Sostenibilità

Milano, la città e le api possono convivere: ecco dove

I biologi dell’università di Milano-Bicocca hanno censito quaranta siti del capoluogo lombardo analizzando i nettari e il polline, per capire il rapporto tra la metropoli e la vita delle api. Dal parco Montanelli al Solari, l'indagine racconta che il Parco Nord è il più amato dalle api

di Luca Cereda

L’urbanizzazione dei territori e la crisi climatica che tutto il globo sta attraversando influiscono sulla presenza di impollinatori e sull’entità di nettare e polline da essi trasportato. Così, le città e i dintorni diventano laboratori di transizioni ambientali in grado di restituire informazioni sul servizio ecosistemico di impollinazione di una data area utili per la pianificazione e gestione di paesaggi urbani più attenti all’ambiente.

Sono i temi – applicati alla città di Milano – al centro di uno studio di un gruppo di ricerca del dipartimento di biotecnologie e bioscienze dell’università di Milano-Bicocca, dal titolo “City climate and landscape structure shape pollinators, nectar and transported pollen along a gradient of urbanization” (Il clima della città e la struttura del paesaggio modellano gli impollinatori, il nettare e il polline trasportato l’urbanizzazione), appena pubblicato sul ”Journal of Applied Ecology“ (Giornale di ecologia applicata). La ricerca, col supporto di Regione Lombardia nell’ambito del progetto “Pignoletto”, dimostra che «la variazione della cementificazione del paesaggio in una regione – come spiega Paolo Biella, ricercatore di Ecologia dell’ateneo milanese – crea un gradiente di trasformazione del paesaggio dovuto all’urbanizzazione».

Api a Milano, semaforo verde per le periferie

Gli scienziati di Milano-Bicocca si sono focalizzati sull’effetto dell’urbanizzazione del paesaggio e del clima su due gruppi di impollinatori, le api selvatiche e i sirfidi, sulle risorse floreali a loro disposizione (il nettare utilizzato per l'alimentazione) e anche sul polline trasportato sui loro corpi che serve per impollinare le piante. «Lo abbiamo fatto in un insieme di 40 siti collocati principalmente nella città metropolitana di Milano, da aree seminaturali a basso impatto ad aree con diversi livelli di edificato». Con campionamenti svolti da maggio a luglio del 2019. Gli effetti dell’urbanizzazione sono risultati in generale negativi per la presenza di impollinatori. «Le aree suburbane erano le più ricche di impollinatori – spiega Biella – che hanno raggiunto il picco quando il paesaggio era occupato dal 22 per cento di superfici cementate, con la rilevazione di oltre 100 individui in 24 ore, e sono poi diminuite con la crescente urbanizzazione. Inoltre, la presenza era influenzata dalla distanza tra le aree verdi e dall’ampiezza del parco urbano: più erano distanti le aree o più era grande il parco, meno erano le api selvatiche e i sirfidi rilevati».


Api, quanto influisce il clima?

Siti particolarmente ricchi di impollinatori si sono rivelati, nella cintura periurbana di Milano, Cesano Boscone, Cuggiono, San Bovio e Vimodrone. Nella città di Milano, invece, siti particolarmente amichevoli per api e sirfidi sono risultati il parco Nord, il parco Segantini e la Collina dei Ciliegi, in zona Bicocca.

A influire negativamente sulla minore presenza di impollinatori non è stata solo la mancanza di verde e di risorse floreali, ma anche il clima locale. «Gli impollinatori sono diminuiti nelle aree più urbane – prosegue il ricercatore – che hanno infatti minime variazioni di temperatura tra la primavera e l'estate, che si mantiene alta più a lungo rispetto a aree semiurbane o agricole». Altro aspetto rilevato: il nettare disponibile – la massa zuccherina di cui si nutrono gli impollinatori quando si posano sui fiori – aumentava proporzionalmente alla copertura cementata e anche alle precipitazioni. «I nettari delle città erano meno consumati dagli impollinatori, meno presenti, e le piante erano più produttive, forse avvantaggiate dalle più copiose precipitazioni».

…si lavora per aumentare le “autostrade” delle api

L’urbanizzazione, in conclusione, incide anche sul servizio ecosistemico di impollinazione. «Nel polline trasportato dagli impollinatori abbiamo trovato progressivamente meno specie di piante al crescere delle aree cementificate e il polline di città conteneva un'elevata incidenza di piante esotiche e ornamentali, suggerendo comunità vegetali molto antropizzate», aggiunge Biella. Arbusti come la deutzia, la rosa ornamentale, il filadelfo e fiori come le campanule, l’arnica, il nasturzio e il garofano.

Ora il gruppo di ricercatori del dipartimento di biotecnologie e bioscienze dell’ateneo milanese sta portando avanti altri campionamenti. «Le città e i dintorni offrono una grande opportunità per capire come piante e impollinatori reagiscono alle transizioni ambientali. Questi due gruppi di esseri viventi sono la chiave di molti processi direttamente e indirettamente connessi con le società umane e con il funzionamento della natura. Resta il fatto che si possa agire anche nell’immediato aumentare le “autostrade” delle api dalle periferie al centro anche lungo le carreggiare delle strade. Interventi che hanno anche una natura estetica, quindi doppiamente convenienti», conclude Biella.

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