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Migrazioni: Alfano sogna un’operazione Atalanta nel Mediterraneo

Il ministro degli Interni chiede il via libera nel Mediterraneo ad “operazioni di polizia internazionale sul modello dell'operazione Atalanta che fu fatta contro la pirateria in Somalia" per contrastare il traffico illegale di migranti. Una richiesta che deve fare i conti con la realtà (presente e passata)

di Joshua Massarenti

Poche ore prima del Vertice straordinario UE che si sta svolgendo a Bruxelles, il ministro degli Interni, Angelino Alfano, ha spiegato ai giornalisti la proposta che "come Italia e come Partito popolare europeo faremo" al Consiglio europeo, sarà articolata su "tre linee di intervento strategiche", tra cui il rafforzamento dell’operazione Triton, “estendendone il raggio di azione e di agire direttamente sull'altra sponda del Mediterraneo per intercettare e affondare i barconi dei criminali, dei nuovi schiavisti, prima che si mettano in mare". Un’iniziativa che ricalcherebbe secondo le parole di Alfano il “modello dell'operazione Atalanta che fu fatta contro la pirateria in Somalia”.

Ma è davvero possibile riproporre in Libia quello che si è fatto lungo le coste somale? Difficile rispondere. Di sicuro, i margini di manovra dell’UE e in particolar modo dell'Alto rappresentante Ue per la Politica estera e di Sicurezza, Federica Mogherini, a cui il Consiglio europeo dovrebbe affidare il mandato per ottenere il consenso dell’Onu agli attacchi per distruggere i barconi degli scafisti, sono molto stretti. Non soltanto per il fatto che a differenza dal governo somalo, quello libico non è riconosciuto dalla Comunità internazionale, ma anche perché Tripoli, contrariamente a Mogadiscio, ha giudicato "inaccettabile" l’ipotesi di lanciare operazioni di bombardamento anti-scafisti delle coste libiche che rischierebbe di fare vittime innocenti.

Al di là delle divergenze con il governo di Tripoli, come ricorda il sito d'informazione Bruxelles2 specializzato sulle questioni di difesa e di sicurezza dell’UE, “nel momento del suo lancio nel 2008 l’operazione Atalante non era stata concepita per distruggere navi, ma per proteggere i cargo del Programma alimentare mondiale (PAM) o navi mercantili” dagli attacchi dei pirati somali. Ma dal 2010, la musica cambia. L’UE e la Comunità internazionale hanno progressivamente preso coscienza che per smantellare le reti legate alla pirateria somala, era necessario colpire le imbarcazioni dei pirati, sempre più aggressivi. Se in mare l’operazione si rivelò un successo, “colpire le basi dei pirati e le loro imbarcazioni a terra fu molto più lungo e complicato”. Così complicato che questa opzione “fu attuata soltanto una volta, nel maggio 2012, con l’attacco di una base pirata ad opera della marina militare spagnola”. Ma secondo Bruxelles 2, l’attacco convinse “alcuni leader locali che era più pericoloso aiutare i pirati che combatterli”. A fare probabilmente la differenza sono stati mezzi logistici e di intelligence messi a disposizione di Atalante, tra cui aerei di pattugliamento marittimo, e “gli interrogatori dei pirati arrestati che hanno consentito di raccogliere informazioni cruciali nella lotta contro la pirateria” nell’Oceano Indiano.

Intelligence, distruzione in mare e su terra. Ecco le tre ricette che hanno permesso ad Atalanta di sconfiggere la pirateria lungo le coste somale. Ma un conto è combattere centinaia di pirati che attaccano navi mercantili, ben più complicata è la sfida lanciata dai trafficanti di essere umani che ogni giorno fanno salpare dalla coste nordafricane centinaia di migranti con l’Europa in linea di mira.

Credito photo: Getty Images

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