Qui Trieste

Migranti sulla rotta balcanica: diminuiscono gli adulti soli, aumentano le famiglie

In arrivo nel capoluogo giuliano molti nuclei, che occupano i dormitori di bassa soglia cittadini: le associazioni e le realtà locali evidenziano una maggiore presenza di profili vulnerabili tra gli arrivi

di Veronica Rossi

Siamo a Trieste, punto di ingresso in Italia della rotta balcanica. O meglio, delle rotte balcaniche. Perché quello che si osserva oggi è una moltiplicazione delle vie attraverso le quali si tenta di accedere in Europa; qua, le associazioni e le realtà che portano aiuto a chi giunge in città sono testimoni dirette dell’evoluzione del fenomeno migratorio. E raccontano delle molte famiglie che trovano rifugio nei dormitori messi a disposizione dalla Caritas. «Sia a Campo sacro che a Sant’Anastasio (i due dormitori, ndr) abbiamo molti più nuclei familiari che singoli», commenta padre Giovanni La Manna, il direttore della Caritas di Trieste, «ci sono anche dei bambini».

Secondo il monitoraggio che International rescue comitee Italia e Diaconia Valdese pubblicano ogni mese sugli arrivi nella città giuliana, i profili vulnerabili – come minori stranieri non accompagnati, le donne sole e le famiglie, appunto – erano a luglio il 42% del totale. I nuclei familiari, nello specifico, erano il 16% del totale delle presenze (a giugno erano il 15%), 240 persone di cui 130 minori). «Non credo sia una questione di disinteresse», dice Giulio Zeriali, di Diaconia valdese, «è un momento di difficile gestione, ma c’è una comunicazione diretta con la prefettura su questo,immagino che ci stiano lavorando». Le famiglie vengono da Paesi diversi rispetto a quelli di provenienza degli adulti singoli. «I nuclei che hanno fatto richiesta d’asilo in Italia provengono da Kosovo, Iraq e Nepal», continua Zeriali, «mentre chi se ne va verso altri Stati in Europa spesso viene da Kuridstan turco, Afhanistan o Siria». Nello specifico – sempre secondo il report mensile – il 65% delle famiglie segnalate viene dal Kurdistan turco e il 15% dalla Turchia. «I nuclei percorrono la stessa rotta dei maschi adulti, con maggiore assistenza da parte delle organizzazioni dei trafficanti», spiega Gianfranco Schiavone, presidente del Consorzio italiano di solidarietà – Ics, associazione triestina che si occupa di accoglienza, e membro dell’Associazione studi giuridici sull’immigrazione. «Sono meno veloci e passato il confine hanno bisogno di un cambio di soggetto trasportatore: forse è questo il motivo per cui le vediamo di più. Non saprei dire se c’è un effettivo aumento o se c’è una maggiore visibilità per motivi logistici».

Quello che è certo è che i dati evidenziano che non c’è stato l’aumento di arrivi che di solito ci si prospetta per l’estate: dal primo gennaio al 31 luglio sono stati riscontrate 6.654 nuove persone, il 15% in meno rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Ma, allo stesso tempo, a Trieste non trovano conferma i dati diffusi da Frontex, la polizia di frontiera europea, che nel suo rapporto ha dichiarato un calo del 69% degli arrivi irregolari rispetto al 2023. «Questi dati sono molto discutibili, non viene spiegata né la metodologia con la quale vengono raccolti né dei luoghi in cui i monitoraggi vengono fatti», continua Schiavone. «Da Trieste vediamo una diminuzione non superiore al 10-15%. Questo rafforza la convinzione che più che contrazione degli arrivi siamo di fronte a un fenomeno di maggiore invisibilità dei flussi, quindi una maggiore forza delle organizzazioni, che usano una pluralità di canali, in senso geografico». Non una rotta, quindi, ma più rotte, in cui si fa più uso di mezzi rispetto al passato. «Le misure di deterrenza, i respingimenti collettivi non hanno avuto effetti reali in termini di diminuzione degli arrivi», conclude Schiavone. «Il rapporto di Frontex evidenzia un aumento degli arrivi in Grecia, quasi corrispondente alla diminuzione dei transiti lungo la rotta balcanica. I due dati sono in contrasto tra di loro: o c’è un’accresciuta volontà di fermarsi in Grecia, ma questo è smentito dai numeri di domande d’asilo nel Paese, oppure tutte queste presenze diventeranno persone in viagio lungo la rotta balcanica».

Foto Mauro Scrobogna /LaPresse

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