Welfare
Milano pensa a una fondazione per il dopo di noi
Il progetto, a cui il Comune di Milano sta lavorando in collaborazione con l’Università degli Studi di Milano, è stato presentato questa mattina durante il workshop “Durante noi, dopo di noi. Un nuovo progetto per Milano”.
Milano prende un impegno forte sul dopo di noi. Lo strumento è ancora da definire – potrebbe essere una Fondazione – ma non ci sono dubbi sul fatto che la giunta di Giuseppe Sala abbia la ferma volontà di creare un nuovo soggetto che sia punto di riferimento le persone con disabilità nell'ambito del durante noi e dopo di noi. Il progetto, a cui il Comune di Milano sta lavorando in collaborazione con l’Università degli Studi di Milano, è stato presentato questa mattina durante il workshop “Durante noi, dopo di noi. Un nuovo progetto per Milano”. Quello avviato dal Comune insieme al Gruppo di Lavoro è un percorso che vuole essere partecipato: oggi è stato il primo momento di restituzione alle famiglie e alle associazioni rispetto agli studi e agli approfondimenti fatti finora, nella significativa cornice delle Giornate della Disabilità. Un percorso partecipato per giungere all’elaborazione di un modello di Statuto, che sarà redatto nei prossimi mesi: un secondo momento di confronto pubblico sarà a febbraio, nell'ambito del Forum delle Politiche Sociali.
«Parliamo oggi di una “eventuale” Fondazione, ma sia chiaro che non si sta discutendo il "se" ma solo il "come" realizzare questo progetto. Il se è già deciso, lo facciamo; sul come bisogna valutare il relazione al quadro nazionale», ha detto Pierfrancesco Majorino, assessore alla politiche sociali, salute e diritti del Comune di Milano. Di questo nuovo soggetto, «il Comune di Milano non si limita ad accompagnare la nascita, ma ci investe, ci mette risorse, si responsabilizza. Non abbiamo bisogno di creare una nuova fondazione per il dopo di noi, ne esistono già, ma di mixare risorse private e pubbliche, aggregando e attivando tutte le risorse possibili presenti in città. Chiamiamo all’appello la città, vedremo chi risponderà “presente”», ha continuato l’assessore.
Per il momento il Comune ha chiamato a raccolta l’accademia. Il bando è stato vinto dall’Università degli Studi di Milano, che oggi ha restituito i primi approfondimenti rispetto all’ipotesi di creare una fondazione e nella fattispecie una fondazione di partecipazione che si occupi di durante noi e dopo di noi. L’ipotesi è stata esaminata nei suoi pro e contro sotto il profilo dei principi costituzionali, civilistici, tributari, di governance, dei destinatari, degli strumenti di gestione patrimoniale, del rapporto tra la fondazione e gli altri istituti esisteni, a comonciare dall’amministratore di sostegno. Prestigioso il gruppo di lavoro: Isabella Menichini, dirigente del settore disabilità del Comune di Milano; la professoressa Marilisa D’Amico, ordinario di diritto costituzionale dell’Università degli Studi di Milano, coordinatrice del gruppo di lavoro; il professor Gianroberto Villa, ordinario di diritto civile dell’Università degli Studi di Milano con la dottoressa Antonella Ferrero; il dottor Andrea Blasini, dell’Università Sant’Anna di Pisa, che ha presentato l’esperienza delle sei fondazioni di partecipazione per il dopo di noi della Toscana; l’avvocato Laura Abet di Ledha; il professor Giuseppe Arconzo, docente di diritto costituzionale all’Università degli Studi di Milano, con la dottoressa Benedetta Liberali; il professor Gaetano Ragucci, che insegna diritti tributario all’Università degli Studi di Milano con l’avvocato Ramona Tombini.
La prospettiva esistenziale e il ruolo da protagonisti che le famiglie possono avere in questa nuova fase di innovazione sociale è stata rappresentata dagli intervento di Fondazione I Care e Fondazione Idea Vita. Una suggestione molto apprezzata è arrivata dall’avvocato Abet di Ledha: «Dopo di Noi è una dizione datata, superata e oggi forse anche pericolosa. L'accento è sul “noi” genitori, dando così per scontato che la persona con disabilità debba essere assistita fino a che è possibile dai genitori, con una limitazione del diritto ad autodeterminarsi dei figli con disabilità. Il suggerimento che ci permettiamo di dare è quello di chiamare l’eventuale fondazione “Fondazione Come tutti” oppure “Fondazione abitare come tutti”, oppure ancora “Fondazione Vivere come tutti” o “Fondazione Liberi di vivere, come tutti”. È un’espressione che tiene al suo interno i principi contenuti nella Convenzione Onu dei diritti delle persone con disabilità, un’indicazione che le persone con disabilità e i loro familiari accetterebbero con entusiasmo, perché darebbe voce ai propri diritti».
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