comunali dell’Aquila che volevano accedere agli atti della protezione civile: «Nessuno mi può controllare». Così recita il titolo de IL MANIFESTO dedicato alla querelle sull’assegnazione degli alloggi nelle new town. Nell’articolo si sottolinea la cavillosità della risposta di Bertolaso e per quanto riguarda le reazioni «Ieri quando la notizia è approdata in consiglio comunale, anche dai banchi del Pdl si sono alzate voci di indignazione e di protesta. Anche perché l’aula consiliare si era trasformata in un campo di battaglia, quando Bertolaso chiese ai consiglieri aquilani di abbozzare i criteri delle abitazioni del progetto C.a.s.e. prima d emettere, a modo suo, l’ordinanza relativa. “Quelle di Bertolaso sono argomentazioni giuridiche opinabili sulle quali manteniamo delle riserve, anche perché è il sindaco che firma per ultimo l’assegnazione delle case, quindi gli atti riguardano l’amministrazione comunale – commenta invece l’avvocato Francesco Rossettini che sta valutando per Perilli la pratica (…)».

BHOPAL
AVVENIRE – 25 anni dopo la fuga di veleni che provocò migliaia di morti a Bhopal, le vittime sono ancora senza giustizia. Per l’azienda sono 3800, per il governo migliaia, secondo stime indipendenti 25mila. I difetti di crescita nei figli delle persone esposte alla nube tossica sono dieci volte più alti della media, l’area attorno all’impianto non è mai stata bonificata. Satinah Sarangi è un medico indiano arrivato a Bhopal tre giorni dopo la tragedia: vive lì da 25 anni, e ha fondato l’ospedale Sambhavna, da cui sono passate 38mila persone. Con Amnesty e Greenpeace sta girando l’India con il Bhopal Bus Tour, per rompere il silenzio sulla tragedia e chiedere giustizia.

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