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Milano, terrorismo balordo?
Paura e tensione per un attentato imprevedibile, i giornali cercano di capire chi è l'ingegnere libico Mohamed Game
Mentre oggi le indagini (trovati due complici e soprattutto una grande quantità di materiale utile a confezionare esplosivi) stanno rivelando una pericolosità più evidente dell’azione terroristica dell’ingegnere libico Mohamed Game, che ieri è rimasto gravemente ferito mentre esplodeva un ordigno rudimentale da lui portato davanti alla caserma dell’esercito a Milano, i giornali in edicola trattano con grande evidenza la notizia, ma con accenti diversi.
- La rassegna stampa si occupa anche di:
- POLITICA
- LAVORO
- IMMIGRAZIONE
- FAME
- DRAMMI FAMILIARI
- IL BAMBINO TROPPO AMATO
- PERSONE DOWN
- STATI UNITI
- FILIPPINE
- CINEMA
“Kamikaze in caserma a Milano”, è il titolo di apertura del CORRIERE DELLA SERA di oggi che fin dalla prima riassume i fatto: l’attentato contro la caserma di piazzale Perrucchetti ha provocato due feriti: un caporale e il terrorista, un libico di 35 anni sposato con un’italiana, che aveva un ordigno nascosto in una cassetta e nell’esplosione ha perso una mano e gli occhi. La comunità islamica: veniva a pregare in viale Jenner. Nella notte la svolta nelle indagini. L’aggiornamento è della versione on line del quotidiano: «Nella notte sono stati fermati due presunti complici di Mohamed Game, un libico e un egiziano, e la Digos ha trovato un’ingente quantità di esplosivo, circa cento chili: sarebbe nitrato di ammonio, un concime che se combinato con altri materiali può dare vita a miscele esplosive. Era accatastato nell’appartamento dell’egiziano, nella zona di via Tommaso Gulli, vicina a piazzale Perrucchetti e alla casa dell’attentatore, in via Civitali». Fiorenza Sarzanini dà conto delle paure del Governo: “Il Viminale teme altri gesti isolati. Il rischio dei terroristi qualunque”, regolari, integrati potrebbero essere attivati dagli appelli in rete di Bin Laden. Una tesi condivisa dall’analisi di Guido Olimpio, che in un pezzo firmato da Washington dice: «Molti cominciano a guardare in modo favorevole ai proclami dell’estremismo islamico dopo aver perso il lavoro». Fra le reazioni il CORRIERE dà molto rilievo a quella di Rutelli, presidente del Comitato parlamentare per la sicurezza pubblica, che dice: “Obiettivo noto, grazie a intercettazioni”. La risposta del procuratore aggiunto di Milano Armando Spataro non si fa attendere: «Escludiamo che sia mai arrivata notizia da qualsiasi fonte di attentati a Milano».
“Milano, bomba contro caserma: grave l’attentatore libico”: taglio centrale su LA REPUBBLICA per la notizia dell’atto terroristico di ieri davanti alla caserma Santa Barbara. Ingegnere, disoccupato, libico, con permesso di soggiorno dal 2003: è l’identikit di Mohamed Game, il kamikaze che ieri alle 7.50 è entrato in caserma ed è stato fermato da un militare. Per tutta risposta ha fatto brillare i 5 kg di esplosivo che aveva con sé. Game è ricoverato ora in ospedale, perderà l’uso della mano, dell’avambraccio e dell’occhio ma non è in pericolo di vita. Lievi ferite ha per fortuna riportato il 20enne caporale che lo aveva fermato. Avrebbe potuto essere una strage. Gli investigatori sospettano che Game possa avere avuto un complice. Sospettano un idraulico. Quanto a Game, viveva con la moglie italiana e quattro bambini (uno nato dalla loro relazione). Nella loro casa sono stati sequestrati video, taccuini e appunti in arabo. Gli investigatori fanno sapere che allo stato non emergono collegamenti con cellule terroristiche, piuttosto un forte disagio esistenziale. Sull’attentatore, l’identikit di Carlo Bonini: “Dal sogno di fare fortuna ai debiti il mistero di Mohamed, lupo solitario”. Lo definisce «un fungo cresciuto nel nulla della periferia ovest della città». Nessuno sa veramente qualcosa di lui. Né la procura né l’antiterrorismo né la polizia libica. Eccentrico persino rispetto alla moschea di viale Jenner, dove si faceva vedere ogni 3, 4 mesi (il centro comunque condanna l’attentato: «il gesto di un folle»). Era finito sul giornale proprio lo scorso anno, ma come esempio di disagio urbano. CronacaQui, il quotidiano meneghino, lo aveva scelto e messo in copertina con un titolo esplicito: “Due genitori e 4 bimbi occupano edificio Aler da 7 anni”, con tanto di racconto sulle difficoltà di vivere con mille euro al mese e appello al Comune. Insomma un rebus. Preoccupa però il quantitativo di esplosivo e la bomba funzionante per quanto artigianale. A pagina 9 si registra l’allarme di Maroni che ieri ha convocato un summit sulla sicurezza. Intanto iniziano le esternazioni. Di «attentato contro le nostre forze armate, simbolico» parla il ministro La Russa. Rutelli, presidente del Copasir, fa sapere che «alcune settimane fa erano state colte conversazioni su una caserma che veniva identificata come caserma Perrucchetti». Il coordinatore della pool antiterrorismo invece esclude che sia mai arrivata «una notizia preannunciante progetti di attentato ai danni della caserma»… Il commento, “Quel terrorista invisibile” è affidato a Renzo Guolo: i solitari sono difficilmente contrastabili, passano inosservati, e nei loro confronti la prevenzione è un’arma spuntata…
Ben sei pagine del GIORNALE sono dedicate all’attentato alla caserma Santa Barbara, il cui primo reggimento è impegnato in Afghanistan, di Milano. Il taglio allarmistico è già nel titolo in copertina “E ora ci ritroviamo i kamikaze in casa” che nell’occhiello spiega “Un libico si fa saltare in aria con un ordigno rudimentale: è gravissimo. Ferito un militare”. Paolo Granzotto avverte: “E’ un terrorista «solo» ma non isolato” e scrive «Mohamed Game era all’apparenza un campione di quel islamismo ragionevole, tollerante e dialogante che il politicamente corretto oppone all’islamismo fondamentalista e bombarolo. Ha un lavoro, regolare permesso di soggiorno e mai dato una grana ai condomini dello stabile dove, da abusivo, abita, frequentava la moschea di viale Jenner». «Può darsi che Game abbia dato di matto e che in tale stato sia andato ad acquistare i composti necessari costruire la bomba. Però bisogna riconoscere che Game non era disturbato al punto di scegliere come obiettivo una caserma e di recarvisi alle otto del mattino sapendo che a quell’ora i cancelli sono aperti per il via vai di mezzi. E decidendo di far esplodere la bomba il 12 ottobre, un mese prima del sesto anniversario dell’attentato di Nassyria». «Game non appartiene quasi sicuramente a un rete terroristica e non sembra essere un militante di Al Qaida, resta però il fatto che il discrimine fra islam buono e fondamentalista si presenta molto labile. Perché anche in giacca e cravatta si sente sempre in conflitto. È quello che si definisce lo scontro fra culture che molti si intestardiscono a negare». Il ritratto di Game che si legge nell’articolo di Granzotto è contraddetto da quello dipinto in un box in grassetto nella pagina precedente. Un pastone di lanci di agenzia che raccolgono le dichiarazioni dei vicini di casa dello stabile Aler di via Civitali in cui Game «Non è uno stinco di santo e non so come viveva, si accompagnava a personaggi loschi come lui». E ancora: «Non ha mai salutato. Non so come facesse a mantenere moglie e 4 figli che vivono in cortile, il più piccolo che non va ancora a scuola gioca fra la spazzatura». Per la serie “L’avevo detto” Daniela Santanchè sentita da Enza Cusmai dice « Questa è la prova che viale Jenner crea terroristi». Due retroscena della vicenda a firma Fausto Biloslavo e Enrico Lagattola. Il primo scrive: «Gli aspiranti kamikaze arrestati in dicembre a Milano, i convertiti che arruolano adepti della guerra santa su internet, i terroristi di Londra sono la nuova minaccia per l’Europa. Gente spesso nata in Occidente che utilizza il marchio di Al Qaida in franchising diventando terroristi grazie a video e ai manuali scaricati da internet». Lagattola invece riporta le intercettazioni telefoniche che hanno condotto nel dicembre 2008 all’arresto di due marocchini. In sintesi « Colpire un luogo, una caserma, sai dove passa la metropolitana. Io so dove si trova. A Milano dalle parti di Bande nere». Due pagine anche nella pagine milanesi del GIORNALE dove campeggia la foto della famiglia al completo pubblicata dal giornale “cronaca qui” due mesi fa. Oltre alle dichiarazioni degli amministratori, il sindaco Moratti: «Un fatto isolato, forse uno squilibrato, e il governatore Formigoni: «Serve un’attenta vigilanza», la voce ai cittadini e la preoccupazione dei vicini di casa e dei genitori della scuola di via Dolci frequentata dai figli di Game. Una dichiarazione anche da parte della compagna di Game che «si sente stupita dal gesto». E infine il pezzo di Luca Fazzo “ Una città nel mirino della follia integralista” dove si legge: «Prima gli imam reclutavano guerriglieri, poi le minacce al Duomo e alla metropolitana. Milano da 15 anni è la capitale della guerra fra lo Stato italiano e l’internazionale terrorista». Pagina 15 dedicata al caso burqa nelle scuole dopo che il ministro delle Pari Opportunità, Mara Carfagna, ha dichiarato «Giusto vietarlo nelle scuole» in occasione del convegno “Mai più sola” organizzato dalla deputata PdL Souad Sbai nonché presidente dell’associazione donne marocchine in Italia.
Il SOLE24ORE dedica alla vicenda di Milano tutta la pagina 18. Oltre al pezzo di “fredda cronaca” una spalla racconta la preoccupazione del Viminale che, nonostante sottolinei che si tratta di un episodio isolato, non sottovaluta lo «scenario internazionale» in cui si vanno intensificando i messaggi di minaccia di Al Qaeda all’Occidente e chiede che si alzi il livello di allarme. Il che si potrebbe tradurre, scrive il SOLE, in un «giro di vite» sulle moschee, «controlli maggiori sui siti militari» e «altri cittadini immigrati sospettati di terrorismo espulsi e rimpatriati». In taglio basso, Guido Olimpio, giornalista del Corriere della Sera e «uno dei massimi esperti di terrorismo internazionale», non ha dubbi: «a gesta da “lupo solitario” assisteremo ancora in futuro. Il problema vero è che individui simili sfuggono ai controlli».
“Kamikaze a Milano, follia senza dramma”: così AVVENIRE titola in prima pagina sull’«attacco artigianale» contro la caserma Santa Barbara. «Voleva uccidere, fare vittime», l’attentatore libico Mohamed Game, che da una prima perquisizione a casa sua non pare riconducibile a una lotta armata organizzata. Secondo Stefano Dambruoso, magistrato capo dell’Ufficio per il coordinamento dell’attività internazionale del Ministero della Giustizia dietro a questo attacco «non c’è un movimento vicino al radicalismo islamico» ma il «disagio esistenziale di una persona». Per lui Game è «una persona mentalmente disturbata che poi è anche di religione musulmana» anche se in un’intervista che incalza sul tema dell’integrazione («in questo caso non si può parlare di carenza di integrazione») alla fine ammette che «è naturale che sermoni non equilibrati possano avere effetti negativi su fedeli con problemi mentali». Unanime la condanna delle comunità islamiche: Mohammed Nour Dachan presidente dell’Ucoii dice «basta parlare di terrorismo religioso: il terrorismo è terrorismo e ancora una volta questo fatto dimostra che l’Islam non c’entra».
IL MANIFESTO segnala con un piccolo richiamo in prima l’attentato di Milano. «Bomba contro caserma strage sfiorata a Milano Polemica tra Rutelli e pm», gli articoli sono a pagina 5 dove il titolo principale recita «Attentato mancato a Milano “È stato un gesto isolato”». L’articolo della redazione di Milano apre osservando che: «Basta un ordigno artigianale esploso a metà, fortunatamente senza conseguenze gravi (se non per l’attentatore), per far saltare i nervi all’Italia. È questo il fatto più grave accaduto ieri (…)». Dopo l’analisi di quanto successo e la cronaca della giornata di ieri si osserva ancora che «Nel corso della giornata, arrivano la solidarietà ai soldati della comunità ebraica e la presa di distanze di quella islamica. I politici saltano sulla notizia della bomba pro domo loro. La destra, Lega in testa, coglie la palla al balzo per proseguire la propria crociata contro i musulmani. Il ministro della difesa, La Russa, lascia intendere che il dibattito sull’Afghanistan potrebbe scatenare gesti folli. La sinistra radicale, infatti, per un giorno mette tra parentesi la situazione di guerra permanente e solidarizza doverosamente con i militari (…) Nichi Vendola si limita a solidarizzare con il caporale pugliese graffiato (…)». Di spalla l’intervista a Shaari, presidente della moschea di viale Jenner, definita «più sorvegliata d’Italia». Shaari dice dell’attentatore «Penso che abbia commesso un gesto molto pericoloso e molto stupido, forse è una persona che non sta bene…» e sulle dichiarazioni del vicesindaco di Milano, Riccardo De Corato dice «sono sempre le stesse, sono da mettere in conto. Lui ha un problema politico, non vuole farsi scavalcare a destra dalla Lega e così usa sempre argomenti che non stanno né in cielo né in terra. All’anagrafe di Milano risultano iscritti 80mila musulmani, se per lui la questione della moschea è un problema di ordine pubblico, se ne parli apertamente (…) Ma forse De Corato preferisce terrorizzare le persone piuttosto che perdere qualche voto…»
“Casa e moschea, la doppia vita di Mohammed”. LA STAMPA va in via Civitali 30, dove vive Mohammed Game con la compagna e quattro bambini, un casermone che i pochi italiani del quartiere chiamano “casbah”. «Aiutateci ad avere una casa più dignitosa» aveva detto un paio di mesi fa Game a un giornalista di “Cronaca Qui”, «viviamo in sei senza nemmeno il bagno». Mohamed prima non si interessava della «religione» dice a LA STAMPA il suo migliore amico, Mohamed Hisrafil. «Pensava solo alla sua azienda, andata in malora. Tre mesi fa aveva iniziato ad andare alla moschea di via Jenner. Ce l’aveva con i militari italiani in Afghanistan. Diceva che se i soldati stavano a casa loro non succedeva niente». Nel suo appartamento gli agenti della Digos non hanno trovato nulla: «Non uno straccio di volantino, un proclama, un qualcosa che da qui arrivasse fino ad Al Qaeda e non ai deliri di un uomo frustrato che ce l’aveva con tutto e con tutti». All’Antiterrorismo valutano l’attentato di Milano come «un episodio molto grave», anche se si dovesse trattare di un gesto isolato «di un soggetto con problemi di depressione che avesse deciso di suicidarsi».
E inoltre sui giornali di oggi:
POLITICA
CORRIERE DELLA SERA – S’intitola “il vicolo cieco dell’antagonismo” l’editoriale di oggi firmato da Giuseppe De Rita: «…L’aria che tira è tale che, se ci fosse un arbitro a decretare un break , i duellanti ne approfitterebbero per piazzare un colpo sotto la cintura. Il problema va posto più utilmente nei suoi termini culturali, nell’incapacità dell’antagonismo a «scavare al di sotto dell’antitesi », che è l’unico modo per rispettare la dinamica del reale. Le cose hanno sempre un andamento (una verità, si potrebbe dire) «trasversale» e non vanno quindi viste e trattate in una logica di causalità longitudinale, dove sarebbero condannate a cozzare l’una con l’altra… Fare oggi politica utile a tutti è mestiere da tessitore, di chi lavora sul rovescio della stoffa, tirandone via via i fili e capendone via via il senso. Ed è un mestiere di silenzi, non di proclami guerreschi. Non è quindi bene perdersi in richiami morali, basta un più sommesso richiamo a pensare; e a pensare in modo corretto, questa è la vera tregua. Capire cioè quale sia la trama di lungo periodo della nostra evoluzione sociopolitica e quanto tempo e silenzio siano necessari, senza troppi alterchi di scena».
IL MANIFESTO – È a firma di Valentino Parlato l’editoriale de IL MANIFESTO dal titolo “Acceleriamo i tempi” che dopo aver analizzato le ultime politiche e l’idea lanciata da Il Giornale di eleggere direttamente l’uomo del Quirinale osserva «A leggere e vedere i giornali e le tv del cavaliere, la loro furia contro la stampa internazionale, a me, che sono un po’ anziano, torna in mente il “complotto pluto-giudaico-massonico” dei tempi del fascismo e, si badi bene, Mussolini era un po’ più alto di Berlusconi (…) Berlusconi è in difficoltà seria (…) I movimenti di massa ricominciano a farsi sentire: lavoratori, femministe, precari, studenti. Non bisogna avere timore di elezioni anticipate, che Berlusconi minaccia sempre con minore insistenza(…)» E chiude: «Il machismo del nostro cavaliere fa rima con fascismo. Per quanto male vadano le cose in Italia una replica del fascismo (e, ripeto, Berlusconi sta un po’ sotto Mussolini) è impossibile. Si tratta di accelerare i tempi della liberazione, a anche se nel prossimo avvenire i pericoli non mancano».
LAVORO
ITALIA OGGI – I professionisti sono in bancarotta. Devono aspettare 150 giorni per incassare gli onorari dovuti. E’ quanto emerge da un sondaggio commissionato dal Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili. Secondo l’articolo “La crisi non paga. I professionisti” i tempi medi di incasso dei commercialisti sono passati da 30 a 150 giorni. I consulenti del lavoro hanno crediti per 1,5 mld. Paradossalmente la crisi non ha inciso in negativo sulla mole di lavoro. Anzi, secondo lo studio, la crisi ha portato ai dottori commercialisti più lavoro e più richieste di assistenza per pratiche e per procedure di insolvenza, pignoramenti, fallimenti, licenziamenti etc. «All’incremento dell’attività complessiva» scrive ITALIA OGGI, «si contrappone però una grande crisi di liquidità delle aziende stesse con un aumento quasi quadruplo dei tempi di dilazione dei pagamenti dei compensi e delle parcelle ai professionisti».
Sempre sul fronte lavoro e compensi, per chi lavora all’estero invece è tutta un’altra musica. Secondo l’articolo “Stipendi, a parità di compiti all’estero si guadagna di più”, lavorare in un altro paese conviene al portafoglio e alle prospettiva di crescita professionale. Ecco alcuni dati: mentre un impiegato in Italia guadagna circa 27.000 euro, a parità di condizioni, quello di un impiegato italiano che lavora in un’impresa italiana presente con proprie sedi all’estero è di 35.000; il salario degli operai in Italia risulta pari a 22.000 euro contro i 29,300 di quelli che lavorano all’estero; i quadri delle imprese non internazionalizzate guadagnano 50.100 euro lordi, all’estero portano a casa 61.000 euro. Migliori anche i benefit. «Nelle imprese che hanno sedi all’estero» puntualizza il pezzo «si registra una maggiore tutela delle condizioni di salute dei propri dipendenti, che in misura maggiore possono contare su una copertura assicurativa sanitaria. La forte attenzione per le risorse umane risulta anche dal maggiore impegno delle imprese internazionalizzate nella valorizzazione delle competenze manageriali e nella promozione dei percorsi di carriera interna».
IMMIGRAZIONE
IL MANIFESTO – Reportage da Pievepelago, paese di 1500 abitanti effettivi sulle colline modenesi dove vivono 300 badanti moldave e romene, “Il paese dei vecchi e delle badanti”. «Il paese dei vecchi e delle badanti» il titolo scelto per l’articolo che osserva come «Da quando ci sono le badanti, invece, scendere in città (circa un’ora di auto) o essere ricoverati nella casa di riposo di Pievepelago che pure c’è, non è più la norma arrivati a una certa età. Di fatto, gli anziani di queste zone vivono quasi sempre soli: i figli si sono sposati a Pavullo, Modena, Bologna (…)». Si osserva che sono molte quelle irregolari «(…) Eppure questo è un posto, finora, in cui il problema della clandestinità praticamente non esiste. Nessun controllo, la polizia chiude un occhio e pure l’altro quando l’altro incontra queste ragazze senza documenti. Tutti si guardano bene dal creare problemi a chi svolge un lavoro difficilmente sostituibile. La clandestinità rimane un problema solo per queste donne, costrette a vivere lontano dalla loro famiglia per anni, con la paura di essere scoperte, incatenate a un lavoro durissimo anche se spesso ben retribuito (…)».
FAME
AVVENIRE – Il direttore generale della Fao, Jacques Diouf, lancia l’allarme fame. Nel 2050 saremo in 9 milioni e per sfamare tutti serve che la produzione alimentare mondiale aumenti del 70%. «Non c’è alcun catastrofismo nei discorsi ascoltati ieri alla Fao», scrive il giornalista, ma «la lucida consapevolezza» che serve «pianificare uno sviluppo agricolo intensivo senza precedenti».
DRAMMI FAMILIARI
LA REPUBBLICA – “Ha un ragazzo albanese, il padre la accoltella”: è accaduto ad Ancona. Evelina, 23 anni e mamma di una bambina di 6, si era messa con un giovane albanese e suo padre, napoletano, operaio, tormentato dall’angoscia che lei potesse ritrovarsi di nuovo sola e magari con un secondo figlio. Venti giorni di tormento e alla fine la decisione: la accoltella con un cacciavite. La ragazza ha una prognosi di 20 giorni.
IL BAMBINO TROPPO AMATO
CORRIERE DELLA SERA – La storia di un dodicenne per cui il tribunale di Ferrara ipotizza il reato a carico di nonni e mamma di «maltrattamento aggravato per iperprotettività» finisce in prima pagina. Il servizio è a cura di Francesco Alberti: «Una madre e due nonni, di questo, dovranno rispondere davanti a un Tribunale. Di aver alzato un muro tra Luca (lo chiameremo così), che ora ha dodici anni, e il resto del mondo, il mondo dei piccoli. Facendogli del male. Condizionando negativamente il suo sviluppo psicofisico. Isolandolo. Una violenza a tutti gli effetti, secondo l’accusa. E infatti il capo d’imputazione, per il quale la madre e i nonni sono comparsi ieri davanti ai giudici di Ferrara, parla di «maltrattamenti aggravati»: di una «iperprotettività» capace di fare più danni di botte e insulti…È la seconda volta che la storia di Luca sbarca in tribunale: già nel 2004, per gli stessi motivi e con le medesime accuse, la madre e il nonno furono condannati a un anno e due mesi con rito abbreviato. Ora il copione rischia di ripetersi: con l’aggiunta della nonna, pure lei sotto processo… Anche stavolta il processo nasce da una denuncia del padre, che, come afferma il suo avvocato, Henrich Stove, «da ormai 9 anni non vede il figlio». Il sospetto dell’uomo è che i maltrattamenti proseguano. L’avvocato (e senatore pdl) Alberto Balboni, che difende la madre e i due nonni, è invece fiducioso: «Rispetto al processo del 2004, la situazione è migliorata: il ragazzino frequenta con buoni risultati la scuola, va in parrocchia, vede qualche amico. Il vero problema sono i rapporti tra gli ex coniugi: il figlio ha bisogno di loro, di tutti e due…» .
PERSONE DOWN
IL GIORNALE – A pagina 49 la vicenda di una ragazza down che vuole sposarsi contro il volere della madre. Si legge: «Serena a giugno diventa maggiorenne e la madre prima tutore chiede di essere nominata amministratore di sostegno per continuare a tutelare la figlia, ma non solo per questioni pratiche e burocratiche, anche per le cure mediche e per gli aspetti affettivi. L’organo competente, il giudice tutelare del tribunale di Varese, città dove risiede la giovane, boccia “gli aspetti affettivi” perché «ho ascoltato Serena che è sveglia e audace. Decretare che Serena possa contrarre matrimonio solo con il consenso della madre equivarrebbe a negare un diritto fondamentale della persona. E della dichiarazione di New York che vieta ogni forma di discriminazione basata sulla disabilità».
STATI UNITI
SOLE24ORE – “Obama contro le assicurazioni”: interessante quanto riferisce Marco Valzania da New York: «le compagnie di assicurazione sono partite all’attacco della riforma sanitaria, dando alle stampe uno studio che accusa il progetto di causare insostenibili aumenti nei costi delle polizze sanitarie per gli americani». È ovvio: il presidente tocca i loro interessi. E ha risposto per le rime: «È un’analisi a proprio uso e consumo che non va presa seriamente». Un senatore l’ha addirittura definita «opera di sicari». Il gioco in effetti si fa duro: la Commissione Finanze del Senato Usa voterà oggi una prima bozza di riforma che se passerà sarà il primo passo verso una copertura reale della maggioranza della popolazione oggi senza accesso alle cure gratuite.
FILIPPINE
AVVENIRE – Il missionario irlandese Michel Sinnott è stato rapito domenica nella sua abitazione a Zamboanga, sull’isola filippina di Mindanao. Il missionario è nelle Filippine dal 1976, dove si dedica ai bambini disabili. L’ipotesi è che il rapimento sia ad opera di Abu Sayyaf e del Milf. Nella stesa zona, nel 2007, era stato rapito padre Giancarlo Bossi.
CINEMA
LA REPUBBLICA – “Il flop del Barbarossa tradito anche dai padani”. Il film che Renzo Martinelli ha realizzato con la benedizione del senatur e i soldi pubblici (stanziati 20 milioni di euro, Berlusconi benedicente) non regge alla prova del mercato. Distribuito in 267 sale (un numero da colossal americano) ha raccolto nel primo week-end in media 70 spettatori a sala. Insomma nemmeno i leghisti vanno a vedere le gesta di Alberto da Giussano.
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