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Milano, strage di ciclisti. Bici, auto e camion (im)possibile convivenza?
All’indomani dell’ennesimo incidente in cui un ciclista perde la vita investito da un mezzo pesante (il quarto caso dall’inizio dell’anno) interrogarsi su come permettere la convivenza tra biciclette e automobili è sempre più necessario. Eppure la mobilità dolce e la città a 30 km/h non è un solo sogno per pochi come spiega Valerio Montieri, consigliere nazionale della Federazione italiana ambiente e bicicletta - Fiab
Quattro ciclisti morti sulle strade di Milano nei primi sei mesi del 2023. L’ultima una donna, giovedì 22 giugno, in piazzale Durante (zona Loreto) Tutti vittime di incidenti con dei mezzi pesanti che non vedono il ciclista che finisce sotto le pesanti ruote dei mezzi, nell’ultimo caso una betoniera. Ma a Milano la convivenza tra biciclette e traffico è davvero impossibile? Lo abbiamo chiesto a Valerio Montieri, milanese e consigliere nazionale della Federazione italiana ambiente e bicicletta – Fiab.
«Non è vero che Milano è una città complessa per permettere la circolazione delle due ruote. È una città relativamente piccola, piatta e con strade larghe. Il problema è che l’abbiamo riempita troppo di auto» risponde Montieri. Che aggiunge. «In tutte le città del mondo i mezzi pesanti hanno degli orari di accesso soprattutto di notte, ma la nostra è una città che costruisce molto e il fatto che l’ultimo incidente abbia avuto come protagonista una betoniera non stupisce. Ma le soluzioni ci sono».
Quali?
«Per esempio obbligare l’uso dei sensori che eliminano l’angolo cieco dei mezzi, stabilire percorsi e orari obbligati…»
E le piste ciclabili?
«Certo sono importanti, ma serve un piano complessivo. Molte di quelle realizzate fino a ora sono scomode, fatte sui marciapiedi ma la commistione tra ciclisti e pedoni andrebbe evitate. E poi resta il problema degli incroci quando dalla pista ciclabile si deve passare sulla strada. Le soluzioni sono altre… Una delle novità è quella di prevedere non solo le piste ciclabili sulla strada, ma anche lo stop avanzato per le due ruote»
Cioè?
«A un semaforo, per esempio, ci sono due stop uno per le biciclette e uno più arretrato per le auto: in questo modo l’automobilista il ciclista lo vede, le bici possono partire prima ed evitare che quando un’auto gira per esempio a destra non vedendo la bicicletta la travolga. È un’operazione salvavita semplice. Ma innanzitutto serve un cambio culturale».
Montieri di professione architetto è spesso chiamato a progettare piste ciclabili «uno dei problemi sottolinea è che le amministrazioni comunali la prima cosa che chiedono è quella di non eliminare i parcheggi e così si fa l’errore di far condividere lo stesso spazio a ciclisti e pedoni, invece l’obiettivo deve essere quello di stringere la strada per ridurre così la velocità…».
La famosa città a 30 km/h…
«Certo questo deve essere l’obiettivo, ma occorre avere un progetto complessivo. Per esempio iniziare con i quartieri a 30, aumentare le Zone 30, creare delle direttrici ciclabili… Insomma ci vuole un disegno. A Milano non esiste un Biciplan vero e proprio e andrebbero definite nel Piano Urbano della Mobilità Sostenibile – Pums le direttrici e i tempi certi per la realizzazione di una città a misura di biciclette e pedoni. In sintesi servirebbe un piano omogeneo e tempi certi e poi non farebbe male un controllo maggiore sulle strade, ammettiamolo la polizia locale non la si vede più per le strade…»
In apertura photo by Andrew Gook on Unsplash
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