Politica

Milano, Africa…

di Franco Bomprezzi

C’era una volta “Milano, Italia”. Brillante programma “di nicchia” ideato da Gad Lerner per raccontare dalla metropoli lombarda le mutazioni sociali del nostro Paese.  Ora chi farà “Milano, Africa!”? Qualche nuovo mezzobusto si troverà, disposto a documentare rapidamente la folgorante intuizione del premier Silvio Berlusconi: «Non è accettabile che talvolta in alcune parti di Milano ci sia un numero di presenze non italiane per cui non sembra di essere in una città italiana o europea, ma in una città africana. Questo non lo accettiamo». Una battuta, certo, accolta da applausi e risate. Ogni volta così. Gli editti cominciano sotto forma di battuta, fra pareti amiche, ma sono micidiali. In questo caso davvero resto senza fiato. Mentre tutti si stanno adoperando per controllare il fenomeno degli immigrati senza permesso di soggiorno, che sicuramente creano, per numero e per disagio, inquietudine e preoccupazione; mentre ovunque nel mondo si cerca di governare il passaggio a una società multietnica, mentre il presidente degli Stati Uniti pronuncia un discorso memorabile di apertura all’Islam, noi ci becchiamo una dichiarazione che fino a pochi anni fa sarebbe stata pronunciabile solo da qualche leghista alla Borghezio. Immagino come queste parole saranno accolte in Africa, quanto aiuteranno i nostri volontari delle ong, quanto faranno il giro del mondo, e non sulla stampa comunista (ma quale?). Pur fra mille difficoltà Milano ha una sua dignità e una tolleranza sostanziale, e una grande tenuta sui valori fondamentali. Ma questa insistita comunicazione a base di grezze battute, condite da applausi e risate, sgretola il tessuto della convivenza, incita al peggio, apre la strada alle mani. E poi di quale Africa parla il premier? E’ una questione di colore? Ci risiamo con l’abbronzatura? Non mi riconosco in un Paese che applaude questo condottiero temerario su questi temi. Si può condividere tutto il pensiero economico, il progetto politico, ma non perdiamo di vista la nostra umanità migliore, finché non siamo del tutto intossicati.


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