Banche in subbuglio

Milano, se la vecchia Popolare finisce nel grattacielo più alto

L'offerta pubblica di scambio di Unicredit su Banco Bpm ha messo a rumore il mondo finanziario italiano. L'ad di Unicredit, Orcel, già impegnato in Germania per acquisire il controllo di Commerzbank, punta attraverso un'operazione ostile ad acquisire il quarto gruppo del Paese, cresciuto aggregando banche popolari. I vantaggi e i rischi per le fondazioni azioniste

di Giampaolo Cerri

L’opa, anzi l’offerta pubblica di scambio, è ostile, parola di Banco Bpm. Dopo una giornata di silenzio, i vertici della ex-Popolare di Milano hanno preso la parola oggi, con una dura nota del consiglio di amministrazione che chiarisce come la mossa di Unicredit «non sia stata in alcun modo preventivamente concordata con la Banca».

Banco Bpm è diventato, negli anni, il quarto gruppo bancario nazionale, avendo fuso e incorporato popolari storiche, tra cui Novara, Verona, Lodi, Trentino; un paio di casse di risparmio, come Lucca-Pisa-Livorno e Imola; istituti di credito di investimento, come Banca Akros, o private come Aletti, società di gestione, come Anima sgr (sulla quale ha in corso un’altra opa, ndr). Sempre nella gestione del risparmio, partecipa (al 19%) a Etica Sgr, la società del gruppo Banca Etica.

Una storia di banche popolari e casse di risparmio

È ricca di rimandi simbolici questa vicenda finanziaria, a cominciare da quelli cittadini e storici, fatti di banche popolari, cioè cooperative, e di casse di risparmio, quindi molto legate alla società civile. È la storia della Popolare di Milano, appunto, ma anche del Credito Italiano, banca di interesse nazionale, che poi nella fusioni degli anni ’90 e seguenti, ha unito le proprie sorti a tante casse, da Verona a Torino, da Vicenza a Cassamarca. Nel capoluogo lombardo, la prima mantiene la sua sede nel centro storico, in Piazza Meda, dopo esser stata fondata (nel 1865) in una sala di Palazzo Marino; la seconda ha trovato casa nel building più alto e scintillante della nuova Milano, col suo pennone che sembra sfidare il cielo di Lombardia.

Le accusa di Banco Bpm

Per tornare alla nota dei “comprandi”, il testo è piuttosto puntuto.

Innanzitutto si indica che il prezzo offerto dal gruppo di Andrea Orcel non è adeguato: «L’offerta», si legge, «indica un corrispettivo unitario – interamente in azioni – che riflette un premio dello 0,5% rispetto al prezzo ufficiale di Bbpm del 22 novembre, e uno sconto implicito del 7,6% rispetto al prezzo ufficiale di ieri»

Condizioni che, secondo Banco Bpm «risultano del tutto inusuali per operazioni di questa tipologia, e, nell’opinione del consiglio di amministrazione, non riflettono in alcun modo la redditività e l’ulteriore potenziale di creazione di valore per gli azionisti di Banco Bpm; tale potenziale è ulteriormente rafforzato dalle operazioni straordinarie recentemente annunciate, che si aggiungono alle azioni già contenute nel piano industriale 2023-26 e che si tradurranno in un aggiornamento degli obiettivi del piano medesimo, già in parte anticipati al mercato. Negli ultimi anni», prosegue la nota, «il mercato ha infatti riconosciuto a Banco Bpm una forte capacità di execution, sovra-performando gli obiettivi di piano annunciati e promuovendo importanti iniziative di rafforzamento dell’assetto delle fabbriche prodotto. Tali operazioni hanno permesso di creare valore per gli azionisti e per tutti gli altri stakeholders – clienti, dipendenti e comunità locali di riferimento – rafforzando in modo significativo il posizionamento competitivo della Banca, che oggi si pone tra i player con le migliori prospettive di crescita nell’attuale scenario di mercato, in condizioni di estrarre dalle fabbriche prodotto un contributo in prospettiva ancora più importante, riducendo nel contempo la propria esposizione al rischio di riduzione dei tassi di interesse».

«Cari azionisti pensateci bene»

Secondo il cda di Banco Bpm, «l’offerta espone peraltro gli stakeholders di Banco Bpm all’alea connessa all’esito delle iniziative di espansione avviate da UniCredit in Germania nonché a una significativa diluizione dell’attuale esposizione geografica che, in luogo di un’attrattiva concentrazione di Banco Bpm nelle regioni più dinamiche del Paese e dell’Eurozona, si riposizionerebbe su aree oggi caratterizzate da una minore crescita e un maggiore rischio geopolitico». Tradotto: attenzione, azionisti che eventualmente venderete, se poi lo shopping di Unicredit in Germania – dove si progetta di acquistare una quota importante di Commerz Bank, la quarta banca tedesca – andasse male, anche le azioni Unicredit che avrete ricevuto a saldo della vostra partecipazione in BBpm ne risentiranno. Non manca un cenno all’affondamento del brand, il cui valore sarebbe diluito nel mare magno del marchio Unicredit, ma soprattutto un riferimento, piuttosto pesante, alle implicazioni dal punto di vista occupazionale della fusione.

La preoccupazione per i posti di lavoro

«Infine», si legge infatti nella nota Banco Bpm, «secondo quanto riferito nel comunicato, le sinergie di costo lorde stimate sono pari a euro 900 milioni, ossia più di un terzo della base costi di Bbpm, destando forti preoccupazioni sulle prevedibili ricadute a livello occupazionale e sociale.  Peraltro tali sinergie, al pari di quelle di ricavo, non sono per nulla valorizzate nelle condizioni dell’offerta», dice il gruppo guidato dal Giuseppe Castagna. Traduciamo ancora: come pensa Unicredit di realizzare quasi un miliardo di taglio di costi se non tagliando parte dei 97mila dipendenti e chiudendo un po’ dei 4.763 sportelli sparsi in tutta Italia?

La sostenibilità e le fondazioni azioniste

Sia Banco Bpm sia Unicredit sono gruppi bancari con una certa sensibilità socio-ambientale: si può farsene un’idea qui con la Dichiarazione non finanziaria del primo, e qui invece il bilancio integrato del secondo.

La vicenda, infine, non lascia indifferenti le molte realtà di Terzo settore che beneficiano delle erogazioni delle diverse fondazioni azioniste di Unicredit: se Orcel avrà azzeccato le mosse, le loro partecipazioni acquisteranno valore e produrranno maggiori utili da distribuire. Viceversa, i pacchetti azionari di Unicredit nella pancia degli enti saranno meno fruttuosi e la capacità erogativa ne risentirà.

Nella foto di apertura, collage di due foto LaPresse, i due amministratori delegati coinvolti: da sinistra, Giuseppe Castagna (Banco Bpm) e Andrea Orcel (Unicredit).

17 centesimi al giorno sono troppi?

Poco più di un euro a settimana, un caffè al bar o forse meno. 60 euro l’anno per tutti i contenuti di VITA, gli articoli online senza pubblicità, i magazine, le newsletter, i podcast, le infografiche e i libri digitali. Ma soprattutto per aiutarci a raccontare il sociale con sempre maggiore forza e incisività.