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MIGRANTI. Tragedia eritrea: lo sdegno della politica
Rimbalzano sulle agenzie di stampa le reazioni del mondo politico. Dalle opposizioni piovono le accuse di implicazioni del Governo: «L'accordo Italia - Libia è disumano e non funziona». L'esecutivo si difende
«Spiace leggere sull’Avvenire un articolo che ferisce molto, con parole gravi e accuse immotivate, la sensibilità di ogni italiano e di ogni uomo politico». A Osvaldo Napoli, vicepresidente dei deputati del Pdl, l’audace paragone evocato dall’editoriale di Marina Corradi fra il destino degli immigrati e la Shoah non è andato proprio giù. Anzi, scrive in una nota: «offende atrocemente e insieme gli ebrei, lo Stato di Israele e lo Stato italiano», definendo poi la tragedia dei 78 eritrei un episodio «sicuramente grave ma del tutto fortuito».
Eppure, sulle agenzie di stampa, il coro dello sdegno monta di minuto in minuto, intonando un amaro ritornello: in questo nostro paese, eccitati dalla demagogia, stiamo perdendo il senso di umanità che ha sempre contraddistinto il popolo italiano. Queste le parole ficcanti del leader Udc, Pierferdinando Casini, nel commentare l’odissea terminata in tragedia dei naufraghi eritrei. E il governo non è esente da responsabilità. «Si impone un esame di coscienza ed anche, se possibile, meno propaganda», perché «nessuna legge può chiuderci gli occhi davanti alla miseria e alla disperazione di chi sfida la morte per sfuggire agli orrori della guerra». Segue l’invito a chiarire in Parlamento le modalità del ritrovamento dei 5 eritrei al largo di Lampedusa. Fa eco la denuncia veemente del presidente Rocco Bottiglione che definisce l’episodio «una vergogna per una nazione cristiana e un crimine contro l’umanità», di fronte al quale «non possiamo non riconoscere le nostre responsabilità come italiani e in particolare del governo».
Il dito puntato contro l’esecutivo accorpa le forze politiche in un unico fronte dell’indignazione che va da Forza Nuova («Non è ancora certo che il racconto dei clandestini sia vero, ma è comunque evidente che la situazione è sempre più grave e fuori da ogni controllo soprattutto sul fronte umanitario. Il nostro paese ha stipulato un accordo con la Libia, eppure gli sbarchi continuano senza sosta. Segno che qualcosa non va, che Gheddafi non rispetta i patti e che il Governo resta succube delle angherie del leader libico», scrive in una nota il segretario Roberto Fiore) all’Italia dei Valori, che per bocca di Luigi De Magistris si scaglia senza reticenze contro la linea politica «xenofoba» adottata dal governo e «dettata» dal Carroccio («La Lega e Maroni chiariscano quale risultato, vista questa ennesima tragedia, è stato prodotto dalla politica della “cattiveria” (Maroni dixit) invocata dal governo»).
Prova a gettare acqua sul fuoco delle polemiche la parlamentare Pdl Isabella Bertolini, rivendicando la bontà delle scelte adottate in materia di lotta alla clandestinità: «I dati oggettivi confermano il successo di questa linea», e, «a fronte di una vicenda ancora tutta da chiarire, è importante da un lato appurare la realtà delle cose per evitare inutili strumentalizzazioni e, dall’altro, ribadire la necessità di combattere i veri responsabili delle morti degli immigrati».
Appurare, chiarire, fare luce. Appunto. «Ci sono domande precise che vogliamo avanzare», dicono i senatori del Partito Democratico Anna Finocchiaro e Luigi Zanda, e da Pietro Marcenaro, sempre del Pd, presidente della commissione Diritti umani. «La prima riguarda la verifica dell’accordo con la Libia, del quale il Governo aveva garantito un’affidabilità e un controllo della gestione che i fatti contraddicono. La seconda domanda riguarda la possibilità negata a coloro che, come gli eritrei che fuggono dalla guerra, hanno diritto alla protezione umanitaria di farla valere senza essere costretti alla clandestinità e a consegnarsi alle strutture e al meccanismo della tratta. La terza chiede come sia possibile che in un tratto di mare che, anche sulla base degli accordi sottoscritti, dovrebbe essere costantemente monitorato, un’imbarcazione possa andare alla deriva per tanti giorni senza essere avvistata. La quarta domanda chiede al Governo di sapere cosa intenda fare per individuare e punire severamente, come previsto dalla legge, quanti avessero omesso di soccorrere in mare i naufraghi che hanno incrociato. La quinta muove dalla constatazione che, contrariamente alla propaganda leghista e governativa, gli sbarchi dal mare riprendono. Come saranno gestiti in una situazione nella quale i Cie non solo sono saturi ma stanno diventando, come dicono le cronache, veri e propri centri di accumulazione della tensione?».
Un atto d’accusa, quello del Pd, «francamente troppo e fuori luogo», che denuncia «un fondo di sentimento anti-italiano», si schermisce il vicepresidente vicario dei senatori del Pdl Gaetano Quagliarello. «Sono certamente ancora da chiarire aspetti della vicenda che ha portato alla tragedia degli eritrei che riguardano l’atteggiamento di altri Paesi e comportamenti individuali in nessun modo riconducibili a una responsabilità dello Stato o del governo. Quel che invece è accertato è che, appena giunti in acque italiane, sono stati prestati tutti i soccorsi del caso. Di fronte a questi accadimenti sarebbe logico un ringraziamento a quanti, tra i servitori dello Stato, hanno agito con diligenza e solerzia». In attesa di ulteriori chiarimenti, il surreale ping-pong nel valzer delle responsabilità, continua il suo corso. Mentre l’Italia ammutolisce di fronte alle ennesime vittime della speranza.
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