Volontariato

Milano, il bazar delle promesse

Clima confuso e avvelenato a pochi giorni dal ballottaggio

di Franco Bomprezzi

Una settimana di passione. Passione politica, dovrebbe essere. E invece sembra più che altro di sofferenza e di toni esagitati, attorno alla partita dei ballottaggi amministrativi, soprattutto a Milano, dove lo scontro è durissimo e le possibilità di rimonta di Letizia Moratti sono messe a dura prova anche dagli argomenti dei suoi sostenitori. Lite infatti sui ministeri a Milano, all’interno del Pdl, con Berlusconi preso in mezzo.

“Ministeri, scintille fra Lega e Pdl”, apre così il CORRIERE DELLA SERA del lunedì. Sommario: “Bossi li vuole a Milano. Alleati divisi. Berlusconi: solo dipartimenti”. Il CORRIERE prova a far ragionare i suoi lettori sui contenuti e sottopone i due candidati, Giuliano Pisapia e Letizia Moratti, a una serie di domande formulate da personalità esterne alla sfida politica, ne nasce una pagina interessante, la 9, dove i due rispondono in tema di welfare, smog, case, Expo, ascolto, pulizia e buche, donne, moschee e rom. Ma già in prima l’editoriale di Ernesto Galli Della Loggia esprime i suoi dubbi sulla campagna elettorale: “Alle radici del malessere”. Scrive Della Loggia, all’inizio: “Cascano le braccia davanti alla cecità politica che sta dimostrando in queste ore la destra nella campagna per Milano. Ma davvero si può pensare che dilagare sui telegiornali, promettere ministeri, togliere multe, elargire mance e favori possa rovesciare un risultato che ha cause politiche profonde? Per carità: magari il ballottaggio di domenica assegnerà la vittoria a Letizia Moratti, chi può dirlo?, ma se ciò accadrà sono sicuro che accadrà solo perché, pur di non consegnare la città agli avversari, l’elettorato di destra si ricompatterà e tornerà alle urne che aveva disertato una settimana fa. Non certo perché ammaliato dall’ennesima concione berlusconiana o dal miraggio di qualche improbabile ministero alla Bovisa elargito da Bossi. La destra dovrebbe convincersi che ciò che soprattutto le sta togliendo il consenso del Paese (Milano inclusa) — oltre qualche intemperanza, chiamiamola così, della vita privata del suo leader: ma in misura che io credo assai poco rilevante— non dipende in realtà dall’economia. Dipende da qualcos’altro che va al di là delle pur non facili condizioni di vita di tanti cittadini. Sostanzialmente dipende dal fatto che molti elettori di destra hanno cominciato a perdere fiducia nella capacità di Berlusconi e dei suoi di capirli e di rappresentarli in generale. Al contrario di ciò che spesso pensa la sinistra, non è per nulla vero, infatti, che a destra ci siano solo interessi, e per giunta quasi sempre bassi e talora inconfessabili”. E così conclude: “I governi delle democrazie — che siano di destra o di sinistra — non esercitano il potere solo per spendere o per distribuire risorse. Esistono anche per difendere chi si trova in posizioni di svantaggio, per tutelare gli interessi generali, per aiutare a vivere meglio. È su questo piano soprattutto che il governo della destra italiana non è stato capace di agire e di trasmettere un messaggio in grado di arrivare all’opinione pubblica. Innanzitutto alla «sua» opinione pubblica”. “Berlusconi: c’è un clima da guerra civile” è il titolo roboante in apertura di pagina 2, che sintetizza le affermazioni del premier, che ieri ha visitato in ospedale la signora Rizzi, vittima di una aggressione da parte di un sostenitore di Pisapia, stando alla denuncia fatta dal Pdl. Interessante il pezzo di taglio, sempre a pagina 2: “Il partito in subbuglio invoca il Cavaliere: siamo un treno impazzito”. Scrive Paola Di Caro: “«Siamo senza guida, da lunedì prossimo rischiamo che lo strappo della Biancofiore, che vuole farsi un suo gruppo, sia imitato da mezzo partito… E così non si regge…» aggiunge un collega avvertendo che sembra iniziato il «si salvi chi può» . Per questo sono in azione da ieri sera i mediatori del Pdl per trovare una soluzione tecnica che permetta sia alla Lega che allo stesso Pdl e ad Alemanno di non perdere la faccia o di rompere. Si studia una sorta di decentramento delle «funzioni» della presidenza del Consiglio (che ne manterrebbe la titolarità) per i ministeri senza portafoglio delle Riforme e della Semplificazione (che andrebbero a Milano: e delle Pari Opportunità (che approderebbe a Napoli), e si spera di consegnare la bozza di intesa a Berlusconi al massimo domani, per evitare non solo gli scontati contraccolpi sulla campagna elettorale, ma addirittura il preannuncio di una crisi di governo. Per questo Berlusconi appare a chi gli ha parlato sempre meno speranzoso di rovesciare il risultato di Milano, sempre più «sconcertato» per le «risse incomprensibili» nel suo partito come per l’atteggiamento di una Lega di cui non teme il tradimento, ma di cui censura i toni e i modi dell’offensiva sui ministeri: «Così rischiamo una scoppola» , ripete”. Curioso il pezzo di cronaca sul tour elettorale di Bossi a Milano, raccontato da Marco Cremonesi, eccone un passaggio: “Al suo arrivo i militanti del centrosinistra lo contestano? Lui rizza il pugno, lo rotea e ringhia: «Vieni qui, che ti mando all’ospedale io» . Poi si placa e spiega ai cronisti: «Siamo voluti venire qua da soli, lasciando a casa qualche migliaia di giovani. Ma questi della sinistra vogliono picchiare la gente» . Al termine della sua visita al gazebo leghista, la contestazione si ripete. Una signora che mai ti aspetteresti si lancia contro i dimostranti al grido di «cani randagi» . Bossi qui è più asciutto: «Cornuti!» . Gli chiedono di Roberto Formigoni, del fatto che il governatore lombardo non consideri una «priorità» il trasferimento dei ministeri. La prima risposta è una rotonda pernacchia. Poi, la faccia si fa scura: «Almeno stia zitto, governa grazie ai voti della Lega» . Il cronista del Fatto Quotidiano gli chiede cosa succederebbe se il centrodestra perdesse i ballottaggi. Lui alza le spalle: «Tanto li vinciamo, faccia di m…»”. 

“Ministeri, scontro Pdl-Lega”: LA REPUBBLICA apre l’ennesimo fronte polemico che si è aperto all’interno del centro destra. Un Bossi di lotta che pretende il trasferimento dei ministeri e però trova contrari i suoi colleghi di governo. Il senatur è arrivato persino a zittire Formigoni e a minacciare un contestatore («vieni qui che ti mando all’ospedale»). Insomma siamo tornati ai giorni del celodurismo e della propaganda strillata. «Con il federalismo abbiamo sconfitto Roma ladrona, con il decentramento sconfiggeremo Roma padrona; la cuccagna è finita», dice un Calderoli ministro e deputato da parecchie legislature. Il presidente della Regione, invece, è su posizioni più realistiche: rifiuta di commentare la pernacchia che gli ha rivolto Bossi e rilancia invece con una proposta. «Il prossimo Consiglio dei ministri approvi un pacchetto di misure economiche di stimolo alle imprese, alla ricerca e alla infrastrutturazione del Nord». Tanta ragionevolezza sembra però annegare nel mare grande delle polemiche e delle promesse. Quanto alle prime, i presunti scontri fra fan dei due avversari dà modo al premier di affermare: «avanza una sinistra vicina ai violenti». La sciura Moratti cerca di abbassare i toni e promette la sanatoria sulle multe. Pisapia invece va dal questore e lancia appelli alla calma: «i miei porgano l’altra guancia». «C’è qualcuno che ha interesse ad alimentare questo clima, e certo non può essere chi è vincente». Quanto al clima da guerra civile, scrive Carmelo Lopapa, non è quello a Milano, bensì all’interno del Pdl. Secondo Aldo Schiavone (“La promessa boomerang”) Bossi dà prova di grande cinismo mentre Berlusconi sta andando verso una deriva estremista causa incapacità di parlare un linguaggio diverso da quello della paura e del livore.

IL GIORNALE intervista Gianni Alemanno, sindaco di Roma che avverte il leader leghista «la sede del governo è qui per Costituzione, lo spostamento non fa parte del programma» e spiega alla Moratti come rovesciare l’esito del primo turno, come fece lui nel 2008: «Parli di grandi scelte, dalla sicurezza all’Expo». Più nel dettaglio «Deve dare ai milanesi un messaggio chiaro: tra centro sinistra e centro destra c’è una differenza di fondo nella gestione dei problemi della città. Rutelli ha perso quando i romani si sono resi conto  che su emergenze come sicurezza, immigrazione, campi nomadi, la sinistra per la sua tara ideologica buonista, non riusciva a dare risposte».  Su Pisapia: «La sinistra che lui rappresenta non è in grado di gestire un evento come l’Expo, di amministrare una grande metropoli e economica e europea». In sintesi Alemanno dice: «Più si è concreti nel differenziarsi dalla sinistra, più si è credibili».

“Scontro fra Lega e Pdl sui ministeri al Nord. Bossi: impegno di Silvio”. LA STAMPA decide di aprire in prima parlando della situazione a Milano. Al centro del contendere l’ipotesi di spostamento di alcuni ministeri (o dipartimenti) verso la Lombardia. E’ un centrodestra in subbuglio quello descritto da Carlo Bertini a pagina 2 e un premier a disagio a pagina 3. Prosegue intanto la strategia di alzare la tensione. Lo stesso Berlusconi dichiara “un clima da guerra civile” sotto la Madunina (pagina 4). Tra le curiosità un’intervista a Paolo Cirino Pomicino: «In nessun Paese al mondo, men che meno negli Stati federali, come la Germania o gli Usa, i ministeri sono decentrati. Anziché enfatizzare il potere delle singole regioni, sono i leghisti stessi a non credere al federalismo. La verità è che sono centralisti e fanno finta di essere regionalisti. Vogliono che lo Stato centrale rimanga, anzi sia ancora più vicino a loro». Il commento è affidato a Luigi La Spina. «E’ un vero peccato che la campagna elettorale per il ballottaggio a sindaco di Milano si sia conclusa con una settimana d’anticipo e con un risultato a sorpresa: Letizia Moratti ha perso – scrive La Spina – ma non è stata sconfitta dal suo competitore Giuliano Pisapia, ma da se stessa. Perché potrà anche riuscire a compiere l’impresa disperata di superare il candidato del centrosinistra, lunedì prossimo, ma a un prezzo che non bisognerebbe mai accettare di pagare, quello di rinnegare il proprio passato politico, le scelte programmatiche fatte e tante volte rivendicate, i valori in cui si è creduto o si è detto di credere e, soprattutto, tradendo la fiducia di coloro che per quei valori l’hanno eletta a loro rappresentante». 

E inoltre sui giornali di oggi:

POVERTA’
LA REPUBBLICA – “L’Italia si sente sempre più povera”: un sondaggio Demos-Coop fotografa la percezione degli italiani che Ilvo Diamanti commenta scrivendo di una grande insoddisfazione. «L’abbiamo riconosciuta, da ultimo, nel voto amministrativo. Che ha rivelato cambiamenti profondi. E inattesi». E la ragione più evidente è il fatto che «l’ascensore sociale è in discesa, da troppo tempo»: per la prima volta le persone che si sentono ceto popolare superano per la prima volta quelle che si sentono ceto medio. «La novità assoluta è che il senso del declino non riguarda i “soliti noti”. Operai, pensionati, disoccupati, su tutti. Ma risucchia altri gruppi, che si è soliti collocare più in alto. Nei ceti medi. Perfino nelle classi dirigenti». Cartina di tornasole, il fatto che il 56% degli intervistati condivide l’idea che per i giovani il lavoro, la carriera e il futuro si trovino in primo luogo fuori Italia.

SPAGNA
IL GIORNALE – Ripercorre la storia recente: « Sono due anni che la Spagna ha smesso di fare i miracoli. La sbornia era cominciata nel 2004, allora si respirava ottimismo e cambiamento. L’attentato del 11 marzo aveva lasciato paura e indignazione, c’era voglia di ripudiare la politica di Aznar e Zapatero sembrava la soluzione per tutto. Zapatero ha sfruttato l’economia che andava alla grande, una disoccupazione ai minimi. Il premier progressista  distribuiva diritti a tutti: gay, coppie di fatto, minorenni con necessità di abortire. La Spagna supera un Italia che rincorreva invidiava. Poi lo sbaglio clamoroso e terribile. Due anni fa il premier nasconde fino all’ultimo momento l brutalità di una crisi che avrebbe spazzato via ogni speranza spagnola. Oggi Zapatero si trova a raccogliere i  resti di un fallimento».

LA STAMPA – Implacabile il titolo sulle elezioni amministrative spagnole: “La Spagna boccia Zapatero”. Voto choc per i socialisti che perdono anche Barcellona dopo 32 anni di governo. Da segnalare il commento di Boris Biancheri: «Come in Italia così in Spagna, sono le elezioni amministrative che si tengono in questa precoce stagione estiva che ci proiettano sul futuro e anticipano in qualche modo l’avvenire politico e sociale dei rispettivi Paesi». E così succede anche a Brema, dove le elezioni puniscono il governo della Merkel facendo volare i verdi al secondo posto con il 22,7% superando la Cdu scivolata al 21% e dietro la Spd che guadagna l’1.6% portandosi al 38,3%. Morale: il volto dell’Europa sta cambiando, a farne le spese chi ha governato in questi ultimi anni di crisi, che sia di destra o di sinistra. 

LAVORO
IL SOLE 24 ORE – «Il terzo settore soffre il turnover», è il titolo nella sezione lavoro del quotidiano del lunedì. Com’è il lavoro nel non profit? «Entusiasmante all’inizio. Interessante per crescere, poco gratificante nel lungo e medio termine», sintetizza Elio Silva. Il settore «assorbe occupazione, mentre i fundraiser chiedono trattamenti orientati ai risultati». Si fa un identikit dell’addetto medio: «A prevalere sono le donne di età tra i 30 e i 45 anni con un titolo di studio elevato, gli stipendi partono da 20mila euro l’anno». Intanto è «in aumento l’interesse delle imprese», un vero e proprio «effetto sostenibilità sulla richiesta di Csr manager.

SOSTENIBILITA’
ITALIA OGGI – Il quotidiano dei professionisti dedica due pagine di focus al salone della responsabilità sociale Dal Dire al Fare che si terrà il 25 e 26 maggio all’università Bocconi di Milano. Il pezzo “Sostenibilità, le imprese accettano la sfida”  anticipa alcuni dei trend della sostenibilità e della responsabilità d’impresa che saranno discussi al salone.  Come antipasto ai lavori, un dato molto ottimista:«Per il 93% dei cheif executive mondiali la sostenibilità è diventata un elemento fondamentale per il successo delle imprese ed entro 10 anni sarà parte integrante del loro core business come mostra l’United Nations global compact-Accenture Ceo study 2010».

VOLONTARIATO 
LA STAMPA – “Il Volontariato si è spostato in Rete”. E’ la tesi – in controtendenza rispetto ai recenti studi sul «Web che isolerebbe dal resto del mondo» – della fondazione americana Mac Arthur, già in prima in linea per sostenere il banchiere dei poveri Yunus e sorta di cassaforte per i nuovi progetti di partecipazione sociale. Tutto parte da Wikipedia, l’esempio più famoso. L’enciclopedia ha da poco festeggiato i 10 anni e i 400 milioni di utenti: l’80 per cento dei volontari che la scrivono hanno tra i 20 e i 30 anni. Un capitale umano di centomila autori che l’hanno trasformata in uno dei dieci siti più cliccati del mondo e le hanno permesso di raccogliere oltre 16 milioni di dollari in donazioni. «Internet è la via d’accesso privilegiata per l’impegno civico e sociale» dice Joseph Kahne, capo del team di ricerca della Mac Arthur. Tutto questo succede a pagina 21. 

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