Non profit
Milano: dopo Expo quale città sarà?
Acli e Fondazione Triulza provano a immaginare la vocazione del capoluogo lombardo dopo la grande Esposizione. In un documento il nuovo volto: agricolo, inclusivo, sostenibile
Non una “grande Milano” egemone e dedita solo al profitto, ma una “Milano grande”, ovvero una comunità unitaria composta da diversità che hanno tutte il comune denominatore di appartenere ad un territorio e ad una cultura condivisi. È stata questa la direxione tracciata per il dopo Expo del capoluogo lombardo nel corso di un convegno che si è svolto il 3 novembre, promosso dalle Acli Milanesi in collaborazione con la Fondazione Triulza, dal titolo “Una sfida a se stessa. Idee e riflessioni per una visione buona dell’area metropolitana”.
Milano con Expo e il dopo Expo ha l’occasione per ridefinire il suo ruolo, è scritto in un documento presentato nel corso dell’evento (in allegato), e il “ritorno all’agricoltura” di cui tanto si è discusso nel corso dell’esposizione universale per Milano significa «valorizzare la sua peculiarità territoriale e rilanciare un suo ruolo globale che, facendo tesoro dell’esperienza maturata con Expo, la qualifichi come la città della sicurezza alimentare e della salute, della tutela e dell’effettivo godimento dei Beni comuni, del diritto al cibo adeguato e della sua accessibilità» .
La Carta di Milano – prosegue il testo – «indica alla nostra metropoli una possibile e praticabile via di rilancio della propria identità locale e globale, pena la sua banalizzazione nel rango di un’importante città, soltanto grande, ma non in grado di competere con le altre sue simili. In tale ottica parlare di “Grande Milano” è fuorviante, perché lascia immaginare che è il capoluogo che allarga i suoi confini ed ingloba il territorio e le comunità esterne». Meglio dunque puntare sull’idea della “Grande Milano”, che significa assumere l’idea del governo metropolitano come di una comunità unitaria composta da diversità che hanno tutte il comune denominatore di appartenere ad un territorio e ad una cultura condivisi.
17 centesimi al giorno sono troppi?
Poco più di un euro a settimana, un caffè al bar o forse meno. 60 euro l’anno per tutti i contenuti di VITA, gli articoli online senza pubblicità, i magazine, le newsletter, i podcast, le infografiche e i libri digitali. Ma soprattutto per aiutarci a raccontare il sociale con sempre maggiore forza e incisività.