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Milano al Pdl, ma il Pd resiste
La Provincia di Milano torna al centrodestra con un esito al fotofinish. Anche la Provincia di Venezia passa di mano, mentre il Pd tiene i comuni di Bologna, Firenze, Padova e Bari. Ma il primo partito è quello dell’astensione
di Redazione

Analisi e commenti sul voto del ballottaggio. Se sul referendum i pareri sono quasi unanimi (è un istituto da riformare), diversi i modi di vedere gli esiti delle amministrative. Per Franceschini una sostanziale tenuta del Pd, per Berlusconi una sonora sconfitta della sinistra.
“Milano e Venezia al centrodestra”, il CORRIERE DELLA SERA punta sull’affermazione del Pdl per raccontare l’esito dei ballottaggi. Berlusconi: sonora sconfitta della sinistra. Franceschini (che vanta le vittorie a Bologna, Firenze e Padova): partito salvo. “Le radici del Pdl e il peso di Bossi”, è l’editoriale firmato dal notista politico Massimo Franco: «Il risultato (del referendum, ndr.) fa lievitare il ruolo leghista nel governo. Accentua un potere già cresciuto con le europee del 6/7 giugno. Consegna ai lumbard un ruolo decisivo come alleati del Pdl in vista delle Regionali del 2010 e oltre». Sempre sul referendum, Maroni annuncia: “Proporrò nuove regole”. I servizi all’intermo arrivano a pag 19. Curioso un box a pag 2: “Solo Prato (dove per la prima volta vince il centrodestra, ndr) , Rieti e Fermo sopra la soglia” del quorum per tutti e tre i quesiti. Nell’analisi di Renato Mannheimer, “Vince l’astensionismo per scelta. Il vero crollo è alla provinciali” si spiega come «l’imponente diserzione dalle urne può essere definita come il più importante fenomeno politico di massa registrato negli ultimi tempi». Sullo stato di salute del Pd il CORRIERE interpella il governatore del Piemonte Mercedes Bresso: “Il nord per noi resta un problema”: «Non esiste l’ipotesi di un Pd autonomo al Nord, perché il Nord non esiste, come non esiste la Padania. Ci sono i galli, i longobardi, i veneti: siamo completamente diversi. Il Pd deve essere invece fortemente autonomo a livello regionale». Il vicedirettore Dario Di Vico, partendo dalla prima si occupa di Francesca Zaccariotto, leghista, bocconiana di San Donà, neo presidente della provincia di Venezia. Con il suo arrivo «la Lega Nord avrà voce in capitolo sull’incertissimo futuro di Porto Marghera (in ballo ci sono 5mila posti di lavoro)…La vittoria della Zaccariotto e della Lega segna anche plasticamente la sconfitta delle classi dirigenti veneziane e l’avanzata di un pragmatismo leghista e popolare che si contrappone ai bizantinismi di una grande città famosa nel mondo, ma perennemente alla ricerca del proprio futuro». Infine sul referendum il ministro degli interni Maroni annuncia la riforma: «Più firme, niente quorum». D’accordo D’Alema e La Russa.
“Milano al Pdl, il Pd vince al centrosud”: così la prima di LA REPUBBLICA che nel sommario aggiunge: “Restano ‘rosse’ Torino, Bologna e Firenze. Nulli i referendum. Maroni: cambierò la legge. L’editoriale di Massimo Giannini intitolato “Il cavaliere in frenata” spiega che «L’Italia monocolore può attendere. L’Italia azzurra dalle Alpi alla Sicilia per ora esiste solo nei sogni del presidente del Consiglio». Comunque si tratta di un paese diviso in due, nel quale il Pdl cresce sul territorio ma non sfonda e nel quale il Pd resiste. Nelle pagine interne spazio ai risultati per province e comuni e ai commenti. Franceschini tira un sospiro di sollievo: «Un risultato inaspettato» ha detto convinto che da questi risultati si possa ripartire. Dall’altra parte “Berlusconi canta vittoria «Pensavano di spazzarmi via»”. Il Pdl esce rafforzato secondo il premier. Tanto più, aggiunge, che «si è trattato di una competizione elettorale influenzata dalle distorsioni mediatiche e dagli attacchi eversivi rivolti da un gruppo editoriale». Seguono paginate dedicate ai principali risultati: Milano (Provincia a Podestà, Pdl, ma per pochi punti percentuali); Bari (dove la riconferma di Emiliano è anche frutto del danno d’immagine legato all’inchiesta sulle giovani e sulle escort che da Bari appunto andavano in pellegrinaggio a Roma); Bologna e Firenze, Torino e Padova (Pd). A pagina 9 “Vota solo il 24%, referendum nullo Fini: tra gli elettori c’è stanchezza”. Giovanna Vitale fa il punto sul fallimento dell’iniziativa referendaria e riferisce dell’amarezza di Fini, dei buoni propositi di Maroni (quello di cambiare la legge referendaria), della soddisfazione di Lega e Udc e in generale dei “nanetti”, ovvero i piccoli partiti secondo i quali crolla l’ipotesi bipartitica. Amaro il commento di Mario Segni, promotore del referendum: “Non è più l’Italia coraggiosa del ’91 stavolta ha vinto la rassegnazione”.
IL GIORNALE titolo su cinque colonne “Alla fine il centrodestra vince 25-1”. Una rassegna di città e province in cui vince il Pdl e un’infografica in copertina che sintetizza: il centrodestra aveva 9 province ora ne ha 34 e il centrosinistra ne aveva 50 ora ne ha 28. Commenti e cronache dai ballotaggi sino a pagina 11. Per quanto riguarda la provincia di Milano bastano i titoli “Nord targato centrodestra. L’alleanza con la Lega abbatte i santuari rossi” e il governatore della regione Lombardia annuncia : «Ora sarà più facile realizzare le grandi opere». E una breve nelle pagine milanesi: il ministro Ignazio La Russa dice dello sconfitto Penati, Pd, «Mi piacerebbe averlo nel Pdl». Nell’editoriale Mario Giordano commenta le dichiarazioni del leader del Pd dopo i risultati dei ballottaggi e paragona Franceschini a Lippi: «È’ come se Marcello Lippi oggi rilasciasse un’intervista per commentare il lento declino calcistico del Brasile. Ognuno fa ride3e come può: Berlusconi racconta barzellette, il leggenDario si trasforma direttamente in una barzelletta». Sempre in copertina IL GIORNALE tiene la vicenda del referendum che definisce il grande flop e riporta la proposta di Maroni sulla necessità di cambiare le regole ricordando che i costi sono a carico dei contribuenti: «Meglio aumentare le firme necessarie per presentarli o ridurre il quorum». Perché l’affluenza è stata così bassa? Per Roberto Cota , lega: «Gli elettori hanno capito che rea solo una truffa». Per Giovanni Guzzetta, referendario: «Un italiano su due non sapeva neppure che si votava». È Stefano Giani a fare un affresco “Il 1946, l’aborto e poi il declino. Così gli italiani si sono stufati”. Per mezzo secolo affluenze record. Da 14 anni nessuna consultazione supera il quorum. Un’infografica elenca tutti i referendum: ricordate quello sulla servitù coattiva? E quello sul porto d’armi o sull’uso dei pesticidi?
“Il Pdl avanza, ma il Pd resiste” titola in prima LA STAMPA. Nel sommario le opposte dichiarazioni dei leader. Berlusconi: «Più forti nonostante gli attacchi eversivi». Franceschini: «Comincia il declino della destra». Su Milano LA STAMPA intervista il ministro Ignazio La Russa (An), su Torino il sindaco Chiamparino. Il primo: «Con la vittoria di Guido Podestà abbiamo conquistato l’ultima enclave rossa in Lombardia. Ora in tutta la Regione non hanno più una sola città. Abbiamo vinto ovunque». Per il secondo sarebbe meglio rinviare il congresso dei democratici e concentrare tutte le forze in vista delle elezioni regionali.
“Milano va al centrodestra. Il Pd tiene i «suoi» comuni”. È l’apertura di AVVENIRE che dedica a ballottaggi e referendum da pagina 8 a pag. 14 (I primi piani precedenti se li aggiudica la visita di Benedetto XVI a San Giovanni Rotondo), e poi ovviamente l’apertura delle pagine milanesi. Sulla debacle referendaria (liquidata con due pagine), il quotidiano passa in rassegna l’andamento dell’affluenza relativa ai precedenti referendum dal 1990 ad oggi (“Il referendum non va. Vota solo il 23%. Consultazione al minimo storico. È da dodici anni che non si raggiunge più il quorum”). Secondo Giovanni Grasso, che firma l’articolo, tra le cause della scarsa affluenza la disaffezione generale verso questo tipo di strumento, la scelta di una data sfavorevole e l’impegno a sostenere il non voto. Sulle amministrative, invece, si fa un po’ di panoramica generale con una sottolineatura sui 5mila voti scarsi che hanno dato la vittoria a Podestà e l’omaggio di La Russa a Penati («Sì è battuto come un leone. Mi piacerebbe averlo con noi»), mentre il resto del Pdl gongola. L’accento di AVVENIRE è sulle opposte interepretazioni da parte di Pd e Pdl di questi risultati elettorali: “Comuni e province, letture contrapposte. Berlusconi: «Muova, sono sconfitta per la sinistra». L’opposizione: «Tendenza invertita»” (pag. 13). Mentre il premier affida a un comunicato stampa la sua soddisfazione e ringrazia gli italiani per la vittoria, «in una competizione influenzata dalle distorsioni mediatiche e dagli attacchi eversivi rivolti da un gruppo editoriale», Franceschini fornisce una lettura diametralmente opposta e speculare dei risultati ottenuti: «Comincia il declino della destra… Non appena 15 giorni fa, il Pdl prevedeva di raggiungere il 45% alle europee e di conquistare tutte le grande città. Oggi invece Berlusconi è 10 punti sotto e c’è alle amministrative una tendenza a favore del Pd molto importante».
“Referendum mai così freddo”: Il SOLE24ORE spariglia e dedica il titolo di apertura alla consultazione referendaria invece che ai ballottaggi amministrativi (di cui pure parla alle pagine 2 e 3). Esulta la Lega per il record storico di astensione, mentre all’interno il SOLE propone un bell’infografico con tutte le percentuali di votanti ai referendum italiani dal 1974 a oggi. Il quorum non viene più centrato dal 1995 (si votò allora sulle interruzioni pubblicitarie in tv), mentre prima di allora mancò nel 1990 con la consultazione sulla caccia. L’analisi del quotidiano, affidata in una spalla a Roberto D’Alimonte, sottolinea che «gli italiani sono stanchi di essere chiamati a votare su quesiti complicati che non riescono a capire»; ma non è solo questo: negli anni 90 «gli elettori non capivano lo stesso ma andavano a votare perché volevano protestare», mentre oggi «il tempo della protesta è passato e la democrazia referendaria non piace più». In taglio medio il SOLE porta ad esempio tre casi di volontà popolare espressa col referendum poi tradita dai politici: finanziamento pubblico ai partiti (il popolo disse no, poi si trova la scappatoia dei rimborsi elettorali); abolizione dei ministeri dell’agricoltura e del turismo (che infatti nel governo attuale ci sono…); legge elettorale proporzionale (abolita al Senato nel 1993 ma reintrodotta di fatto col Porcellum).
«Fallisce il referendum elettorale che raccoglie il record negativo di affluenza con il 23 per cento. Ai ballottaggi il centrosinistra riprende fiato, conferma le città di Firenze, Bologna e Padova, mantiene la provincia di Torino e balla fino all’ultimo a Milano sull’altalena dei decimali. Si rafforza la Lega. La “scandalosa” Bari porta in trionfo il sindaco Emiliano e boccia Berlusconi». È questa la sintesi in prima pagina delle quattro pagine che IL MANIFESTO dedica ai risultati elettorali con una foto di prima pagina dedicata ai cartelloni elettorali in disarmo e un titolo “Sballottato” riferito alla foto di un manifesto elettorale di Berlusconi strappato e rovesciato.
Al dopo voto è dedicato l’editoriale di Valentino Parlato “Il cucù non basta più”. «La giornata di ieri non è andata affatto bene per il Cavaliere, che appare sempre più malamente appeso al suo traballante cavallo. Le voci di 25 o 24 luglio appaiono ora più persuasive. Tuttavia bisogna essere assai prudenti e non abbandonarsi alle speranze» scrive Parlato che prosegue. «Insomma, il Cavaliere non fa più cassa e i risultati di ieri vengono a conferma di una perdita di credibilità già emersa nel voto del 6 e 7 giugno, e nelle proteste dei sindaci dei comuni dell’Aquila. Il prossimo G8 non sarà proprio un pranzo di gala: alla stampa internazionale e anche ai governi non sono sfuggite le cadute di prestigio del Cavaliere: fare il gioco del cucù gli sarà impraticabile. Lo straordinario risultato di Bari è più che sintomatico, pedagogico direi (….)». Il titolo principale nella pagina dedicata ai ballottaggi è per Milano con un “Penati perde per un soffio”. «UnoXdue. Sopra il Po la sfida per i ballottaggi si è risolta con un sostanziale pareggio: la destra si è presa Venezia, la sinistra ha tenuto Torino e Milano è rimasta in bilico fino all’ultimo. È proprio la provincia lombarda a far pendere la bilancia a favore di Pdl e Lega. Ma è il partito di Bossi che farà pesare la fedeltà dei suoi militanti alla maggioranza. Per questo per Berlusconi potrebbe essere una vittoria di Pirro (…) Fallisce, o per lo meno così dovrebbe essere, la politica del cosiddetto Pd del nord, quello degli “sceriffi” che mollano la sinistra e fanno la corte all’Udc, che pretendono di competere con la Lega su sicurezza e immigrazione e che giocano a fare gli affaristi nelle aziende di interesse pubblico, con gli immobiliaristi dell’Expo e con i costruttori di inceneritori, acquedotti e autostrade. Penati, l’uomo simbolo di questo questa politica, è stato sconfitto. Ed è una sconfitta grave (…)».
L’emorragia che aveva colpito il Pd due settimane fa si è arrestata, secondo ITALIA OGGI “il Pd resiste ma perde Milano” dedicato all’analisi dei risultati elettorali di ieri: «Certo,si tratta di risultati in buona parte previsti o comunque prevedibili,favoriti anche dall’astensionismo,forte un po’ ovunque e dal sostegno garantito dall’Udc nei ballottaggi in molti comuni». Cantano vittoria un po’ tutti, invece, è il leitmotiv di un altro articolo di approfondimento “Il centrosinistra riduce i danni” pubblicato nella sezione Primo Piano. Ma se si va a leggere i commenti dei politici, i risultati elettorali sembrano più una questione di punti di vista che dati reali. «Possiamo dire senza contestazioni che comincia il declino della destra» ha detto Dario Franceschini. «Ricordo che andavano al ballottaggio 22 province governate tutte dal centrosinistra e noi ne portiamo a casa 8 o 9, che sommate a quelle vinte al primo turno portano al centrodestra più della metà delle amministrazioni» ha ribattuto Denis Verdini. «Dai dati disponibili del ballottaggio scaturisce un arretramento del centro destra che lascia ben sperare ed emerge nettamente l’importanza positiva degli accordi con l’Udc» ha detto Francesco Rutelli. Diversa la lettura di Maurizio Lupi:«La sinistra è scomparsa in Veneto e in Lombardia e Franceschini saluta come una vittoria la tenuta nella provincia di Tornino, che è uno storico baluardo della sinistra e che per noi è stato un successo portare al ballottaggio».
E inoltre sui giornali di oggi:
GIOVANI
LA REPUBBLICA – “L’Italia dei giovani in panchina” è il titolo di R2 e rende bene l’idea di un paese in cui l’ascensore della mobilità sociale si è fermato ai piani alti o altissimi.Una nazione, scrive Ettore Livini, «dove il merito conta mille volte meno di una raccomandazione» e dove i giovani si formano ad Amici o X-Factor piuttosto che nelle aule universitarie. Mentre Obama ha 47 anni, in Italia il 49,6% dei nostri leader politici ha più di 71 anni; gli ultrasettantenni rappresentano oltre il 70% dei protagonisti dell’economia. L’appartenenza conta più della capacità e questo è il fattore che maggiormente frena il ricambio. L’economia come la politica, insomma: le eccezioni confermano la regola. Quando appaiono una Serracchiani o un Renzi, o quando la Lega candida i giovani del territorio, le cose vanno meglio. Ma sono fuochi di paglia. Di spalla Gabriele Romagnoli, in un pezzo intitolato “Tutto il potere agli intramontabili”. Gerontocrazia, affidabilità preferita al merito, mancanza di senso di responsabilità, l’alibi della storia: sono i fattori negativi che rendono il nostro un paese immobile.
OGM
SOLE24ORE – Surreale intervista a pagina 25 a William S. Niebur, vicepresidente della DuPont, sugli ogm: «Anche gli ogm sono un prodotto tipico», dice il manager. Chiara la strategia dell’azienda: sviluppare l’agricoltura, soprattutto quella estremamente tecnologizzata e geneticamente modificata, per venire incontro alle esigenze alimentari mondiali. «Nel mondo c’è sazio per tutti i tipi di agricoltura», dice Niebur, «per rispondere alla domanda di cibo e bioenergie in continuo aumento». Secondo la DuPont non ci sono limiti, tutto è perfettamente sostenibile: «Il settore agricolo è in grado di soddisfare tutte le domande: alimentazione umana, animale, bioenergie e la nuova frontiera dei bimateriali».
CRISI
IL MANIFESTO – Alla crisi globale è dedicato un articolo a pagina 8 dal titolo “Presente nero, futuro incerto” dedicato alla Banca mondiale che «gela i facili ottimismi: il Pil crollerà quest’anno del 2,9%». Nell’articolo si osserva che «Sulla situazione economica attuale, la Banca mondiale è molto meno ottimista di quanto i vari ministri italiani ci invitino a essere. La domanda globale di beni è crollata, e con questa il commercio internazionale: ciò fa si che la crescita economica sia tuttora un miraggio, e la ripresa sarà decisamente tiepida. (…) Il rapporto annuale della World bank sulla finanza dello sviluppo, presentato a Seul, lascia poco spazio all’ottimismo, e ridimensiona le speranze che avevano suscitato i “germogli verdi” spuntati qua e là in alcune rilevazioni mensili dei mesi scorsi» e sui paesi più poveri viene lanciato l’allarme: «La necessità di finanziamento dei deficit potrebbe costringere molti stati a tagliare le spese sociale propri nel momento del bisogno. Mentre è importante per i Pvs che non si allarghi il gap infrastrutturale, l’esperienza passata insegna che la “spesa sociale è fondamentale per evitare perdite future di capitale umano, e anzi è una forma migliore di stimolo dei tagli delle tasse”. Alla World bank non ci sono più i liberisti di una volta», conclude l’articolo.
IL GIORNALE – Spazio all’annuncio di Corrado Passera « Abbiamo miliardi che non riusciamo a dare». Sabato gli artigiani di Mestre hanno lanciato il sasso avvertendo che il 78% dei prestiti va alla grande impresa. Allora l’ad del gruppo Intesa san Paolo ha risposto «Se ci sono bravi imprenditori con buone idee che pensano di non avere credito dalla loro banche vengano da noi perché abbiamo continuato a fare il nostro mestiere che è quello di dare credito. Il credito è l’unica variabile dell’economia che ha segno positivo malgrado il calo drammatico dei diversi settori al quale il credito è molto legato». Fanno eco le parole di Alessandro Azzi, presidente di federasse che intervistato a pag. 31 dice “Credito cooperativo anticrisi. Adesso puntiamo sulle città».
ARBORE
IL CORRIERE DELLA SERA – “Ladri in casa di Arbore: «È stato uno choc terribile»”. Il ventennale testimonial della Lega del Filo d’Oro racconta la sua notte di terrore: «Mi hanno puntato in faccia una torcia elettrica, una luce accecante, mi sono svegliato di soprassalto: erano in quattro armati di coltelli. Ho subito uno choc enorme, è stata un’esperienza terribile, peggiore di quando anni fa, mi rapinarono sotto casa. Ma allora furono tossicodipendenti».
CONVEGNI
AVVENIRE – “«L’integrazione va costruita rispettando persone e leggi»”. Una pagina dedicata al 33° convegno nazionale della Caritas che si è tenuto ieri al Lingotto di Torino. L’organizzazione riparte dalle sfide più importanti per portare la comunità cristiana accanto a chi soffre. Dall’emergenza in Abruzzo all’accoglienza dei migranti. Per il sociologo della Sorbona, Ilvo Diamanti, che ieri ha tenuto la relazione introduttiva, nella società italiana prevalgono due disvalori: la sfiducia e l’insicurezza. «Da anni, nelle mie ricerche pongo a tutti una domanda sulla fiducia verso il prossimo. E negli ultimi tempi 7 interpellati su 10 rispondono che non si fidano più di nessuno. Negli ultimi anni l’Italia sta vivendo la scomparsa della figura del prossimo». Eppure, paradossalmente, non è un paese più egoista: «I dati ci dimostrano che la pratica della solidarietà coinvolge quotidianamente metà dei nostri concittadini, in termini di attività o solo di donazioni… E l’integrazione degli immigrati è più alta nei territori, come Friuli, Veneto e Lombardia dove prevale l’insicurezza anche nel voto politico. La nostra tradizione non muore, chi lavora è considerato uno di noi, però ne abbiamo la tempo stesso paura e non lo accettiamo». E ancora, «la sfiducia, insieme all’insicurezza, minimizza e inibisce il futuro». Secondo Diamanti, per superare diffidenza e insicurezza, occorre ripartire dalla domanda sommersa di bene comune.
BERLUSCONEIDE
ITALIA OGGI – Apertura del giornale ed editoriale di Franco Bechis sul caso Bari. Titolo “C’è una legge da cestinare – Dopo il caso Bari il governo dovrà cambiare il ddl prostituzione”. Scrive Bechis che il ddl «è molto duro e punisce anche i clienti delle belle di notte. Spiegando “Se la prostituzione come tale deve considerarsi fenomeno di allarme sociale, non può ammettersi un distinto trattamento fra chi la eserciti e chi se ne avvalga (il cliente)”. (…) È proprio per questo disegno di legge e per i suoi contenuti particolarmente cogenti e limitanti la libertà dei cittadini che nessun membro del governo in carica ha diritto ad invocare la privacy sulle proprie abitudini sessuali. (…) L’unico tema politico in un paese liberale è che chi ha il potere legislativo non vieti ad altri quello che invece concede a se stesso. Per questo oggi quel disegno di legge, che il governo per altro ha abbastanza abbandonato nel suo iter legislativo, stride con quanto sembrerebbe emergere dalle deposizioni di alcune ragazze davanti alla procura di Bari. Lo dico perché non è uno scandalo, anzi, è legittimo che la vicenda Bari si trasformi in polemica politica. E non è invocabile la privacy sullo stesso tema su cui il premier legifera oltretutto in modo assai restrittivo della libertà altrui».
LA STAMPA – L’editoriale di Barbara Spinelli “La politica dell’intimità”. «Non sono pochi, in Italia, gli esasperati di quel che sta avvenenedo nel Paese: fuori casa l’attenzione delle democrazie si concentra sulla crisi economica, sui meno protetti che ne patiranno, su governi che per decenni hanno omesso di vigilare, sui rapporti di forza che mutano nel mondo, mentre da noi i giornali si riempiono di storie laide che hanno il premier come protagonista e i suoi patemi, i suoi impulsi, le sue libertine sregolatezze come trama. Si vorrebbe parlare d’altro, ma quest’altro è introvabile». «L’altro è il bene pubblico» scrive l’editorialista. A essere crollata è la barriera tra pubblico e privaato, ai danni del primo. «E’ come se vivessimo in pantofole, senza mai infilare le scarpe per uscire all’aperto». «Si vorrebbe avere un’idea del nostro oggi, si vorrebbe pensare il domani, ma un solo presente e un solo futuro occupano la schena: il presente e il futuro del leader».
FRANCIA
LA STAMPA – “Il burqa non è benvenuto in Francia”. Domenico Quirico racconta da Parigi il discorso di Sarkozy alle Camere. Si è trattato di uno strappo alla regola repubblicana che vieta al presidente di rivolgersi ai deputati (divieto in vigore dal 1875), per farlo si è dovuta modificare la costituzione. Il presidente «ha tracciato in quarantacinque minuti i “nuovi orizzonti della Francia”, che assomiglia a una campagna elettorale per la rielezione del 2012» scrive Quirico. Ha parlato della crisi dicendo che non vuole «una politica di rigore perché ha sempre fallito», «ha fatto un cenno per annunciare che nel 2010 saranno discusse faccenduole delicatissime come l’età della pensione e l’ammontare dei contributi». Infine il burqua: «non è un problema religioso, è un problema di libertà, di dignità della donna», è «un segno di asservimento». Per l’opposizione è stato un «discorso in politichese zeppo di luoghi comuni». Costo: 400mila euro, per spostare a Versailles tutta la carovana dei deputati, corazzieri e valletti e tenere per un giorno i turisti alla porta.
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