Famiglia

Milano è una città in declino o una città incompresa?

A Milano la sinistra cerca di tornare in sella dopo vent’anni; a Milano il centrodestra cerca di ritrovare l’orgoglio

di Andrea Leone

Per Bruno Ferrante il dialetto milanese non è il suo. Però dice che il suo dolce preferito è il ?pan de mei?, dolce povero della città, una roba che è meglio a mangiarsi che a guardarsi. La Letizia Moratti invece a Milano c?è nata, e lo sottolinea duettando con Berlusconi sulle note di O mia bela Madunina. Milano da bere, Milano capitale morale, Milano città infinita, o quella della conta dei bambini, «Milano, Milano, è una bella città; si canta, si balla e l?amore si fa». Ma la Milano che conta, alla fine, è quella sotterranea, delle radici che affondano in profondità. Lo hanno capito i due maggiori candidati sindaco della città, che in questo rush finale della campagna elettorale solleticano le corde dell?orgoglio e dell?appartenenza. Per questo Vita ha pensato di riflettere sulle imminenti elezioni a Milano con un poeta, Franco Loi. Genovese di nascita e milanese da sempre, Loi ha sdoganato il dialetto in poesia: non come lingua in via di estinzione, ma come la lingua spuria, contaminata, attraverso cui gli immigrati entrano in contatto con i locali, attraverso il quale imparano (poi) l?italiano. Una divagazione da salotto letterario? No. Perché secondo Loi l?identità di Milano è questa: essere senza un?identità, costruirsi nel dialogo con l?altro. E a Milano chi vuole vincere deve tenerne conto. Vita: Milano ha mille volti. Esiste un carattere proprio della città? Loi: Certo. Si può riassumerlo in due o tre elementi, che fanno parte da sempre della città. Innanzitutto una spiritualità non astratta, che ha sempre compreso anche il fare, le opere. Poi la capacità di accoglienza, il rispetto. Milano, essendo una città commerciale, non conosce la chiusura. La circolazione di denaro, uomini e merci comporta anche una circolazione di cultura e idee, a livello alto. Milano è sempre stata anticipatrice nella storia, ha sempre avuto questo ruolo. L?editto di Costantino, Ambrogio che fonda il rito ambrosiano, l?Illuminismo con Verri e Beccaria, il Romanticismo, le prime rivolte del Risorgimento, persino il fascismo, nato qui come movimento socialista? e i primi scioperi, il 25 aprile che scoppia qui. Ogni volta che l?Italia si sposta verso l?Europa, Milano diventa il punto di riferimento. Vita: Perché allora per Milano si parla tanto di crisi? Vuol dire che la città ha tradito se stessa? Franco Loi: Non parlerei di tradimento, ma certo una perdita c?è stata: la perdita dell?apertura verso l?altro. Si è verificata una radicale trasformazione della società, che ha comportato una crescita esponenziale della violenza. Non esiste più una vita sociale, siamo tutti chiusi in casa con le porte blindate e fuori non si può camminare: le automobili hanno invaso le strade, sono sopra le nostre teste, sono dappertutto, simbolo dell?individualismo e dell?aggressività. Quando guida un?automobile, anche una persona gentile si trasforma in violenta, perché gli altri sono visti come nemici. Il rapporto con gli sconosciuti è finito, oggi per salutare uno che non conosci devi andare in montagna. I vicini di casa non si sa neppure chi siano, i bambini non giocano più nelle strade, non si sentono più le urla dei bambini da decenni. I rapporti tra gli uomini in generale si sono inaspriti. Vita: C?è un momento preciso a cui far risalire questo peggioramento? Loi: Tra gli anni 60 e 70. In quel periodo si è verificata una grande immigrazione, non più lavorativa come nel dopoguerra ma criminale, fatta di bande che lottavano per il possesso della città, vere e proprie mafie che gestivano il traffico di droga. Di fronte a questo fenomeno le istituzioni latitavano. È stato un periodo buio: ricordo cadaveri per le strade e sparatorie notturne. Era un?immigrazione diversa anche da quella attuale, costituita da extracomunitari, più controllata. L?altra causa è stata il 68, che ha creduto di essere un movimento rivoluzionario, ma in realtà non aveva radici sociali: era un movimento di malcontento, legittimo se vogliamo, ma elitario, che ha creato false illusioni. Prima i cambiamenti e le emergenze sociali erano controllati da due forze, il Partito comunista e la Chiesa. Ora la Chiesa non ha più presa sulle coscienze, mentre la borghesizzazione del ceto popolare ha significato un aumento dell?egoismo, della violenza e della criminalità. Eppure, nonostante questo, Milano è una città ancora piena di energia, un?energia che non si può trovare neanche a Londra o Parigi, ma solo a New York: tutta protesa al nuovo e al diverso. È sempre stato così: chi viene a Milano dopo un po? si sente milanese. È capitato ai siciliani e oggi capita ai senegalesi, che ti parlano in dialetto. Nonostante la poca partecipazione alla vita della città e nonostante una indubbia crisi, resiste questo senso di appartenenza. I milanesi sono gente di tutto il mondo, l?identità milanese non esiste, è data dal confronto col diverso. Vita: Dostoevskij diceva che «la bellezza salverà il mondo». Abbiamo qualche speranza anche per Milano? Per molti questa è una città grigia e brutta… Loi: Per Stendhal, nell?Ottocento, Milano era la città più bella d?Europa. Negli anni 70 c?è stata una devastazione selvaggia della città, in verità iniziata già prima. Negli anni 20, per esempio, hanno interrato i Navigli invece di fare la cosa più sensata, cioè ripulirli. Si è cercato l?utile a discapito della bellezza. L?operatività della città è diventata un boomerang, nessuno si è più occupato del bello. Oggi questo è centuplicato. Le grandi opere necessarie per lo sviluppo non sono state fatte al momento giusto, e ora è troppo tardi. Non vedo più una cura nei confronti delle cose. Ricordiamo che la bellezza la costruisce l?uomo, e quando all?uomo viene a mancare l?amore per le cose e per l?ambiente in cui vive, la bellezza sparisce. L?impatto con la città per uno che viene da fuori non è piacevole, devo ammetterlo, ma a Milano ci sono cose bellissime, basti pensare a Sant?Ambrogio. Eppure anche a lì ci sono le macchine fin quasi sul sagrato. Vita: A due settimane dalle elezioni, la Triennale di Milano ha organizzato un convegno intitolato La Rai è un servizio pubblico. L?impegno di Milano per una nuova Rai. Come giudica l?attuale offerta culturale della città? Loi: Una volta le case editrici erano dirette da Vittorini, Pavese, Calvino, grandi scrittori e poeti. Gli editori erano anche uomini di cultura, come Mondadori e Bompiani. Oggi al loro posto c?è un manager anonimo che pensa solo a far quadrare i bilanci e non legge ciò che pubblica. Così la televisione. L?unica cosa importante è il numero, anche se quel numero è composto dal peggio della società. Vedo un abbassamento spaventoso verso la mediocrità, l?offerta culturale è scaduta. Vita: Come vede il futuro di Milano? Cosa sarà la città tra dieci anni? Loi: Non mi sembra di vedere la fine di un ciclo, ma la fine della storia. Questo vale per Milano e non solo, è un processo globale. La borghesia oggi non produce, non costruisce, specula soltanto. A scuola non si fa più cultura, non esiste più neppure il nozionismo. L?Unione Europea dimentica di porre il cristianesimo al centro della sua identità, mentre il cristianesimo è il punto più elevato della cultura dell?uomo. Gli scienziati sono come stregoni, hanno la pretesa di conoscere la realtà, è un misticismo della scienza. Abbiamo presente soltanto le cose finite e questo porta a una visione catastrofica della realtà, che rende l?uomo falsamente onnipotente: tutto sembra risolto e a noi non resta che sederci godendo del nostro illusorio possesso. Una visione generale del mondo non c?è più, tutto è ridotto all?apparenza. E l?uomo cos?è? Solo carne, polvere? Perché allora l?uomo è così inquieto? Perché questo soddisfacimento materialistico non può bastargli. Gli uomini non vogliono la libertà, e quindi non sono felici. La gente è scontenta. Non occorre andare negli ospedali, nelle carceri: basta salire su un tram, guardarsi intorno, si può percepire ovunque. La soddisfazione dei desideri materiali non può essere il senso della vita. Questo progetto è fallito completamente. In questo momento di decadenza generale non si possono fare previsioni su niente. Vita: Le imminenti amministrative paiono puntare su un rapporto più stretto fra politica e società civile. La politica può fare qualcosa per questa Milano? Loi: Sono troppo grandi le cose che bisognerebbe fare. Mancano tutti i punti di riferimento. Le classi politiche sono inadeguate, perché nate da ideologie irrimediabilmente tramontate da molto tempo. Chiunque vinca, non farà una vera differenza. Il concorso delle persone non c?è, e senza la trasformazione dell?uomo, dell?individuo, non si trasforma la società. Non si può più trascinare gli uomini all?azione e al miglioramento, perché oggi conta solo il denaro. Paradossalmente è come se i capitalisti di oggi fossero marxisti: per loro esiste solo l?economia, che come diceva Marx è l?unica vera struttura del mondo. Tutto il resto è una sovrastruttura: tutto ciò che non è arricchimento è superfluo, non significa niente. Vita: E l?arte invece? Ha qualche chance in più? Loi: Sì, e fondamentale. Il male è banale, e risiede nella volontà stessa dell?uomo: gli uomini sono i principali nemici di loro stessi, perché si dimenticano di sé. Eppure l?anima ha il ricordo del bene, che proviene da Dio. Dio è l?alterità, ossia l?ignoto che sta in noi. Bisogna ascoltare ciò che non sappiamo ancora di noi stessi. Nella Divina Commedia vediamo che Virgilio non arriva al Paradiso, abbandona prima: Virgilio rappresenta la ragione, che può essere utile per percorrere il proprio cammino, anzi è necessaria quando si deve scegliere tra il bene e il male. Ma a metà strada tra Virgilio e Dante c?è Stazio, il poeta latino, che rappresenta la poesia e la volontà morale: cioè il punto di passaggio tra l?Inferno e il Paradiso. Al Paradiso, cioè alla coscienza di sé, ci si arriva attraverso la bellezza. chi è Loi? Franco Loi è nato a Genova nel 1930. Vive a Milano dal 1937, e ne ha adottato il dialetto. è stato un importante critico letterario per Il Sole 24 Ore dalla fine degli anni 80, incoraggiando l?uso poetico del dialetto. Il suo linguaggio poetico nasce dalla mescolanza di elementi linguistici di varia natura: gerghi, idiometti di area proletaria e contadina, spesso reinventati dalle esigenze espressive dell’autore. Si è affermato soprattutto con la raccolta Stròlegh (1975). Tra le ultime pubblicazioni: Aquabella (2004) e Aria de la memoria. Poesie scelte 1973-2002 (2005).


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