Famiglia

Milano apre casa

Sorgerà alla periferia nord della città. Avrà le porte aperte per l’accoglienza di chi ha bisogno di tutto. E' la casa della carità. Una casa destinata a cambiare l’anima della metropoli?

di Giuseppe Frangi

Il cardinal Martini seguirà il cantiere da Gerusalemme, “città cuore del mondo e della storia”. E questo è già un segno sufficiente per capire che non sarà un cantiere qualunque. La Casa della Carità, voluta dall?ex arcivescovo di Milano, come gesto verso gli ultimi e soprattutto come invito a tutta la città, è ormai una realtà. Nel grande stabile di via Brambilla, in zona Crescenzago, i lavori sono avviati. E nell?arco di un anno la Casa aprirà le sue porte per diventare un vero polmone della solidarietà. Il dono di Abriani La storia della casa iniziò nel 1997, quando un riservatissimo commerciante milanese, Angelo Abriani, morendo aveva lasciato alla Curia tutti i suoi beni (circa 70 miliardi di vecchie lire) per l?aiuto ai più poveri. Meglio noto come Lino, Abriani era il proprietario di una catena di negozi ?Il disco rosso? ed era morto a 98 anni senza figli. La sua intenzione si è realizzata nel maggio del 2002, quando il cardinale, alla vigilia della sua partenza da Milano ha annunciato che parte dell?eredità Abriani avrebbe permesso la nascita della Casa della Carità. Venne costituita la Fondazione Casa della Carità, con l?intenzione di creare un luogo in cui la città esprimesse attenzione verso gli ultimi. ?Luogo? può avere oggi un?accezione molto larga, e anche immateriale. Può essere una rete, un elemento di stimolo alla nascita di nuove esperienze, un ambito di formazione alla gratuità. E così è stato sino ad ora. Ma nelle intenzioni di Martini c?era proprio una casa, con i suoi muri e le sue porte. Lo si capisce tra le righe del saluto che ha voluto inviare in occasione della posa simbolica del primo mattone. “Ma era ora”, scrive il cardinale, “di giungere anche al traguardo di una casa e di una fondazione stabile che assicurasse perennità a questo tipo di servizio”. Più chiaro di così non poteva essere? Ma che Casa sarà? Sarà a porte aperte, assicura don Virginio Colmegna, direttore della Caritas ambrosiana (veniva nominato dieci anni fa proprio in questi giorni), vera anima e regista di questa iniziativa. Avrà spazio per accogliere 50 uomini e 48 donne, oltre a un ambito stabile destinato a una comunità per disabili psichici. Perciò, dice Colmegna, il termine Casa è quanto mai calzante. “è un modo per proporre alla città il tema dell?abitare annodandolo strettamente con quello dell?accoglienza”. E qui si capisce subito una cosa. Che quest?iniziativa ha i poveri, gli immigrati come destinatari reali, ma l?intera città come obiettivo. “Sì, vuole esprimere la dimensione fondamentale di Milano. Quella di vivere un?accoglienza che non comunichi senso di paura”. Avanti i privati In questo senso la Casa è di tutti, nel senso che tutti sono chiamati a partecipare, a sostenerla, in un certo senso ad abitarla. Il Comune ha partecipato destinando lo stabile di via Brambilla. Don Colmegna ha chiamato anche due soggetti privati, coinvolti non solo per la condivisione del peso economico dell?iniziativa, ma anche per condividerla nei valori di fondo. “La Fondazione Unidea”, spiega Colmegna, “sarà coinvolta nel lavoro di formazione e di cultura fatto alla Casa. Ci sarà un?Accademia della carità e uno spazio che ritengo importantissimo di formazione al volontariato”. I volontari sono la struttura portante di quest?esperienza, che nasce per vivere totalmente di gratuità: la Casa sarà del tutto autofinanziata. Non si farà ricorso a nessuna convenzione, ma, continua don Virginio, “chiameremo tutta la città, a iniziare dalle parrocchie, a un impegno di sostegno”. Poi fa un?altra sottolineatura fondamentale: “La Casa della Carità non vuole mettersi di traverso allo sviluppo della città. Anzi, vuole stimolarlo. Non è un caso che abbiamo coinvolto anche la Fondazione Fiera, nella persona del presidente Luigi Roth. La Fiera, con tutti i nuovi progetti che la riguardano, è il fronte più avanzato dello sviluppo della città. Ma la riflessione attorno alla povertà è ben di più di una questione di buoni sentimenti. è uno sguardo sul futuro. Per questo la presentazione abbiamo voluto farla al Planetario”. Già, ma la parola ?carità? non sa un po? d?antico? Nient?affatto, ribatte Colmegna. “Carità è sinonimo di condivisione, di prossimità, di uguaglianza di diritti. Avete in mente il buon Samaritano? Raccoglie lo sfortunato, lo porta alla locanda e lascia i soldi perché lo accolgano. Ecco abbiamo aperto una locanda del genere a Milano. Ora scommetto che i milanesi si faranno un po? Samaritani”.


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