Cooperazione
Migrazione e sviluppo? Sono più legate che mai
Le ong della rete Link 2007 hanno studiato la connessione tra migrazione e sviluppo. Da questa analisi è nato il progetto “A Brighter Future” che ha l'obiettivo di conciliare i bisogni dei potenziali migranti con le esigenze delle società di destinazione e di origine
Un’attenta analisi del nesso tra migrazioni e sviluppo può consentire di superare le ristrette visioni che dominano le politiche dei governi occidentali. Le Ong della rete Link 2007 hanno esplorato questa connessione e hanno formulato una proposta che potrebbe migliorare le condizioni di vita dell’Africa occidentale. Il progetto si chiama “A Brighter Future”, ed è stato presentato lo scorso 16 maggio al Codeway Expo 2024, la fiera della cooperazione italiana di Roma.
La migrazione è strettamente legata ai processi di sviluppo ed è parte
integrante dei sistemi economici, sociali e culturali delle comunità coinvolte. Il programma di “A Brighter future” vuole rafforzando le opportunità di sviluppare competenze, accedere all’occupazione formale e impegnarsi in attività generatrici di reddito e lavoro, diventando agenti di cambiamento nelle loro comunità e riducendo il numero di persone che intraprendono percorsi di migrazione irregolare e rischiosa a favore di opzioni di migrazione regolare più coerenti con i bisogni delle società di destinazione.
Il progetto affronta un tema cruciale: conciliare i bisogni dei potenziali migranti con le esigenze delle società di destinazione e di origine. «Non bisogna intervenire per risolvere il problema della migrazione, ma per essere efficaci sulle dinamiche di migrazione e sviluppo», spiega Sandro De Luca, direttore Cisp- Comitato Internazionale per lo Sviluppo dei Popoli, organizzazione che fa parte di Link 2007. Non si tratta, insomma, di limitarsi a ridurre il fenomeno migratorio o di “aiutarli a casa loro”, approcci che finora non hanno funzionato, ma di far diventare la migrazione un fenomeno gestibile e, per così dire, normale. «Occorre creare un sistema di opportunità nei Paesi di origine per generare possibilità di formazione, produzione di reddito e creazione d’impresa. All’interno di queste opportunità ci deve essere anche la migrazione regolare. Oggi un giovane che decide di migrare lo fa con una scelta disperata, perché non ha altre opzioni e vede come unica possibilità quella di mettersi nelle mani dei trafficanti di esseri umani», conclude De Luca.
Tre gli ambiti di intervento di “A Brighter future”:
1 Percorsi di migrazione regolare, riconosciuti e promossi come un’opportunità di sviluppo da tutti i Paesi coinvolti.
2 Rafforzare le condizioni per consentire ai giovani dei Paesi di origine e dei membri della diaspora in Italia di contribuire allo sviluppo economico e soddisfare le richieste del mercato.
3 Rafforzare la collaborazione tra gli stakeholders dei Paesi target e sviluppate le sinergie operative fra attori che promuovono opportunità per i giovani e sviluppo locale.
Per raggiungere i suoi obiettivi “A Brighter Future” propone insomma modalità di intervento molto articolate, che fanno leva sul partenariato fra Governi e attori locali, ong e organizzazioni internazionali, diaspore, microfinanza, imprese e formatori. L’obiettivo finale è migliorare le opportunità di lavoro per i giovani, perseguendo sempre e comunque lo sviluppo sostenibile. Considerando anche che il fenomeno migratorio non si limita agli spostamenti tra sud e nord del Mediterraneo. Anzi, come ha sottolineato Jean Leonard Touadi, Docente di geografia dello sviluppo in Africa de ‘La Sapienza’ di Roma, gli spostamenti «per l’80% sono interni al continente africano».
«Siamo in una fase in cui si può realizzare un cambio di passo e un programma di una certa dimensione, con la certezza di raggiungere gli impatti», dice Roberto Ridolfi, presidente di Link 2007. «Questo avrebbe un valore e un significato anche politico di importanza straordinaria, perché dimostrerebbe che considerare questo nexus migrazione e sviluppo è un vantaggio e un beneficio per tutti». “A Brighter Future” nasce dalla riflessione di Link 2007 sulle esperienze maturate in tanti anni, «ma», avverte Ridolfi, «bisogna assumere la complessità della realtà e accettare che la nostra razionalità non può governare tutto, rinunciando a soluzioni uniche valide per tutti e ad aspettative di impatto a breve termine». Per il presidente di Link 2007, inoltre, il dialogo non può essere solo istituzionale, ma entrare a livello di comunità, mentre la cooperazione deve smettere di puntare a risolvere il “problema” della migrazione se vuole compiere un passo avanti.
«Si tratta di un modello implementabile da subito», spiega Annachiara Moltoni, direttrice Elis ong, un’altra delle realtà parte di Link 2007, «che consente di offrire opportunità di occupazione concrete sia nel mercato del lavoro locale che nel mercato del lavoro estero, fornendo ai giovani una cassetta degli attrezzi per affrontare il futuro con un approccio sistemico. Bisogna immaginare il mercato globalizzato come un sistema di vasi comunicanti, dove si toglie pressione da una parte e si crea occupazione dall’altra. In questo progetto assume grande importanza anche il settore privato, le imprese locali, quelle italiane ed europee, e la persona in sé, con le sue aspettative».Nel corso del lancio, del resto, non è mancata la prospettiva del mondo imprenditoriale. Per Letizia Pizzi, direttore generale confindustria Assafrica & Mediterraneo, «il concetto che le imprese siano attori di sviluppo e quindi attori anche di cooperazione, è ormai affermato”, e “le imprese italiane sono consapevoli che si debba lavorare con partner locali».
Gabriele Carchella-Link 2007
Credit foto Pixabay
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