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Milano e Lombardia hanno bisogno di aria nuova

Il 2022 è stato l’anno più caldo di sempre a Milano e in Lombardia e quello meno piovoso. Il 2023 si apre - diversamente dagli ultimi 10 anni - con l’aria più inquinata che mai e con nevai e laghi che presentano oggi i primi tratti della siccità. Meteorologi e ambientalisti sono allarmati dal fatto che non ci sia all’orizzonte un piano che faccia invertire la rotta. Tranne (forse) zona30 a Milano

di Luca Cereda

Milano è al primo posto nella classifica delle città lombarde con la peggior qualità dell'aria, seguita da Cremona al secondo. A dirlo l'analisi di Legambiente Lombardia su dati Arpa 2022. I responsabili: il traffico a Milano e le emissione degli allevamenti di animali a Cremona. Sono queste le due fonti principali di emissioni che danno luogo agli elevati livelli di particolato sospeso. A Milano il superamento si è verificato 81 giorni, a Cremona 64. Dei 12 capoluoghi di provincia, otto hanno superato il limite di 35 giorni di superamento di 50 microgrammi/mc di polveri sottili all'anno, tre sono decisamente al di sotto, mentre Bergamo è al limite con 34 giorni. In generale, il 2022 in Lombardia si conferma l’ennesimo anno di cattiva aria.

Polveri sottili

Nell’ordine, sono Milano, Cremona, Mantova, Brescia, Lodi, Monza, Pavia e Como le città che hanno infranto il tetto massimo concesso dalla normativa europea per quanto riguarda le giornate di smog elevato, con polveri oltre i 50 microgrammi/mc: 35 giorni all’anno secondo le vigenti norme europee. Bergamo, ferma a 34 giorni, potrebbe farcela a restare al di sotto del limite europeo se le condizioni meteo degli ultimi giorni dell’anno favorissero un ricambio d’aria, mentre Lecco, Sondrio e Varese, con un numero di infrazioni compreso tra 14 e 20, sono nella cosiddetta 'zona salvezza'. Nessuna delle città lombarde, però, rispetta le nuove linee guida dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), in virtù delle quali devono essere meno di 4 all’anno le giornate di smog estremo. La normativa europea sulla qualità dell’aria è in fase di revisione e i limiti potrebbero diventare ancor più stringenti. Se così fosse, nessuna città lombarda potrebbe dichiararsi 'libera dallo smog'.

Aria pericolosa per la salute

Una situazione simile è quella che riguarda i valori medi annui. La buona notizia è che nessuna città lombarda supera il valore soglia stabilito dalla normativa europea (40 microg/mc per le polveri sottili), quella cattiva è che nessuna città lombarda si colloca al di sotto dei valori di riferimento per la salute umana fissati dall’Oms (15 microg/mc): in Lombardia si continua a respirare aria di pessima qualità. Sono sempre le città della pianura – Milano e Cremona in testa – ai vertici della classifica per cattiva qualità dell’aria, la situazione è leggermente migliore per i capoluoghi pedemontani (nell’ordine, Como, Bergamo, Varese e Lecco), oltre che per Sondrio.

Guardando però al dato medio (Pm10 per tutte le centraline urbane dei 12 capoluoghi lombardi), a spaventare i polmoni e i cittadini è il trend. Dopo i risultati positivi di riduzione dell’inquinamento conseguiti negli scorsi decenni, l’andamento dell’ultimo quinquennio è piatto. Nessun peggioramento significativo, ma anche nessun cenno di miglioramento. «Le politiche per la qualità dell’aria in Lombardia sono ad un punto morto: significa che abbiamo smesso di aggredire le fonti emissive più importanti – dichiara Barbara Meggetto, presidente di Legambiente Lombardia -. Una condizione su cui la Lombardia vanta un insuperabile, quanto ben poco invidiabile, primato europeo per quanto riguarda i livelli di motorizzazione e i carichi di bestiame allevati nelle stalle: nulla di strano, dunque, se siamo una regione da record anche per quanto riguarda l’inquinamento generato, prioritariamente, da queste due fonti. Se vogliamo ambire a una dignitosa qualità dell’aria, occorre che venga avviata una nuova stagione di politiche ambientali, che portino da un lato ad una riduzione sostanziale del trasporto su gomma, e dall’altro ad una trasformazione strutturale dell’agricoltura lombarda, che deve diversificare le proprie produzioni per ridurre l’eccessivo carico zootecnico».

Nel periodo invernale anche la legna da ardere utilizzata per i caminetti è una notevole fonte di inquinamento. «Complice il caro bollette, viene erroneamente considerato un metodo di riscaldamento alternativo al gas, anche se di fatto la resa energetica non è efficiente e il potere calorifico è limitato nel tempo, oltre a non rappresentare un reale risparmio economico nè nel breve nè nel lungo periodo, a discapito dell'ambiente», conclude Meggetto.

L’aria peggiorata, cartina tornasole di un clima che non muterà: lo sta già facendo

Non illudano le prime due settimana del 2023 con un'aria pulita come non si era mai vista, nemmeno nel 2021 quando si partì nel segno del lockdown con scuole e luoghi di lavoro chiusi. Nei primi 10 giorni dell’anno nuovo le centraline Arpa hanno fatto registrare livelli di Pm10 che difficilmente si raggiungono anche nelle giornate primaverili più ventilate: 9 mg/mc in Viale Marche a Milano, 8 a Lodi e a Como, 6 a Monza centro e a Bergamo, e a Lecco livelli talmente bassi da non essere nemmeno misurabili dagli strumenti. «Ma è stata l’intera decade, da inizio anno, a donare ai lombardi un’aria pulita a livelli del tutto inusuali». È quanto evidenzia la meteorologa Pamela Turchiarulo di Fondazione Omd – Osservatorio Meteorologico Milano Duomo Ets. «Non è un miracolo ma un effetto dell’inverno-che-non-c’è. Le temperature miti, infatti, hanno impedito la formazione del cuscinetto di aria fredda che ristagna alle basse quote e in cui ogni inverno, inesorabilmente da decenni, si accumulano gli inquinanti prodotti dall’attività di cittadini e imprese, insieme a quelli che derivano dagli allevamenti intensivi che costellano la bassa pianura. Se prendiamo a riferimento i dati della storica centralina Arpa del Verziere a Milano, la prima decade di gennaio fa registrare i dati più bassi di sempre, con una media dal 2 al 10 gennaio di soli 17,8 microgrammi/mc, molto vicina al fatidico livello raccomandato dall’Oms di 15 mg/mc. Il buon dato di qualità dell’aria di questi giorni non ci deve far sottovalutare la gravità delle anomalie climatiche che stiamo attraversando, e che ci preoccupano fortemente per l’anno iniziato con pochissima neve in montagna, le scorte idriche sono al minimo, con i grandi laghi a un quarto della loro capacità di invaso, in assenza di precipitazioni rischiamo una siccità anche peggiore di quella del 2022», chiosa Turchiarulo.

Se l’anno che si è chiuso ha avuto la media record – la più alta di sempre insieme al 2015, da quanto dal 1897 vengono registrati i dati – con una temperatura media di 16.9 °C, sono i soli 392.3 mm di pioggia caduti a Milano nel 2022 a preoccupare. Secondo infatti le rilevazioni dell’ Osservatorio Meteorologico Milano Duomo, e in particolare della stazione meteorologica di Milano centro (situata presso la sede centrale dell’Università degli Studi di Milano) il primo dato supera di 2.0 °C il rispettivo valore medio registrato tra il 1991 e il 2020, ovvero il periodo di riferimento utilizzato dall’Organizzazione Meteorologica Mondiale per descrivere le condizioni climatiche di un determinato luogo, e e di ben 3.2 °C la media tra 1961 e 1990. Mentre le precipitazioni sono state invece molto meno della metà del rispettivo valore 1991-2020, pari a 936.3 mm.

«A eccezione di quella di marzo e aprile, in linea con le temperature registrate tra il ’91 e il 2020, la temperatura media di tutti gli altri mesi dell’anno scorso è stata superiore al valore di riferimento. Ottobre, in particolare, con una temperatura media di 19.1 °C è stato il mese con il maggior scostamento: +4.1 °C. Non per altro è stato anche il più caldo ottobre di sempre. Anche luglio, con i suoi 28.9 °C di media, è stato il più caldo di sempre insieme a quello del 2015», conclude Turchiarulo.

Il ruolo delle politiche attive per invertire la rotta

Mentre le politiche per la qualità dell’aria in Lombardia sono ad un punto morto, ci sono alcuni Comuni che provano a guarda all’Europa per trovare soluzioni: è il caso di Milano che punta a realizzare entro il 2024 una città a velocità massima di 30 km/h per i veicoli. Riducendo il traffico, aumentando il ricorso alla mobilità pubblica e sostenibile. Come accade in molte città europee – tra cui Berlino, Barcellona, Edimburgo, Bruxelles, Parigi e altre ancora – che hanno già dimostrato che istituire una città 30 non comporta un allungamento dei tempi di percorrenza per gli automobilisti: anzi, in tutti questi posti si è avuto un sostanziale decongestionamento del traffico.

Per “Città 30” si intende solo in senso stretto una città in cui quasi tutte le strade abbiano un limite di velocità di 30 chilometri orari: più in generale è un’iniziativa che punta a riequilibrare lo spazio pubblico, riducendo le aree della strada dedicate alle auto con l’inserimento di piste ciclabili e l’allargamento dei marciapiedi, in modo da creare spazi più vivibili per le persone. Avere marciapiedi più larghi significa avere più spazio per panchine e alberi, solo per fare due esempi, con tutti i benefici che comporterebbe anche per l’ambiente. «Significa permettere agli anziani di fare più passeggiate perché possono sedersi, ai bambini di andare a piedi o in bici a scuola da soli senza essere accompagnati dai genitori con un mezzo che usa carburanti fossili», conclude Meggetto.

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