Meeting di Rimini
Mikhail Shikshin: «Putin ha dichiarato guerra anche alla Russia. Ma la perderà»
«Una dittatura inizia sempre dal caos, quando la gente vuole ordine e chiede un potere forte. Anche dopo Putin accadrà così. Ma prima o poi pure i russi capiranno che vivere in democrazia è meglio che sotto la dittatura. I regimi autoritari sono resilienti ma non è detto che siano davvero forti». Dialogo con il maggiore scrittore russo che ormai vive in Svizzera
«Questa mostruosa guerra non è solo contro l’Ucraina, ma anche contro la Russia. La sua lingua è stata resa una lingua di assassini. Ma io non sono disposto a cedere la mia lingua a Putin e lotterò sempre per difenderla. Dunque, scusatemi, ma parlerò in russo». Mikhail Shikshin, 62 anni, famoso scrittore russo da tempo basato a Zurigo (ha sposato una svizzera e ha ormai la cittadinanza elvetica), vincitore di innumerevoli premi letterari, è ritenuto da The Guardian il maggior scrittore vivente in lingua russa, mentre il Times Literary Supplement lo ha paragonato a Nabokov. I critici hanno sottolineato come al centro della sua opera ci sia l’idea che base che la morte può essere sconfitta solo dall’amore. Lui, da parte sua, quando scrive non esita a mettersi a nudo: «Con il lettore cerco di condividere i miei aspetti più intimi, ma per riuscirci occorre che io e lui abbiamo lo stesso gruppo sanguigno». Ma al di là degli aspetti letterari, Shikshin è divenuto un emblema dell’opposizione al regime di Vladimir Putin: nel 2013 rifiutò di rappresentare la Russia alla Book Expo negli Usa, e dopo l’invasione della Crimea, nel 2014, non è più rientrato in patria, trasformandosi in uno dei più severi fustigatori della cricca al potere al Cremlino, definita “una piramide di ladri”.
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Io non sono disposto a cedere la mia lingua a Putin e lotterò sempre per difenderla. Dunque, scusatemi, ma parlerò in russo
— Mikhail Shikshin
Ecco dunque Shikshin subito mettere le cose in chiaro, all’inizio dell’incontro “Fra democrazia e autocrazia: il destino della libertà”, tenutosi al Meeting di Rimini. Sul palco, a incalzare lui e il politologo americano Shadi Hamid, grande esperto di Medio Oriente, c’è il giornalista Mattia Ferraresi. Che va al sodo: c’è ancora da credere che la democrazia sia il migliore dei sistemi? Ed è possibile nei Paesi (Russia, Cina, paesi arabi) più refrattari a sistemi democratici? Dibattito ben attuale, a poche ore dall’abbattimento dell’aereo su cui viaggiava il capo della Wagner, Evgeny Prigozhin. Shikshin spiega così la natura dell’autocrazia russa: «Per i russi lo zar è autentico se sa vincere e mantenere l’ordine. Stalin lo era, Gorbaciov no, e infatti viene disprezzato dai russi. Putin è diventato lo zar legittimo quando ha invaso la Crimea: la popolazione era felice, tutti gridavano “La Crimea è nostra!”. Ma servivano altre vittorie. Così Putin ha promesso di prendere Kiev in tre giorni, cosa che avrebbe evitato se avesse saputo come andava a finire. Non c’è riuscito e ora sta perdendo la guerra. Così oggi lui non è più lo zar. E la sua era sta per finire, è solo questione di tempo. Che cosa ci sarà dopo di lui? Facile immaginarlo. Un nuovo zar. Prigozhin aveva iniziato a esserlo, tutti i russi erano pronti ad accettarlo, gli uomini della Wagner venivano acclamati mentre marciavano verso Mosca. Solo lo stesso Prigozhin non ci credeva davvero, e ora abbiamo visto come è finita, con la vendetta di Putin. Ma ugualmente la sua epoca sta per finire, già infuria la battaglia per il dopo Putin. E così dopo di lui dobbiamo aspettarci la deputinizzazione, e poi un nuovo Putin, un altro zar che accuserà il predecessore di essere stato sconfitto, di non aver saputo vincere. Ma tuttavia, nonostante tutto, non sono pessimista sullo sviluppo democratico in Russia. Una dittatura inizia sempre dal caos, quando la gente vuole ordine e chiede un potere forte. Anche dopo Putin accadrà così. Ma prima o poi pure i russi capiranno che vivere in democrazia è meglio che sotto la dittatura. I regimi autoritari sono resilienti ma non è detto che siano davvero forti. È una legge di natura: come tutti i fiumi vanno al mare, così tutti i popoli prima o poi arriveranno a un assetto democratico».
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Insomma, alla faccia dei tanti dubbiosi di casa nostra, è sempre meglio vivere in una democrazia, per quanto imperfetta, che in un’autocrazia, anche quando questa pare vincente o quanto meno efficiente. È la tesi di Hamid: «Certo, non si può sapere chi comanderà dopo Putin. Ma ciò mostra la debolezza dei regimi autoritari, dove c’è sempre confusione sui passaggi di potere. Dovremmo essere grati alle autocrazie come Russia e Cina, evidenziano la nostra capacità di alternare il potere. I regimi autoritari sono resilienti ma non è detto che siano forti. Diversa è la resilienza dei sistemi democratici. Certo sono preoccupato all’idea che negli Usa vinca Trump, ma credo comunque nella capacità della democrazia di sopravvivere. C’è troppa autocritica in chi parla di declino inevitabile delle democrazie: la loro forza si palesa nel tempo. Purtroppo spesso i regimi sembrano migliori di come sono, e le democrazie peggio, ma non è così. Attenti dunque a dire che la Cina è una dittatura benevola, a invidiarne l’efficienza tecnocratica. In un regime autocratico nessuno può mai parlare di declino! E la democrazia non è un pacchetto da esportare tale e quale, imponendo liberalismo e uguaglianza di genere anche nel Terzo mondo. Ho un’idea minimalista della democrazia: non è il paradiso, se lo dici la gente sarà delusa. Specie nei paesi arabi, che non è vero siano refrattari all’idea democratica».
Se è per questo neppure i russi, ribadisce Shikshin: «Negli anni 90 erano pronti alla democrazia, senza sapere bene cosa fosse. Pensavano a un mix di Costituzione e McDonald’s, libere elezioni e macchine americane. L’Occidente allora avrebbe dovuto farci vedere come lavora uno Stato di diritto. Invece ha badato solo al business, la Russia si è impoverita e la gente si è ribellata, spianando la strada a Eltsin, a Putin. Inoltre, come si poteva introdurre la democrazia in Russia se tutti erano rimasti comunisti? Immaginate che nella Germania del 1945 la denazificazione fosse stata affidata ai nazisti e alla Gestapo. In Russia è accaduto proprio così: la decomunistizzazione è stata affidata ai capi sovietici di prima e al Kgb!
Putin non è più lo zar. E la sua era sta per finire, è solo questione di tempo. Che cosa ci sarà dopo di lui? Facile immaginarlo. Un nuovo zar
— Mikhail Shikshin
Insomma, l’Occidente ha creato un mostro e per questo ora deve aiutare gli ucraini a vincere in tutti i modi, ad abbattere il regime di Putin della cui salita al potere la responsabilità. «Sì, l’Occidente allora fece grandi errori e ha creato il mostro Putin. Ma non è una buona ragione per demonizzare la democrazia occidentale. Purtroppo in Africa e in Europa, la vostra Italia compresa, troppi ancora pensano che il nemico del mio nemico sia mio amico: detestano la Nato e gli americani, dunque parteggiano per Putin. Ma appena lui perderà e sparirà dalla scena, cercheranno un altro Putin con cui schierarsi. Per questo dobbiamo continuare a sostenere l’Ucraina. Difendendola si difende anche la democrazia occidentale, che resta il modello migliore. Lo dice uno come me, che vive in Svizzera, un Paese che per la prima volta ha deciso di rinunciare alla neutralità , dopo l’invasione del 24 febbraio 2022. All’inizio la Svizzera era contro le sanzioni alla Russia. Io il giorno dopo sono andato in tv, nel talk show più seguito, a dire che il tempo della neutralità era finito. Forse è stata la goccia decisiva per cambiare l’opinione dei cittadini, degli elettori. E il giorno dopo la Svizzera per la prima volta nella sua storia ha rinunciato alla sua neutralità, ha sposato la linea delle sanzioni. Ecco, questa è la differenza fra democrazia e dittatura. Che la prima può mettere in discussione se stessa, la seconda no».
In apertura: Mikhail Shishkin all’incontro “Fra democrazia e autocrazia: il destino della libertà“. Foto: Meeting Rimini
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