Conflitti

Migranti, una strage silenziosa: 72mila morti in 10 anni, tre su quattro in fuga da crisi

Il rapporto dell'Organizzazione mondiale per le migrazioni smonta la narrazione: le persone in movimento che perdono la vita non si mettono in viaggio per scelta ma per fuggire da guerre, violenze e disastri ambientali. Dal 2014, il Paese da cui è partito il più alto numero di persone poi morte è l’Afghanistan. La risposta umanitaria resta insufficiente

di Francesco Crippa

Negli ultimi dieci anni sono morti almeno 72mila migranti. Di questi, quasi tre su quattro hanno perso la vita cercando di scappare da paesi in situazione di crisi. A segnalarlo è l’Organizzazione mondiale per le migrazioni – Iom, che intende come “paesi colpiti da una crisi” i 40 Stati inseriti nell’apposita lista compilata assieme all’Ufficio delle Nazioni Unite per gli affari umanitari.

Di questi, più di 39mila, cioè il 54%, sono morti intrappolati in zone ad alta instabilità e violenza, mentre oltre 13.500 mentre provavano a lasciarsi alle spalle un conflitto o un disastro umanitario. Si tratta di numeri che smontano la narrazione secondo cui la maggior parte delle persone in movimento che muore aveva lasciato la propria casa per scelta e non per disperazione. «Questi numeri», ha sottolineato Amy Pope, direttrice generale dell’Iom, «sono un tragico promemoria del fatto che le persone rischiano la vita quando l’insicurezza, la mancanza di opportunità e altre pressioni le lasciano senza opzioni sicure o praticabili a casa». Per questo, ha aggiunto, sono necessari investimenti che creino «stabilità e opportunità all’interno delle comunità, affinché la migrazione sia una scelta, non una necessità. E quando restare non sarà più possibile, dobbiamo lavorare insieme per consentire percorsi sicuri, legali e ordinati che proteggano le vite».

Dal 2014, il Paese da cui è partito il più alto numero di persone poi morte è l’Afghanistan, 5.046, con un impennata dopo l’avvento dei talebani al governo nel 2021. Al secondo posto il Myanmar, da cui provenivano almeno 3.149 persone quasi tutte di appartenenti al gruppo etnico rohingya, uno dei più perseguitati al mondo, che hanno perso la vita mentre cercavano di raggiungere il vicino Bangladesh oppure in naufragi verso altre nazioni del sudest asiatico. Al terzo posto l’Etiopia, con 1923 vittime.

I naufragi sono la principale causa di morte dei migranti, basti pensare che nel Mediterraneo, dal 2014, hanno perso la vita almeno 31.878 persone. Si tratta, sia in questo caso che in generale, di stime al ribasso, come segnalato da Julia Black, coordinatrice del Missing Migrants Project dell’IOM e autrice del rapporto 2024. «A causa delle lacune nei dati, il vero numero delle vittime è probabilmente molto più alto di quello che abbiamo registrato, soprattutto nelle zone di guerra e nelle aree colpite da calamità naturali».

Per Black e l’Iom troppo spesso i migranti vengono ignorati quando si approntano piani di intervento umanitario in zone di crisi. La critica, in questo senso, è quella di non tenere conto delle persone in movimento ma solo di quelle che rimango all’interno dell’area. A dare riscontro di questa insufficienza c’è un triste dato: il 2024 è stato l’anno in cui a livello globale sono morti più migranti, 8.938, quasi 700 in più rispetto al vecchio record del 2016.

AP Photo/Shafiullah Kakar/Associated Press/LaPresse

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