Politica
Migration Compact. Mario Giro: “UE e Africa corresponsabili sulle migrazioni”
“Al di là delle polemiche sugli strumenti, il Migration compact crea un equilibrio tra sviluppo e gestione delle migrazioni, spingendo l’UE e l’Africa a una comunanza di responsabilità”. Così il vice ministro degli Esteri con delega alla cooperazione internazionale, Mario Giro, spiega nell’intervista rilasciata a Vita.it l'obiettivo che si è fissato il premier Renzi con il piano presentato a Bruxelles e che verrà discusso anche con i paesi africani durante la conferenza Italia-Africa del 18 maggio a Roma.
Vice ministro, Bruxelles ha sposato in linea di massima gli obiettivi del Migration compact, ma il giudizio resta sospeso sugli strumenti, special modo sugli eurobond ai quali la Merkel ha detto no e su cui Juncker non si è espresso, ribadendo al contempo la necessità di trovare forme “nuove di finanziamento”. Come superare certi scetticismi?
Non penso che sia un problema essenziale. In gioco c’è ben altro. Siamo arrivati ad un punto di non ritorno che ci costringe davvero a capire se sussiste la volontà o meno di creare una politica comune sulla questione migratoria, che include sul versante africano una corresponsabilità della gestione dei flussi migratori tra UE e Africa. Come ha detto Renzi, se questo strumento degli eurobonds non è apprezzato, si proponga un’alternativa. Non siamo legati agli eurobonds in maniera ideologica, anche se hanno un significato: mutualizzare la responsabilità perché la questione migratoria va affrontata attraverso una politica comunitaria. Questo è il messaggio politico del “Migration compact”.
Ma il no di Berlino potrebbe essere interpretato come un rifiuto di mutualizzare a livello europeo la responsabilità rispetto all’emergenza migrazioni, o no?
Qui il dubbio riguarda solo lo strumento. Ripeto, se qualcuno ha alternative valide, che si faccia avanti. L’importante è adottare una politica europea comune sulle migrazioni e un grande accordo euro-africano che tenga conto di tutti i partner europei ed africani, delle loro esigenze, ma anche del fatto che va assolutamente aumentata la magnitudine dello sforzo e dell’impegno se vogliamo rispondere al gap temporale che si crea ogni volta che ci sono dei fenomeni acuti. Spesso si dice: “Aiutiamo gli africani a casa loro”. Per qualcuno è anche giusto, ma ci vuole molto tempo, mentre i fenomeni migratori sono molto rapidi. Ed è questo un gap temporale a cui si può rispondere soltanto ampliando la magnitudine dell’intervento. Fino ad oggi interveniamo in ordine sparso, sia a livello delle politiche di sviluppo che nelle risposte date alle questioni migratorie. Legare le due cose attraverso una politica davvero comune ci consentirebbe di ampliare questa magnitudine e rispondere al gap temporale che continua a sussistere.
L’Africa chiede sicurezza, stabilità e sviluppo, l’Europa ha bisogno di sviluppo, gestione delle migrazioni e sicurezza. Oggi ci accomunano due punti su tre, manca il terzo: la questione migratoria, che i due continenti devono gestire in modo comune.
Che cosa garantisce che gli Stati africani aderiranno a questo piano? In che misura il Migration compact risponde alle loro preoccupazioni?
L’interesse dei paesi africani è quello di svilupparsi e di partecipare alla globalizzazione. Così come l’Asia ci è entrata con la manifattura e l’industria, l’Africa può farlo con l’agricultura e l’agro-industria. Dobbiamo però superare tutta una serie di ostacoli quali la mancanza di infrastrutture e di energia, comprese quelle rinnovabili, oppure la debolezza del sistema agro-industriale. Nel contesto attuale, l’Africa ha bisogno di noi così come noi abbiamo bisogno dell’Africa. Ma questo passa per politiche comuni che non possono limitarsi nell’adozione di strumenti con soli obiettivi di sicurezza. Qui ci vuole un grande piano, in cui rientra anche la sicurezza perché molti Stati africani hanno problemi oggettivi di controllo delle loro frontiere e perché le rotte migratorie si sovrappongo a quelle della droga e delle armi in parte controllari dai terroristi. L’Africa chiede sicurezza, stabilità e sviluppo, l’Europa ha bisogno di sviluppo, gestione delle migrazioni e sicurezza. Oggi ci accomunano due punti su tre, manca il terzo: la questione migratoria, che i due continenti devono gestire in modo comune.
In che modo?
La cooperazione ha sicuramente un ruolo importante da giocare. Non soltanto per le sfide che ho appena menzionato, ma anche sul tema delle migrazioni. Oggi l’Africa è il continente più dissanguato dalla fuga dei cervelli. Molti studenti formati sul continente africano lasciano il proprio paese per non tornarci più o non tornare in un altro paese africano.
Come rompere questo cerchio vizioso?
Creando un circuito virtuoso, soprattutto nel campo medico e scientifico. Oggi è necessario integrare medici, tecnici, ingegneri, infirmiere in un vasto circuito di ricerca che li consenta di far carriera e crescere professionalmente senza dover per forza andare e rimanere in Europa. Quasi tutti i medici formati in Malawi vivono e lavorano nel Regno Unito perché fare il medico in Africa ti distacca dal mondo della ricerca scientifica. Un’altra sfida riguarda l’identificazione delle persone. In molti paesi africani non esiste un anagrafe, se non molto parzialmente, il che pone seri problemi in termini di diritti e democrazia. Senza un anagrafe come si fa a iscriversi sulle liste elettorali? Pone anche un problema di sostenibilità sociale, se un’amministrazione non sa quanti bambini andranno l’anno prossimo in prima elementare, non può fare programmazione; infine pone un problema di sicurezza ovviamente. Insomma, identificare le persone consente di gestire meglio i fenomeni migratori a monte. Sulla registrazione anagrafica, che è del resto citata nel “migration compact”, l’Italia sta discutendo con i paesi dell’Africa occidentale.
Il Migration compact implica delle azioni che devono adottare gli africani, ma anche gli europei. E’ chiaro che non giova a nessuno il fatto che l’Europa si arrocchi soltanto su questioni di sicurezza e che l’Africa rimanga indifferente alla sorte tragica dei loro connazionali. Anziché giocare in difesa, l’Italia ha deciso di gettare la palla avanti.
Vice ministro, l’Europa è sempre in prima linea quando si tratta di dare lezioni agli africani, ma di tanto in tanto – forse – le converrebbe guardarsi in faccia. Come possiamo ad esempio pretendere di mettere in piedi un sistema di asilo nei Paesi terzi e finanziarlo con un incremento del bilancio UE quando, ad oggi, solo sei Stati membri su 28 – tra cui naturalmente l’Italia – è a favore della proposta più avanzata di modifica del regolamento di Dublino?
La risposta è contenuta nella domanda. Il Migration compact implica delle azioni che devono adottare gli africani, ma anche gli europei. E’ chiaro che non giova a nessuno il fatto che l’Europa si arrocchi soltanto su questioni di sicurezza e che l’Africa rimanga indifferente alla sorte tragica dei loro connazionali. Anziché giocare in difesa, l’Italia ha deciso di gettare la palla avanti.
In Africa si sa cos’ha fatto e cosa continua a fare l’Italia di fronte all’emergenza migratoria, c’è invece grande scetticismo nei confronti dell’UE nel suo insieme…
Il rifiuto da parte dei governi africani di accogliere i loro rimpatriati riassume bene questo scettiscismo, che prevarrà finché non troveremo un accordo.
Che spazio ci sarà per uno strumento finanziario come il Trust Fund for Africa?
La Valletta è poco o niente rispetto alle sfide che ci attendono. Qui bisognerebbe come minimo decuplicare i fondi previsti dal Trust fund per l’Africa [pari a 1,8 miliardi di euro, ndr] e uscire dalla logica perversa in cui ci siamo intrappolati. L’unica via possibile è adottare un grande piano UE-Africa per lo sviluppo comune per favorire la crescita di entrambi i continenti e la circolazione delle persone. A sfida globale, risposta globale. Il Migration compact è un primo passo concreto in questa direzione. Mette insieme tutti gli strumenti esistenti e ne propone dei nuovi, stabilisce un equilibrio tra sviluppo e gestione delle migrazioni, che aiuti anche i paesi africani. La Valletta ha visto per la prima volta affermarsi una comunanza di preoccupazioni tra europei e Africani, il “migration compact” spinge a una comunanza di responsabilità.
E' un tema che verrà discusso durante la prossima conferenza Italia-Africa in programma a Roma il 18 maggio?
Sicuramente.
Cosa fa VITA?
Da 30 anni VITA è la testata di riferimento dell’innovazione sociale, dell’attivismo civico e del Terzo settore. Siamo un’impresa sociale senza scopo di lucro: raccontiamo storie, promuoviamo campagne, interpelliamo le imprese, la politica e le istituzioni per promuovere i valori dell’interesse generale e del bene comune. Se riusciamo a farlo è grazie a chi decide di sostenerci.