Welfare

Milano, boschetto di Rogoredo: se i libri sono più forti della droga

“Dona un libro al Bosco” è l’idea nata da un gruppo di giovani per le persone del boschetto di Rogoredo schiave della droga. «Passavo tutti i giorni davanti al bosco, la vite di queste persone trasformate in zombi mi provocavano. Ma come fai a non fare niente?», racconta Miriam, 25 anni. «Così con un gruppo di amici è nata l’idea di raccogliere dei libri per loro. Tutti possono spedirne uno e scrivere una dedica all’interno come segno di speranza»

di Anna Spena

Il boschetto di Rogoredo a Milano, adiacente alla stazione metropolitana della città, è una delle più grandi piazze di spaccio di tutta Europa. Con due euro ti compri una dose. E due euro alla volta ti sei fatto la giornata. Ma lo sballo dura poco. Così le persone fanno avanti e indietro fino a trenta volte al giorno. Qualcuno muore. Anche tutti gli altri muoiono, pure se continuano a camminare.

«Non ne potevo più di vedere quegli zombi». A dirlo è Miriam, 25 anni, laureata in lettere. «Frequentavo l’Università a Milano e arrivavo in treno a Rogoredo. Passavo davanti al boschetto e vedevo tanti ragazzi entrare nel bosco e uscire dal bosco. Barcollavano, avevano la mia età. Mi sono sentita chiamata in causa. Quelle vite, le loro, mi provocavano. Ma come fai a non fare niente?».

Così Miriam ha iniziato ad andare a Rogoredo anche la sera dove c’è un presidio mobile dei volontari Cavalieri dell’ordine di Malta che distribuiscono cibo, vestiti, intimo e scarpe. C’è don Diego che arriva dalla Valtellina, e Simone Feder (autore del libro Alice e le Regole del Bosco), psicologo della Comunità Terapeutica la Casa del Giovane di Pavia.

Le sostanze non possono riguardare solo chi le usa. Perché nessuno dovrebbe permettere alle persone di diventare bestie. «Ho iniziato a raccontare di questa esperienza ad altri amici. E tutti volevano saperne di più, tutti volevano fare i volontari a Rogoredo. Simone Feder a Rogoredo ha iniziato a portare anche qualche libro. Con i ragazzi che entrano ed escono dal bosco ho iniziato, insieme agli altri, a parlare anche dei loro gusti, di quello che gli sarebbe piaciuto leggere».

É nata così, direttamente dall'incontro dei giovani con i giovani la nuova iniziativa “Dona un libro al bosco”. «Riempire di cultura questo “non luogo” e trasformarlo da luogo di perdizione in luogo di ricerca è quello che oggi i ragazzi stessi ci chiedono di fare. È stupefacente rendersi conto di quanto la fame di sapere, di racconti, di storie lontane possa superare a volte anche quella di cibo», aggiunge Simone Feder.

I libri aiutano questi ragazzi a non smettere di sognare, di crescere e di scoprire realtà di cui appassionarsi, per avere nuovi obiettivi e nuove speranze, una nuova vita. «C’è chi vuole leggere i libri storici, chi i gialli. Chi quelli di intrattenimento. Mi sono resa conto che i libri belli finivano subito», spiega Miriam. «Così ho proposto ad alcuni amici di fare una colletta per Natale. Abbiamo messo in piedi un bel lavoro di squadra. Si può inviare di tutto da Harry Potter alla biografia di Francesco Totti, basta che siano titoli che stimolino la curiosità. I ragazzi vogliono leggere cose allegre, spensierate. Alle persone che decidono di aderire all’iniziativa chiediamo di non dimenticare la dedica, un modo alternativo per incontrare questi ragazzi. Leggere quello che qualcuno ha scirtto pensando a loro gli sarà di conforto».

Di Rogorendo sono tante le cose che, da fuori, non capiamo: «Non capiamo questi ragazzi, nel mio caso, sono anche miei coetanei. Non capiamo che la gente che incontriamo potrebbe essere un fratello, una sorella, una mamma, un papà. Non capiamo che anche se vivono in un forte disagio alla fine l'unica cosa che chiedono è di essere accompagnati. La sera quando li incontri e gli chiedi "perchè sei qui?" capisco che gli basta pochissimo per affezionarsi e anche i volonatri si affezionano. Perchè di questo c'è biosgno: di attenzione e non di essere trasparenti. Di Rogoredo ci siamo abituati a vedere solo il lato fragile delle persone, io dico ricominciamo a guaradre anche quello umano invece. Ricominciamo a capire che appunto questo sono, persone come noi».

Perché dobbiamo aderire tutti? Perché il Parco della droga di Milano non è solo le siringhe a terra e la sporcizia tutto attorno o le migliaia di euro di droga venduta. Rogoredo sono le persone che ci stiamo dimenticando. Come Elnora che ha partorito il suo bambino in mezzo alle siringhe. Maurizio che pensa di non meritare niente. Didina, che dopo una dose, si è addormentata dentro al bosco e le hanno dato fuoco. «Se un ragazzo ti fa vedere la ferita», chiosa Federe, «tu devi esserci in quella ferita. Aiuto non è solo dargli una bottiglia d’acqua, qualcosa da mangiare, un po’ di vestiti puliti. Hanno bisogno di una possibilità unita ad un incontro. È questo che porta le persone a cambiare». Come si esce dal bosco? «Dando una ragione per cui vivere. E la ragione può esistere solo nella relazione con l’altro, che non può essere un passaggio di comunicazione. Nessuno è irrecuperabile, questa arrendevolezza è un’idea malata. Le comunità e i servizi devono venire a prendere questi ragazzi, devono entrare nel bosco».

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