Volontariato

Milano coca boom

La polvere bianca sta vivendo una stagione d’oro. Tanto che c’è già chi parla di epidemia.

di Redazione

Mai visto un boom di queste proporzioni. In Italia il consumo di cocaina ormai raddoppia ogni due anni, mentre fino a poco fa occorrevano almeno 6 anni per registrare un incremento del 100%. Il quadro che fornisce Fabio Mariani, ricercatore del Cnr e consulente del Dipartimento nazionale antidroga, (è lui che cura la relazione annuale sulle tossicodipendenze), fotografa un?escalation che, per usare un?espressione di Riccardo Gatti, direttore del servizio Tossicoalcoldipendenze dell?Asl Città di Milano, «mi ricorda sempre di più l?epidemia di eroina degli anni 80». Un paragone da brividi, ma che è supportato dalle cifre proposte dal convegno Cocaina a Milano: i numeri, i costi, i problemi nella popolazione generale in occasione del quale è stata presentata una ricerca epidemiologica sul consumo problematico di cocaina nel capoluogo lombardo. Il lavoro è stato curato da Roberto Mollica, capo dell?Osservatorio del Dipartimento dipendenze patologiche. «A Milano nel 1995 per ogni cocainomane che si rivolgeva ai nostri servizi c?erano 60 eroinomani, oggi il rapporto è di uno a 7». Da qui nasce l?esigenza di un?indagine approfondita. La ricerca, la prima del genere in Italia, evidenzia come nella fascia d?età fra i 15 e i 44 anni, il 20% della popolazione, pari a circa 120mila abitanti, ha provato almeno una volta la cocaina. Fra questi, almeno 15mila presentano forme di abuso o dipendenza. In Europa, dicono i dati dell?Osservatorio di Lisbona, la percentuale dei giovani che hanno sniffato o fumato, è del 10%, la metà che a Milano. La cocaina presenta, fra l?altro, un tasso di fedeltà molto più rilevante rispetto ai cannabinoidi (la sostanza più diffusa fra i giovanissimi). «Mentre l?invecchiamento della persona ha un effetto inibitorio rispetto al consumo di hashish e marijuana, non si può dire altrettanto per la cocaina», spiega Mollica. «Solo il 30% di chi l?ha provata, non ripete l?esperienza. Il rimanente 70% è quindi un consumatore più o meno abituale». Un?altra caratteristica della polvere bianca è che spesso viene associata all?abuso di altre sostanze (talvolta più di una), nel 70% dei casi è accompagnata dall?alcol, nel 30% da allucinogeni, nel 25% da ecstasy e nel 20% da amfetamine. Quanto ai danni prodotti, l?uso di cocaina aumenta il rischio di incorrere in reati di 8,4 volte, di allucinazione di 6,7 volte e di disturbi psichici di 3,3 volte. «Ma a tutt?oggi», osserva Mollica, «non è possibile immaginare quale problematicità sviluppi questa generazione di consumatori, il boom è ancora troppo recente». Per quanto allarmanti, le statistiche di Milano non rappresentano un caso isolato. Secondo Mariani, infatti, «questo tipo di consumo è distribuito in modo omogeneo su tutto il territorio nazionale». Ma quanto costa alla comunità l?abuso di cocaina? Un interrogativo cui ha provato a rispondere lo stesso esperto del Cnr: «Consideriamo per omogeneità i dati di Milano: in quest?area nel 2003 per combatterne la diffusione sono stati spesi 16 milioni e 139mila euro». Due terzi (11 milioni e 221mila euro) destinati alle forze dell?ordine e un terzo (meno di 5 milioni) in spesa sanitaria (di cui solo 277mila spesi in prevenzione). «Questi sono solo i costi diretti; vanno aggiunti i costi indiretti di 10 milioni e 646mila sottratti alla produttività dei lavoratori consumatori, che sono un fenomeno in grande ascesa. Poi ci sono 25 milioni e 983mila di costi non tangibili». Bruscolini rispetto alla mole di denaro che il business della coca ha mosso in città, che è stato quantificato in 135 milioni e 72mila euro. La concretezza di questi dati si scontra con la grande difficoltà d?intervento che incontrano gli operatori. Un ostacolo è costituito dalla propensione dei consumatori («in particolare gli over 40», spiega Mollica) a non vedere il problema. «Un atteggiamento tipico in tutti i mercati in espansione, lo fu anche al tempo dell?eroina e del mito del consumatore consapevole», aggiunge Gatti. «I nostri servizi riescono a coinvolgere solo un decimo di chi avrebbe bisogno», ammette il curatore della ricerca. Un?occhiata alla descrizione sociodemografica del problema basta per rendersi conto di come la figura del ?tossico? emarginato non sia più attuale. Il 61% dei consumatori di cocaina ha un diploma di scuola superiore, il 23% addirittura una laurea. Quanto all?occupazione gli operai sono solo il 7%, scavalcati da studenti (33), impiegati (25) e liberi professionisti (10). «Questa è una droga socialmente accettata», incalza Mollica. Per fronteggiare l?offensiva quanto può servire una nuova legge? Ancora Mollica: «Il limite di 500 mg è un artificio tecnico e per questo discutibile. Ma quello che importa a noi operatori non è tanto punire l?uso, quanto intervenire sull?abuso». Le comunità terapeutiche possono ancora giocare un ruolo importante? «Più che mai. Per la cocaina non esistono farmaci alternativi come il metadone per l?eroina. Per questo il supporto psicologico che gli utenti possono trovare in comunità diventa cruciale».


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